Ecco l’articolo di Cristiano Morabito e la copertina per “Polizia Moderna”, la rivista ufficiale della Polizia di Stato.

Inaugurata dal capo della Polizia, Antonio Manganelli la nuova sede del commissariato di Castelvetrano, edificato su un terreno confiscato alla mafia

È sempre bello quando si inaugura una nuova casa, sembra un giorno di festa. Il giorno in cui pensiamo al futuro, all’arredo, alla costruzione di un nostro angolo che non è solamente un rifugio, ma un angolo in cui investiamo il nostro tempo, le nostre speranze, in cui costruiamo il nostro futuro fatto anche di pianificazioni e scelte di vita.

Con queste parole il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha voluto aprire il proprio discorso in occasione dell’inaugurazione del nuovo commissariato di Castelvetrano, in provincia di Trapani.

Poteva essere una delle tante cerimonie o inaugurazioni cui abbiamo assistito nel corso degli anni: lo schieramento passato in rassegna, il ricordo dei caduti con la deposizione di una corona d’alloro, il taglio del nastro e i discorsi delle autorità. Sarebbe stata una giornata come tante altre se non fosse avvenuta in un luogo simbolo e in un giorno particolare.

Il luogo simbolo è, appunto, Castelvetrano: paese di poco più di 30mila anime in provincia di Trapani, nell’entroterra, città dell’olio e delle palme, assunta agli onori della cronaca negli ultimi anni per aver dato i natali a Matteo Messina Denaro, il latitante più ricercato in Italia e successore designato di Totò Riina e Bernardo Provenzano alla guida della criminalità organizzata siciliana. Ma il passato di Castelvetrano è un passato importante e ricco di storia e di cultura. Qui, tra le montagne calcaree e le colline silicee, tra gli uliveti a perdita d’occhio, sono passati e nati personaggi che hanno fatto la storia del nostro Paese: da Marco Tullio Cicerone, questore della provincia tra il 75 e il 76 aC, al filosofo Giovanni Gentile che qui nacque, da Goethe che nel suo “Viaggio in Italia” descrive il suo passaggio a Castelvetrano nel 1787, al “prefetto di ferro” Cesare Mori, originario di Pavia, che nella cittadina siciliana, nel 1904, iniziò da giovane funzionario la sua carriera come delegato di pubblica sicurezza. Un territorio particolare che ha visto nei secoli avvicendarsi varie dominazioni, contro le quali è più volte insorto e dal quale, nel 1860, alcuni abitanti partirono per unirsi ai Mille di Garibaldi, ma in cui inizia a svilupparsi quel fenomeno mafioso che, modificandosi nel tempo, è arrivato fino ai giorni nostri.

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