Che l’acqua potesse bruciare più del fuoco l’ho imparato alla fine di questo luglio castelvetranese, nel parcheggio di un centro commerciale. Ormai da qualche mese credevo di aver trovato un posto dove stare, per uno che in fondo cerca solo un po’ d’affetto e qualcosa da mangiare. Ma le gocce di quell’acqua erano come le unghia di un orso inferocito che affondavano nella carne: zampe, pancia, testa, occhi… non ricordo quanto sia durato, ma sembrava non finisse mai. Mi chiedevo che tipo di punizione fosse, mi chiedevo che cosa avessi fatto per meritarmela. Ma ricevere delle risposte è impossibile, si tratta di cose più grandi di me, cose che solo gli uomini sanno.

Non ci vedevo quasi più, ma mentre guaivo dal dolore, mi accorsi che l’uomo con la bottiglietta si allontanava e allora cominciai a trascinarmi verso un posto sicuro, lontano da lì. Al riparo.La mano dell’uomo mi aveva portato da bere, da mangiare, mi aveva curato, accarezzato, questa volta però mi spruzzava addosso schizzi d’inferno.

Non era la stessa mano: gli uomini non sono tutti uguali. Ed è stata forse questa certezza a spingermi ad uscire, dopo parecchie ore, dal buco sicuro dove mi ero infilato dopo quell’aggressione. Il dolore però non accennava a diminuire e sotto il sole le ustioni bruciavano da morire. Riconobbi subito la voce di Laerte. Lui lavora al centro commerciale, è uno di quelli che mi vogliono bene, uno dei pochi che si era chiesto dove diavolo fossi finito tutto questo tempo. Vedendo come ero ridotto si attaccò al cellulare per chiamare aiuto.

Dopo qualche telefonata andata a vuoto, riuscì a parlare con una delle volontarie dell’associazione animalista della città e dopo un po’ sentii su di me gli occhi preoccupati ed indaffarati dei due veterinari che, dopo aver avvicinato il loro naso, diedero un nome a quell’acqua bruciante: “Acido. Qualcuno deve averglielo spruzzato addosso”. Mi portarono in ambulatorio e mi diedero qualcosa per sopportare il dolore. Oggi sto meglio, anche se un occhio non funziona più, credo di essermela cavata. Gli uomini non sono tutti uguali. Non mi importa sapere chi è stato e non voglio sorprendermi a sperare che anche lui possa soffrire come ho sofferto io. Sono un cane e… anche se non dimentico, non riesco ad immaginare vendette. Però nessuno può impedirmi di immaginare una casa… un padrone. Lo so, è difficile per uno come me… forse non somiglierò ai labrador delle pubblicità, ma sono sicuro che diventerei il cane più bello del mondo se incontrassi qualcuno che mi voglia bene per quello che sono. Non ho un pedigree, ho solo la mia storia. E so che gli uomini non sono tutti uguali.”

Chi volesse adottare Laerte (gli è stato dato il nome del ragazzo che per primo si è attaccato al cellulare per aiutarlo) può contattare i seguenti numeri:
380-7840432
388-1016570

Egidio Morici

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