Margherita o capricciosa, cosa preferisci? Stiamo parlando di uno dei cibi più amati a livello mondiale: la pizza, l’”Ambasciatrice” e portavoce della cucina italiana, o meglio, di quella partenopea. In Italia il business della pizza non conosce crisi e “muove” un giro d’affari da 30 miliardi di euro all’anno. I dati confermano che la pizza è davvero una “miniera” di business, oltre che un trionfo di gusto e di croccantezza.

La pizza non è solo business e squisitezza, ma è anche un piatto che stimola la creatività e l’arte del “savoir faire”: non si può negare che con il tempo si è fatta strada la consapevolezza che dietro la pizza ci siano storia, tradizione e la cultura. Il suo successo attinge tanto a materie prime di altissima qualità quanto, forse soprattutto, al fattore umano, alla maestria e alla dote artistica del pizzaiuolo. La capacità artigianale del Maestro pizzaiolo è riconosciuta ed encomiata come “Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco”.

Centro studi CNA: La pizza non conosce crisi e genera indotto

“Cibo globale” ed “Ambasciatrice” della cucina tricolore, o meglio della tradizione culinaria partenopea, la pizza è una squisitezza gastronomica ed una fonte inesauribile di guadagni. A rivelarlo è l’indagine condotta dal Centro Studi CNA in collaborazione con CNA Agroalimentare, i numeri e le statistiche pubblicate parlano chiaro: l’Italia delle pizzerie genera un giro d’affari da 30 miliardi di euro, sono ben 130.000 le unità di business coinvolte nel settore e 100.000 sono gli addetti full time che salgono a oltre 200.000 risorse umane nei weekend, durante i quali le pizzerie vengono prese d’assalto.

Il business della pizza crea indotto sul territorio domestico: si sfornano circa 8.000.000 di gustose pizze al giorno per un totale di oltre 3 miliardi di unità. Il trend è in forte crescita, la filiera della pizza è vivo e dinamico più che mai: in meno di 3 anni le pizzerie sono cresciute da 125.300 a 127.000 unità.

In dettaglio, si evidenzia che 76.000 unità (di cui 40.000 ristoranti/pizzerie) sono attività con somministrazione, mentre 36.000 unità sono le attività senza somministrazione (di cui 15mila sono rosticcerie che sfornano anche le pizze) e, oltre 14.000 unità sono le panetterie che offrono pizze, focacce, prodotti da forno e dolci. A livello regionale, la Campania “svetta” in classifica con il 16% delle attività, seguono la Sicilia (13%), il Lazio (12%), la Lombardia e la Puglia (10%).

Professione Pizzaiuolo: quanto conta la formazione?

Uno dei mestieri più faticosi è quello del Pizzaiuolo, il vero artista che crea e “plasma” la sua squisitezza culinaria: una gustosa e croccante pizza “tonda” utilizzando forni per pizza specifici. Si tratta di una dote artistica: preparare una buona pizza è come dipingere un quadro, ma quanto conta la cultura e la formazione? Lo abbiamo chiesto ad uno dei Maestri napoletani, Gino Sorbillo che commenta: “la formazione conta così come conta la riflessione […] formarsi significa imparare e migliorare e soprattutto fermarsi a riflettere, sempre, anche quando non sei in pizzeria perché essere pizzaiolo è esserlo nella vita di tutti i giorni, con coerenza e rispetto per la professione anche quando non si lavora.”

Come è cambiata la professione del Pizzaiuolo? Con il passare del tempo e con la crescente importanza della pizza come “cibo globale”, anche la professione del Maestro Pizzaiolo ha acquisito una maggiore dignità. “Il bello di questa professione è che hai la libertà di poter esprimere te stesso attraverso il tuo lavoro e questo ti ripaga di tutti i sacrifici e le rinunce richiesti”, sottolinea Sorbillo.

La pizza è condivisione, è quasi uno sfogo, però c’è molta sostanza di base, per questo sono favorevole alla formazione perché da una base di partenza valida, costruttiva, pulita e qualificata, il pizzaiolo può introdurre il proprio talento, ricordandosi di mettere nella pizza ciò che ha nel cuore, quel ricordo più intimo e profondo che può emozionare e quasi stregare.

Tra i gusti prediletti e più richiesti dal popolo di buongustai ai Maestri Pizzaiuoli, “svetta” in classifica la pizza al prosciutto e funghi, seguita dalla classica pizza Margherita (nel Settentrione italiano); mentre, nel Meridione italiano primeggia la bufala, seguita dalla marinara e dalla pizza al tonno e cipolle. Il “gentil sesso” impazza per la pizza alla Norma, per quella ai frutti di mare e per la pizza allo speck e mascarpone.

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