La storia del nostro paese è assai affascinante e tutti conosciamo le bellezze architettoniche che caratterizzano Castelvetrano, ma se di un’opera andiamo fieri è il nostro “pupo”, l’Efebo, tornato nella nostra Selinunte adesso alberga alla “Casa del Viaggiatore” all’interno del parco archeologico.
C’è chi lo ama così tanto da farne addirittura una copia, per se, di dimensioni naturali ma in gesso dipinto, lui è il prof. Benedetto Risalvato, insegnante di lettere alla scuola media “Pappalardo” adesso in pensione da circa 10 anni.
La sua da sempre una cultura classica, infatti lo ha condotto negli anni a dar sfogo ad una meravigliosa passione, la scultura, che sia essa in bronzo, metallo, pietra nasce proprio al momento del ritrovamento del Satiro Danzante, quando il professore decise di averne uno solo per lui… non potendo quindi possedere l’originale, ne creò un altro, impiegò circa 5 mesi ma il risultato è davvero notevole. Ha realizzato un’opera in altorilievo di 2,32 metri.
Ma la sua passione, che dura ormai da circa 25 anni, non si ferma soltanto ai due “fanciulli” infatti egli ha realizzato, in una interpretazione personale, anche la “Quadriga di Apollo” una delle meravigliose metope del Tempio C di Selinunte la cui scultura originale è adesso custodita presso il Museo Archeologico “A. Salinas” di Palermo.
Saranno un centinaio le opere del prof. Risalvato che inoltre ha anche realizzato per conto del Comune di Castelvetrano, il noto busto di Giovanni Gentile situato nel Sistema delle Piazze, quello del pittore Gennaro Pardo, quello dell’ispettore Domenico Bonsignore, il busto di Leonardo Centonze che possiamo ammirare presso la biblioteca comunale, il pannello bronzeo custodito all’interno della chiesa della Salute, con il quale è rappresentata in maniera simbolica la Passione di Cristo.
Il figlio Giovanni che lavora come educatore ha ereditato questa grande passione dal padre e con lui realizza lavori che hanno davvero dell’incantevole.
Il rifacimento di classici in maniera così pedissequa mostra una passione sconfinata per le nostre origini e la nostra cultura, e poi chi ce lo dice che la copia possa non essere meglio dell’originale?
Neppure una settimana addietro, tento di cimentarmi in un’ardua impresa: la resa fotografica.
– Se le fotografie sono visioni, le mie sono visioni distorte… – queste, più o meno, le mie considerazioni, a caldo, dopo aver osservato i risultati dei miei scatti.
Mi si potrebbe chiedere quale sia stato il soggetto fotografico. Forse, una donna? Od un paesaggio? Nulla di tutto ciò. Il soggetto fotografico era una scultura. Grande più di due metri e trenta centimetri. Un Satiro, anzi, il Satiro che danza visto con gli occhi di mio padre.
E mortificato da una serie di miei click ingiusti.
Inaccettabile. Devo rimediare. Subito.
Decido di affidarmi a quattro professionisti. Anzi, tre: il quarto non riesco neppure a contattarlo.
I tre sono incuriositi. Due mi rimandano al lunedì successivo, l’altro al suo rientro in terra sicula.
Lunedì, finalmente, arriva. – Sono in giro con amici giapponesi! – mi scrive il primo. – Sto arrivando. Ne farò un articolo. – scrive il secondo.
Quel “secondo” è Flavio Leone e quando mi propone di un possibile articolo lo ringrazio sebbene sappia, e non glielo confesso, che ciò non avverrà mai. Mio padre parlare di se stesso?! Più credibile la storia degli asini che volano.
Invece, incredibilmente, eccoci qua: in un sol colpo, Flavio ha reso giustizia ad un’opera scultorea e merito ad un insegnante appassionato d’arte.
Per questo, Flavio e Patrizia, infinite grazie.
“C’è tra la danza e la scultura antica una correlazione così stretta che si può affermare che la scultura fissa diversi momenti danzati.”
veramente complimenti ad entrambi, ma IL PROFESSORE rimane nel cuore!
Sentite grazie da parte di mio padre.