[di Antonio Pizzo per GdS] “Era chiaro che bisognava effettuare un tempestivo taglio cesareo. Era l’unica soluzione. Si sarebbero evitate le conseguenze che hanno portato al decesso della paziente”.

E’ quanto ha sostenuto, ieri, il pubblico ministero Anna Cecilia Sessa nel corso della sua requisitoria nel processo che, davanti il giudice monocratico Matteo Giacalone, vede imputati, per omicidio colposo, due medici dell’ospedale di Castelvetrano: Vito Francesco Cuttone e Cataldo Anzalone, entrambi di 58 anni.

Per i due sanitari alla sbarra il pm ha chiesto la condanna, invocando due anni e 9 mesi di reclusione per Cuttone e due anni per Anzalone. I due medici sono accusati di non avere compreso la reale gravità delle condizioni di una donna (la trentaduenne Girolama “Mimma” Leone), che, tre giorni dopo avere partorito una bambina, morì .

Il decesso avvenne il 13 maggio 2011 al Policlinico di Palermo – dove la paziente fu trasferita in eliambulanza dopo il parto cesareo d’urgenza eseguito all’ospedale Sant’Antonio di Trapani – per la rottura di un vaso sanguigno del cervello a causa della pressione alta dovuta alla gestosi. Nel corso del processo, l’avvocato Gianni Caracci, difensore di Cuttone insieme a Stefano Pellegrino, ha chiesto al giudice di nominare un altro perito, in quanto, a suo parere, le consulenze fornite dai medici ascoltati sono “contrastanti”.

A una nuova perizia si è, però, opposto il legale di parte civile, Celestino Cardinale, per il quale “la vicenda è molto chiara”. Altro legale di parte civile (per i genitori della vittima) è l’avvocato Giovanni Gilletta. A Cuttone e Anzalone si contesta di non aver diagnosticato la patologia e di non essere intervenuti in tempo. Girolama Leone, che era alla 35° settimana di gravidanza, morì dopo avere dato alla luce una bambina.

I due medici, secondo l’accusa non compresero il reale motivo dei forti dolori addominali accusati dalla donna, che solo all’indomani del ricovero, dopo un’intera notte senza alcun intervento (un parto cesareo d’urgenza, secondo inquirenti, avrebbe potuto salvarla), fu trasferita a Trapani. Intanto, le condizioni della partoriente si erano notevolmente aggravate.

Ad Anzalone, difeso da Vito Signorello, si rimprovera di non avere predisposto il ricovero, rimandando a casa la donna intorno alle 19.30 del 10 maggio. A Cuttone, invece, di non avere effettuato gli esami ematochimici urgenti, non procedendo al taglio cesareo. “Il nostro consulente, professor Martorana – sostiene, però, l’avvocato Caracci – ha già spiegato che la reale causa del decesso fu una emorragia cerebrale, una patologia imprevedibile indipendente dal parto”.

Ma ieri, il pubblico ministero ha affermato che se all’ospedale di Castelvetrano si fosse agito con tempestività si sarebbero evitate quelle conseguenze che hanno portato alla morte della donna. “Con l’autopsia – ha detto il pm – si è scoperto che la signora Leone aveva un meningioma benigno al cervello, che è stato stimolato, provocando sanguinamento, solo a causa delle crisi ipertensive dovute alla gestosi mal curata da Anzalone e Cuttone”.

di Antonio Pizzo
per Giornale di Sicilia

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