«La mia è stata una solitudine vissuta sulla pelle: in molti mi hanno allontanato, altri ancora non sono più venuti al maneggio». Lo ha detto ai componenti la Commissione nazionale antimafia Giuseppe Cimarosa, il giovane regista di teatro equestre che ha incontrato onorevoli e senatori a casa sua a Castelvetrano. «Quanto è successo in questi anni è un dato che dovrebbe fare riflettere in moltissimi – dice Cimarosa, che convinse il padre a pentirsi – c’è ancora chi, a livello locale, mi punta il dito contro, criticando la mia scelta di ribellione e anche giudicando il momento in cui è avvenuta la collaborazione di mio padre.
A queste persone rispondo col mio impegno quotidiano in quello che faccio, compresi gli incontri con alcuni giovani grazie a ‘Libera’, perché sono convinto che la cosa più importante e utile che posso dare sia la mia testimonianza nei loro confronti. Da persone non della mia città ho ricevuto tanti attestati di stima e vicinanza, dalla maggior parte dei castelvetranesi, dai quali mi sarei aspettato più solidarietà e affetto, è arrivato, invece, odio e ancora peggio indifferenza», ha concluso Cimarosa. Oggi Cimarosa, insieme alla mamma Rosa Filardo e alla nonna Rosa Santangelo rischia di rimanere senza casa, dopo l’avvertimento di sgombero notificato dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Oggi, al termine dell’incontro, ha preso la parola l’onorevole Piera Aiello: «Noi siamo dalla parte di Giuseppe, e cercheremo una mediazione, tramite il nostro Presidente, per trovare una soluzione».
Cimarosa ha fatto la scelta della legalità, del no gridato forte alla mafia, contribuendo a far pentire il padre. In una società in cui la normalità è considerata straordinaria il suo comportamento merita un plauso sicuramente.
Mi permetto però di pensare che, per coerenza, lo stesso avrebbe dovuto rinunciare all’eredità del padre, ai beni immobili oggi confiscati perché provenienti da affari illeciti.
Il lamentarsi delle confische è una nota stridente nel suo per certi versi esemplare percorso di vita
Quindi è giusto confiscare quello che Giuseppe ha fatto con le sue fatiche in 20 anni di lavoro di spettacoli di equitazione? La confisca colpisce lui non la mafia o suo papà che non c’è più.