
Vincenzo Basile
Siamo lieti che di tanto in tanto, dai sacelli culturali di questo cimitero castelvetranese, al suono di qualche “tromba” – (…del giudizio, no di certo… ma di “giudizio popolare”, statene pur certi!), – qualche rullo di tamburo in più, si diceva, abbia a far uscire dai sepolcri, mummie e fantasmi della polemica, quella polemica fine solo all’autocompiacimento di un sapere per sé stessi sed nihil sipiendo (tipico a castelvetrano il detto: “ma chissu chi senti d’essiri?” – un tempo forse detto anche di Giovanni Gentile, e per questo, noi ci consoliamo).
Almeno per quel che ci riguarda, nei giorni trascorsi, il chiasso di questi “viventi” sarà servito a scrollare qualche pò di calcinacci dai vecchi muri del silenzio saccente e presuntuoso.
Ma vedete, il “pelo all’uovo” per quanto – pelo -…, non altera la “frittata” che può cuocersi egualmente.
La frittata si cuoce lo stesso; soprattutto se c’è fame di “buona volontà”, ma sopratutto, se la frittata come si sa. costa poco – o proprio nulla – e meglio ancora è gratuita e nutriente. (…nevvero?)
Meno – ma molto meno bene – dico – alla frittata, fa, non il “pelo” ma la “trave” forse un po’ meno digeribile del pelo….!
Sì perché – nell’uovo in questione – non ci sta, giustappunto il “pelo” della “storia violentata” ma le travi delle “casse comunali violentate per anni” dalla scusa della storia, e della kultura
dedicata a cantarcela e suonarcela con “storie e storielle” ogni volta ammantate da giustificative diverse per gestire quel che ormai non esiste più, neanche in fondo al barile, benché si affannino a grattare con le unghia: “Li sordi !”
E quando si arriva al fondo del barile… a raschiare anche il legno, è il panico di quel desiderio di “continuare a farlo” . E’ questo che cattura anche le movenze più nobili e storiografiche: “La fretta, che l’onestade ad ogni atto dismaga” – (ma sì, scomodiamo pure Padre Dante! Visto che in fretta ad appena ventiquattro ore, e forse anche di notte, è stata istituita un’accademia!
Quale “trave” dicevamo ?
La trave di qualche evento “fantasiosamente storico” a cui abbiamo assistito anni fa o se volete pure, “leggendariamente veritiero, per quant’è vera la fantasia ” che vediamo ancor oggi, e che a bella posta, vedremo anche domani, gestito con orlini, bordature e giummiteddri, trascrivendo e ricopiando il relativo relativizzato, relativamente al relativo. Analogie illogiche, ma regolari della storia!

Piero Bua
Ma è che – vedete – certi richiami di immagini evocate da un piglio così repentino di assetati di storia, acceso in meno di ventiquattro ore da una autoconvocata cooperativa di virtuosi – eletta a congrega di accademici inappellabili – mi solletica un po’ quella umile materia grigia che mi fu alimentata dalle scuole da loro parimenti frequentate, e mi stuzzica “a cappella” il ricordo…
Eh, vengo tosto alla retorica domanda…(la trave, appunto, mi di conceda il vezzo)
Non è fra essi sapienti virtuosi talun, che da munifico mecenate, in tre esercizi di bilancio pose “Festa al Principe” e alle casse del bilancio, per quello stesso Principe che non mise mai piede per sua storia, (poveraccio, anche lui se così gli finisce!) a Castelvetrano?
Ma questa storia lui non l’ha firmata, né i “Par inter aliquos agit” hanno compilato quegli annali, andati forse smarriti nei particolari, per qualche dimenticanza.
Si chiamò a quel tempo un accademico regista che vende ancor oggi lo stesso Format ad Aragona di Sicilia. Pronto a correggermi se erro in mia memoria, furon decine e decine i milioni di vecchie lire a passar da quel barile oggi vuoto. Ora sì che la storia è ristabilita, tutta intera.
Ma ancora, per quegli annali non scritti di questo presente: Non è sempre fra essi citati sapienti tal’altro mecenate, che ancor e sempre, si prodiga d’energie a “passeggiate nobili impossibili” di sante venerate agli impossibili, di elette storie immaginate che oggi di impossibile è anche solo il finanziarle?
A noi non resta che tornare a meditare su una frasetta di Latino del buon Filippo Battaglia professore del nostro amato Liceo :
“Opus artificem probat! “
Dall’opera si riconosce il maestro
Per i Guardiani del Giglio
Avv. Vincenzo Basile e Piero Bua
Avvocato, mi pare che a lei manchino anche i fondamentali. “Non mise mai piede a Castelvetrano”? Scusi, ma basta leggere la Monografia del Ferrigno, alla pagina 457, per apprendere che Giovanni III d’Aragona e Tagliavia fu addirittura sepolto in questa città, dove morì il 18 gennaio 1624 e dove due anni prima fece il suo ingresso trionfale.
Per sua conoscenza, la tomba si trova nella chiesa dei Cappuccini sotto l’acquasantiera a destra entrando.
Vivo al nord da oltre 30 anni; ogni anno vengo a trascorrere un mese circa in vacanza a Triscina; sono legato alla mia terra da un legame ancestrale che è impossibile recidere. Mi tengo informato sulle vicende di Castelvetrano attraverso questo sito, cui va tutto il mio paluso. Venendo alla questione della lettera di Vincenzo Basile – che ben conosco dai tempi della appena passata gioventù – e del Sig. Bua – che non invece non conosco – mi piacerebbe saperne di più. Al di là del tenore della lettera che mi ha fatto piacere leggere, scritta con grande maestria, intrisa di richiami culturali e storici che la maggior parte di noi, farà fatica a decodificare, non capisco il motivo del ” contendere”: perchè questa lettera? Di quale neo costituita ( in sole 24 ore) Accademia si sta parlando? Insomma su cosa verte la polemica che si è innescata? Polemica che a giudicare dall’unica risposta, sembra lievitare molto in alto, a livelli in cui solo persone di grande cultura, sanno confrontarsi.
Mi piacerrebbe saperne di più.
Grazie anticipatamente.
e u mi paria l’ura chi ‘ncuminciavavu a ghiccari vilenu… siti boni sulu pi chistu… ogni altro commento sarebbe ripetitivo, così come lo siete voi…
Rododendro, ritorniamo sul “ma chissu chi senti d’essiri?”?
Rimanete così che lo siete!!!