Ascoltare periodicamente le dichiarazioni di consiglieri comunali, i comunicati televisivi e giornalistici di taluni che reclamano maggiore tutela per l’area naturale protetta di Capo Feto, che reclamano l’istituzione del vincolo di riserva naturale oltre ai vincoli già stringenti di Zona Speciale di Conservazione (ZSC) e di Zona di Protezione Speciale (ZPS), crea sgomento in chi si spende realmente affinché la palude sia classificata vera riserva naturale.
Se la maggiore tutela, se il riconoscimento di riserva presuppongono, come sembra di cogliere dai comunicati, la semplice rimozione dei rifiuti per rendere più accogliente l’area agli umani e l’ufficializzazione: della balneazione, della scuola di kitesurf, del cosiddetto turismo lento, del ciclocross, della terribile pratica del motocross, dei fuoristrada 4X4 sulle dune, non è questo che bisogna chiedere.
Agli Uffici regionali preposti andrebbero, più semplicemente, chieste le autorizzazioni per l’esercizio di dette attività. Autorizzazioni che, in presenza delle moderne leggi a tutela del patrimonio naturale, nessuno si sogna di concedere, se non andando incontro all’abuso. Chi diffonde i sopraddetti comunicati continua a confidare quindi negli enti territoriali inferiori di governo che dimostrano ancora scarsa competenza o disinteresse per la cura del patrimonio
naturale. Se le future generazioni, come vogliono le leggi, potranno continuare a godere delle bellezze naturali di Capo Feto, si sappia che il merito è di quei cittadini mazaresi che hanno sempre reclamato: o l’istituzione di una riserva naturale che escluda tutte queste ed altre attività impattanti o l’eliminazione dei vincoli protezionistici.
Comunicato Stampa
Ass.ne Pro Capo Feto – Mazara del Vallo
Federazione Nazionale Pro Natura
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In effetti non si può pretendere la "botte piena e la moglie ubriaca". E' ormai arcinoto che le riserve naturali (anche per legge) hanno lo scopo di preservare e di tramandare alle future generazioni ciò che rimane dei resti del ns. patrimonio naturale in uno stato di conservazione soddisfacente. La conservazione soddisfacente si realizza proteggendo fattivamente (non solo sulla carta come avviene ancora il più delle volte nei paesi con scarsa cultura e rispetto per il patrimonio naturale) il paesaggio e gli habitat naturali con le specie animali e vegetali.
Consentire la pratica del kite surf lungo la spiaggia di una riserva naturale in cui è accertata l'esistenza di corridoi per il transito degli uccelli migratori o nelle spiagge in cui si formano habitat che consentono, oltre alla nidificazione, la sosta agli stessi uccelli e a quelli stanziali, vedi le lagune temporanee costiere create dalle correnti e dallo spiaggiamento della Posidonia oceanica; in cui sono accertate altre circostanze che esaltano le qualità naturali del sito (in questa sede per brevità si evita di continuare nell'elenco) è contro gli obiettivi della soddisfacente attività volta alla tutela e, quindi, alla conservazione naturale. Stessa cosa dicasi per il resto delle attività citare dall'Ass. ne Pro Capo Feto e realmente praticate attualmente nell'Oasi di Protezione e rifugio della Fauna, nonchè ZPS e ZSC. Se la Regione non è in grado di garantire la reale tutela dell'area ai fini conservazionistici, tolga i vincoli ambientali più stringenti, programmi seriamente le attività che si possono praticare nel sito, comunque, sensibile e così accontenta capre e cavoli. I veri ambientalisti certamente non chiederanno mai l'eliminazione dei vincoli ambientali. I cosiddetti furbi, consapevoli del fatto che oggi, per gli Stati, è un obbligo la protezione di parti importanti del patrimonio naturale, si guardano bene dal chiedere il ritiro dei provvedimenti di tutela ambientale, arrivano anzi a reclamare maggiore protezione (la riserva naturale), arrivano a proclamarsi ambientalisti, ritenendo che così ci sia l'autorità che li lasci liberi di fare ciò che soddisfa i loro bisogni. Nel momento in cui le Autorità preposte decideranno seriamente sul destino del biotopo di Capo Feto cesserà la polemica tra ambientalisti veri e ambientalisti d'occasione.
Intanto si prenda buona nota di un fatto: Capo Feto non è affatto una riserva. Ormai lo sanno tutti, prima molti equivocavano ( ed in effetti, mi sorprende molto che taluno continui a farlo). Non ne ha lo status. Come per esempio, invece, per stare vicino a Castelvetrano, la R.N.O. della foce del Belice. O, per avvicinarci all'argomento, la R.N.O dello Stagnone di Marsala. Una caratteristica delle riserve è proprio la loro regolamentazione, sia in funzione degli strumenti di programmazione del territorio sia, soprattutto, per disciplinarne le attività nel loro ambito. Tornando alla Riserva Naturale Orientata dello stagnone di Marsala, lì vige un preciso regolamento che, per esempio, vieta, espressamente, la pratica delle attività sportive che possano disturbare la fauna. Ma, come sanno tutti, lo Stagnone, di Marsala, ospita una ventina di scuole di Kyte surf ed è un punto di richiamo per la pratica della disciplina al livello mondiale. Il che, tra l'altro, garantisce, alla città di Marsala, anche apprezzabili entrate. Ora, premesso che, come assodato a Marsala, la pratica del kyte surf non apporta disturbo alcuno per la fauna ( ed in, effetti, non si comprende come potrebbe costituirlo, trattandosi, in definitiva, di affidarsi, in silenzio, ad un elemento naturale nei limiti in cui lo si possa governare ) sfugge decisamente al generale comprendonio le ragioni per cui tale pratica la si dovrebbe impedire sul mare antistante Capo Feto, ove, tra l'altro si pratica per puro diporto ( il business, abbiamo visto, è altrove)da uno sparuto gruppo di appassionati.
Appassionati che, è risaputo, sono soliti, a fine giornata, ripulire volontariamente i rifiuti lasciati da altri frequentatori del sito che non mostrano analogo rispetto.
Pochi sports sono più ecologici della vela, di cui il kyte è una specialità.
E, diversamente dallo Stagnone, ove, per consentirne la pratica all'interno della laguna, si è dovuto fare uno sforzo di interpretazione attorno ad una norma ben precisa, nessuna norma vieta la pratica delle discipline veliche davanti Capo Feto.
E se così è, anzi non è, ci sarà il suo motivo, che, atteso quanto da me ricordato, mi pare chiaro.
Siamo in uno Stato di diritto, vivaddio, non dimentichiamocelo.
Valenziano della Comunidad Valenciana? Cioè di quella parte della Spagna nota per le sue risaie e soprattutto per le sue zone umide, meta di visitatori a mai finire? Zone umide in cui è persino vietato fumare? In effetti, in alcune parti del parco dell'Albufera di Valencia (oltre 21.000 ha) vige il divieto assoluto di fumare, mentre nella riserva di El Hondo (Alicante) è consentito l'accesso ai birdwatchers su prenotazione e a gruppi non superiori a 6 per volta. In 21.000 ha di parco è, però, pure possibile praticare (con consapevolezza, discernimento e controlli) l'attività venatoria. Cosa impossibile in una zona umida di appena 154 ha come Capo Feto. A Capo Feto è però possibile dimostrare che la caccia, regolamentata ad hoc, può risultare meno dannosa del kite surf o di altre attività sportive che si praticano attualmente a Capo Feto. Lo Stagnone è esteso circa 2000 ha e in quell'estensione è possibile praticare il Kite surf, ma non certamente nella zona in cui viene consentito attualmente. Un buon gestore della riserva (che tale è solo sulla carta) dovrebbe sapere identificare la zona (vedi parte estrema sud dello Stagnone pressi del Circolo Canottieri) in cui consentire questa attività, autorizzarla dietro compenso, controllarla. Ad oggi, il gestore, a norma di regolamento, tra cui Art. 10, dovrebbe provvedere a "vietare tutte le attività che possono recare disturbo ed interferire con la riproduzione di specie animali di importanza comunitaria (vedi per esempio il Fenicottero). Chissà che conoscenze avrà il Gestore dello Stagnone in materia di tutela dell'avifauna (l'area è anche ZPS), visto che non applica l'Art. 10 del Regolamento. Chi scrive non ha mai detto che Capo Feto è riserva naturale, ma se dovesse divenirlo, Valenziano permettendo, lo scopo è quello di tutelare la natura, consentendo la fruibilità (in modo che i mazaresi imparino), così come è previsto in tutti i Regolamenti delle riserve naturali siciliane. Regolamenti che, purtroppo, nè la Regione, nè buona parte dei gestori prescelti (tutti presenti nel CRPPN), riescono a fare osservare appieno. A Valenciano consiglio di tornare nella sua Valencia per osservare come si gestiscono le riserve naturali anche se spesso estese centinaia di ettari.
egregio sig. Sciabica, Valencia è un bel posto, piena di spettacolari edifici moderni dove, per realizzare un porto, non si sono fatti problemi di modificare il corso di un fiume. Capo Feto è un posto dove, negli anni '70, il Cavaliere d'Italia era considerato estinto. L'altra domenica ne ho avvistati due che si sono attardati in mia presenza senza esserne minimamente intimoriti. Evidentemente, la totale assenza di cacciatori, ( ossia i praticanti una disciplina sportiva la cui maggior ecocompatibilità, rispetto alla vela, rimane, per così dire, tutta da dimostrare) è ormai nota, nel sito anche agli uccelli. Quanto alla corretta fruibilità di Capo Feto, non mi risulta che i mazaresi abbiamo imparare. E' solo merito loro se l'area faunistica di Capo Feto è stata recuperata grazie ad un finanziamento ottenuto, all'epoca, da quella Amministrazione comunale. E sicuramente, non da chi si reca a Capo Feto non mancando di lasciare tracce della sua presenza, incuranti del fatto che, sovente, su tali tracce è riportata la città d'origine. Purtoppo solo quella. Su imballaggi e sacchetti di plastica di solito non ci si spinge ad indicare pure frazioni e contrade.
Nel periodo in cui il cavaliere d'Italia staziona e nidifica a Capo Feto, la caccia è stata sempre chiusa. Chi ha scritto il commento precedente e dice di avere osservato (l'altra domenica) appena 2 cavalieri d'Italia, evidentemente non ha capito che sono le altre attività che allontano il recurvirostride e gli altri uccelli dall'area protetta. Non potrà, comunque, essere mai credibile l'ambientalista, il cittadino medio che si proclama rispettoso dell'ambiente e critica solo le disfunzioni di Capo Feto. Ha poco o nulla da dire, invece, sulle disfunzioni della riserva naturale Integrale dei "laghetti Preola" (gode di vigilanza fissa), a cominciare dall'intrusione del gambero americano e dai cinghiali, come da articolo di Castelvetranoselinunte del 10 c.m.
Egr. sig. Sciabica, facciamo a capirci. Sappiamo tutti e 2 che l'oasi faunistica di Capo Feto, di estensione minore rispetto all'attuale SIC ZPS fu istituita nel 1977. Ebbene, a quei tempi il cavaliere d'Italia, dalle nostre parti, si poteva ammirare solo impagliato presso il locale circolo cacciatori, poi nobilitato a museo. Parlare di periodo di stazionamento a Capo Feto di questo uccello contrasta, inoltre, con l'affermazione che il cavaliere d'Italia a Capo feto è stanziale. Affermazione innanzitutto coerente con il monitoraggio dell'uccello riportato del Ministero dell'ambiente e, comunque, nello specifico non mia, ma tratta dalla pubblicazione dell'IRMA "Capo Feto - analisi del degrado del biotopo naturale" 2001 a Lei senz'altro nota. Pubblicazione scientifica, aggiungo, che auspica, che il sito debba essere considerato "non più come luogo solo da conservare e mummificare, ma....come strumento di sviluppo sociale, culturale ed economico sostenibile, con la creazione di di laboratori didattici di ricerca, centri di visita e strutture ricettive in genere...ed utilizzare la spiaggia come zona di balneazione per i turisti" . Molto più in linea con le aspettative generali che, con tutto il rispetto, con quelle estreme dell'associazione. Fermo restando che da nessuna parte, nè in questo lavoro nè altrove o da chiunque altro si è mai e poi mai auspcato di permettere, a capo feto, le "terribili pratiche del motocross o del 4x4 sulle dune". Per la verità, nemmeno di "regolamentarvi la caccia ad hoc" avevo mai letto. Fino ad oggi
Valenziano, ma di quale monitoraggio del Ministero dell'Ambiente parla a proposito del cavaliere d'Italia? Nessun ornitologo si permette di scrivere che il cavaliere d' Italia è stanziale in Europa (quindi in Italia o dalle nostre parti), figuriamoci il Ministero dell'Ambiente. Lasci perdere la Special Publication n. 7 del 2001 dell'IRMA - CNR, fatta da giovani borsisti che non hanno esitato a scantonare. Sedentario o stanziale od anche stazionario (detto in maniera generica) è uccello che occupa lo stesso territorio per l'intero arco dell'anno e può rendersi nidificante, periodo di stazionamento è invece lo spazio di tempo in cui un uccello migratore, come per esempio il cavaliere d'Italia, si stabilisce in un dato luogo per nidificarvi, nel qual caso è uccello migratore estivo o per trascorrervi l'estate (senza riprodursi) nel qual caso è migratore estivante. Nel caso in cui lo stazionamento si protrae nel periodo autunno - invernale, l'uccello migratore, nel luogo di sosta può rendersi svernante. Il monitoraggio dell'avifauna a Capo Feto nel corso del Life non è stato eseguito dai borsisti dell'IRMA e sul mio libro "Capo Feto", pubblicato nello stesso periodo della pubblicazione IRMA, a proposito del Recurvirostride è scritto: "Il cavaliere d'Italia (.....) è specie che sverna essenzialmente in Africa tropicale, ma in primavera si porta in Francia, Albania, Grecia, Turchia, Romania per estivare e nidificare. In Italia, fin tanto che veniva esercitata la caccia primaverile (vedi l'uccello impagliato al Museo civico) era ritenuto raro e di comparsa accidentale nel periodo di passo migratorio. Paolo Savi (1831) in Toscana non lo ritenne mai nidificante, mentre Arrigoni degli Oddi (1929) definì la nidificazione del trampoliere rarissima se non accidentale. Con l'istituzione delle aree protette e con la preclusione dell'attività venatoria si è potuto, finalmente, stabilire che anche in Italia, il cavaliere d'Italia è di passo regolare, estivante e nidificante, saltuariamente svernante molto localizzato. Toscana e Sardegna, metà anni Sessanta, sono state le prime aree di nidificazione in Italia............. Negli anni Sessanta l'ho rilevato personalmente a Capo Feto e l'ottuagenario sig. Luppino di Campobello di Mazara mi ha comunicato che ancor prima degli anni Cinquanta è stato possibile osservarlo, nel periodo di passo primaverile, nell'ex palude Ingegna (di Campobello di Mazara). Dal 1984, saltuariamente ha iniziato a riprodursi a Capo Feto e con il completamento del Life (2003) si è reso nidificante regolare". Per saperne di più sulla specie, relativamente al ns. territorio, Le consiglio di leggere "Avifauna della Sicilia sud - occidentale" che la casa editrice "Libridine" sta provvedendo a pubblicare per mio conto. Il termine "imbalsamazione della natura" è stato coniato dalle Ass. ni venatorie negli anni Settanta, all'epoca dei referendum anti caccia, appunto per estremizzare la competizione e l'ex IRMA - CNR avrebbe fatto bene a non copiarlo o a farlo suo. Tanto di cappello per il CNR e per gli Istituti ad esso collegato, ma la conoscenza e la protezione del patrimonio naturale (specialmente a livello locale) non sembrano interessare tanto all'IAMC, ex IRMA che opera da noi. Pronto a confrontarmi attorno a qualsiasi tavolo tecnico.