Castelvetrano. Morì di parto a 32 anni. Due medici a giudizio

Dovranno difendersi, in Tribunale, dall’accusa di omicidio colposo in concorso due medici del reparto di Ginecologia dell’ospedale «Vittorio Emanuele II» di castelvetrano che, secondo l’accusa, non si resero conto della reale gravità delle condizioni di una donna che, tre giorni dopo, dopo avere partorito, morì.

I due medici rinviati a giudizio dal gup di Marsala sono Cataldo Anzalone e Vito Cuttone, entrambi di 56 anni. Sono accusati di avere sbagliato diagnosi (per «negligenza, imprudenza e imperizia») dopo avere visitato la 32enne Girolama «Mimma» Leone. Ad accompagnare la donna in ospedale, il 10 maggio 2011, era stato il marito, Giuseppe Leone, 37 anni, vigile del fuoco.

Il decesso avvenne, per emorragia cerebrale, il 13 maggio 2011 nel reparto di Rianimazione del Policlinico «Paolo Giaccone» di Palermo, dove Girolama Leone era stata trasferita, in eliambulanza, in seguito alle complicazioni sopraggiunte dopo il parto cesareo eseguito, l’11 maggio, all’ospedale «Sant’Antonio Abate» di Trapani.

La donna, che era al settimo mese di gravidanza, morì dopo avere dato alla luce una bambina, che adesso ha tre anni. Inizialmente i medici indagati furono otto. Oltre ad Anzalone e Cuttone, il cui processo, davanti il giudice monocratico di Marsala, inizierà il 27 giugno, anche un’altra ginecologa dell’ospedale di castelvetrano, i due ginecologi dell’ospedale di Trapani che eseguirono il taglio cesareo d’urgenza e tre anestesisti dello stesso nosocomio.

Ma dalle indagini, condotte dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura e coordinate dal procuratore Alberto Di Pisa, sarebbe emerso che alla base della tragedia vi sarebbe stata l’errata diagnosi iniziale di Anzalone e Cuttone, che non seppero redigere, secondo l’accusa, l’esatto quadro clinico, non comprendendo il reale motivo dei forti dolori addominali accusati dalla donna, che solo all’indomani del ricovero fu trasferita d’urgenza all’ospedale di Trapani. Nel frattempo, però, le condizioni della partoriente si erano irrimediabilmente aggravate.

Ad Anzalone si rimprovera di non avere predisposto il ricovero, rimandando a casa la donna intorno alle 19.30 del 10 maggio, nonostante la crisi ipertensiva e i dolori pelvici. A Cottone, invece, di non avere effettuato gli esami ematochimici urgenti, non procedendo al taglio cesareo, quando, dopo le 23 dello stesso giorno, il marito la riaccompagnava in ospedale con dolori sempre più forti. Si sono già costituiti parte civile il marito e i genitori di Mimma Leone, assistiti dagli avvocati Celestino Cardinale e Giovanni Gilletta.

Antonio Pizzo
per La Sicilia

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