Di contro, FIAT rispetto ad una prima programmazione di commesse fino a 125 milioni di euro, si assestò su un fatturato di circa 100 milioni di euro all’anno. Unica commessa aggiuntiva fu quella della progettazione della vettura Marea, che sarebbe stata prodotta sia in Italia che in Brasile (da qui la costituzione della CABLELETTRA do Brazil).

Nella realizzazione del cablaggio della Marea il PATTI riferiva di avere privilegiato la esecuzione in Castelvetrano, suo paese d’origine, al fine di portarvi ricchezza. Utilizzò, allo scopo, la CABLE SUD s.r.l..

Lo squilibrio determinato dal mancato afflusso di capitali programmato dalla FIAT, comportò la necessità di ricorrere al credito. Le difficoltà finanziarie lo indussero inoltre a diversificare i settori di investimento, rilevando così SOTIM, che controllava il 70% della ex VALTUR s.p.a. (ora in amministrazione straordinaria).

Da quel momento la crisi finanziaria del gruppo andò aggravandosi, anche perché la FIAT diminuì ancor più le sue commesse, facendo calare il valore effettivo della CABLELETTRA.

Questo stato di difficoltà portò a trattative per la vendita di CABLELETTRA a YAZAKI (società madre del gruppo mondiale leader nella produzione e vendita di fili per il cablaggio auto) e la richiesta di una sua amministrazione straordinaria quale grande impresa in crisi.

Puntuali indagini fiscali avviate nel tempo hanno poi permesso di accertare che l’espansione delle aziende del PATTI era avvenuto sfruttando un articolato sistema di evasione fiscale.

Un sistema che vedeva al vertice del “Gruppo Imprenditoriale PATTI” sia la CABLELETTRA che la CABLE SUD, le quali avevano ottenuto in appalto dalla Fiat la predisposizione della componentistica elettrica da installare sulle autovetture in produzione.

Partendo dal vertice – come detto costituito da CABLELETTRA e da CABLE SUD – l’assemblaggio dei cavi elettrici veniva appaltato ad una molteplicità di aziende più piccole, ubicate nell’area del trapanese, quasi tutte nel territorio di Castelvetrano (TP).

Queste imprese erano tutte collegate fra loro, sia giuridicamente, sia economicamente, sia da vincoli di parentela ed amicizia. Esse partecipavano verticalmente alla catena di produzione nelle diverse posizioni di fornitori, sub-fornitori, sub-sub-fornitori, sia reali che fittizi, delle due “aziende-madri” poste al vertice della piramide.

In particolare, le aziende minori, quelle poste alla base della piramide, hanno goduto, nel tempo, di agevolazioni fiscali che consentivano loro di emettere fatture con importi gonfiati alla CABLE SUD, la quale aveva la possibilità, in questo modo, di versare illecitamente meno IVA.

Si trattava, nella sostanza, di imprese fittizie, senza struttura aziendale, molte delle quali riconducibili a soggetti contigui e/o vicini agli ambienti mafiosi.

L’indebito risparmio fiscale fornì capitali al PATTI da utilizzare anche per l’espansione nel comparto turistico-alberghiero, già avviato con la scalata alla citata ex VALTUR.

Le indagini svolte dalla DIA negli ultimi anni (coordinate dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Marzia Sabella e dal Sostituto Procuratore della DDA Pierangelo Padova, in collaborazione con il Sostituto Procuratore di Trapani Andrea Tarondo) confortate dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Angelo SIINO, Giovanni INGRASCIOTTA ed Antonino GIUFFRE’ e degli accertamenti bancari, hanno evidenziato una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati dal PATTI, permettendo, altresì di accertare i suoi legami con numerosi personaggi contigui ovvero organici alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, capeggiata dal noto latitante Matteo MESSINA DENARO.

L’attenzione si è focalizzata inizialmente sul coinvolgimento – negli anni ’90 – del PATTI in un’indagine per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e all’evasione dell’I.V.A., nella quale rimasero coinvolti numerosi personaggi poi risultati vicini agli ambienti mafiosi.

Fra coloro che godevano della piena fiducia dell’imprenditore vi era sicuramente Michele ALAGNA (Castelvetrano, 01.09.1962), fratello di Franca Anna Maria (Castelvetrano, 16.08.1961), madre di una ragazza di nome Lorenza, figlia (come risulta da atti giudiziari), ancorché non riconosciuta, del latitante Matteo MESSINA DENARO.

Michele ALAGNA, in particolare, ha ricoperto importanti cariche sociali nelle imprese del gruppo, diventando sindaco – effettivo o supplente -, presidente del collegio sindacale o amministratore di molte società della catena aziendale.

Egli aveva, inoltre, delega ad operare su una molteplicità di conti correnti, movimentando somme di rilievo in entrata e in uscita; custodiva gioielli ed oggetti preziosi di proprietà della famiglia PATTI conservati in cassette di sicurezza; curava ogni procedura economica d’interesse per le aziende: era, insomma, un vero e proprio alter ego di Carmelo PATTI in territorio di Castelvetrano, in nome e per conto del quale era autorizzato a mantenere rapporti con terzi.

Dagli accertamenti emergevano anche collegamenti e rapporti intrattenuti da PATTI con Paolo FORTE, organico alla famiglia mafiosa diretta da Matteo MESSINA DENARO, nonché con Rosario CASCIO, indiziato mafioso, il cui patrimonio veniva sequestrato e confiscato per iniziativa del Direttore della DIA.

La promiscuità con gli ambienti malavitosi è stata confermata anche ricostruendo le operazioni economiche della CABLE SUD, da cui sono risultati versamenti, prelevamenti e cambi assegni sui conti di alcuni personaggi di rilievo della criminalità organizzata, vicini a Matteo MESSINA Denaro, tra cui SACCO Santo, ex sindacalista UIL e postino di pizzini del noto latitante, sul cui conto corrente e su quello della sorella Rosanna sono transitate rilevanti somme provenienti dalle aziende coinvolte nella frode perpetrata dalla CABLE SUD.

Ancora, su delega della Procura – DDA di Palermo, venivano svolti accertamenti in merito all’acquisizione del villaggio turistico Punta Fanfalo nell’isola di Favignana (TP), dai quali emergeva come PATTI, sempre con l’intervento di Michele ALAGNA, avesse acquisito il resort attraverso l’intermediazione di soggetti sospettati di essere collegati alla famiglia mafiosa capeggiata da Matteo MESSINA DENARO.

Tutto ciò ha portato all’emissione dell’odierno provvedimento di sequestro e contestuale confisca, che riguarda 25 società di capitali (attive nel cablaggio di componenti elettrici per autovetture, nel comparto turistico-alberghiero, nel campo finanziario e nel settore immobiliare),

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