Quarantasei supermercati nell’area vasta della Sicilia occidentale, più un grosso centro di distribuzione a Castelvetrano, città in provincia di Trapani che ha dato i natali al boss. Un sequestro eclatante, anche perché il gruppo gestiva la rete di distribuzione in Sicilia occidentale per un noto marchio internazionale, la Despar. Cosa è cambiato da quel sequestro? Che fine hanno fatto i 400 lavoratori coinvolti? Le cronache di allora si occuparono solo di riportare la notizia del sequestro, e la soddisfazione (più che condivisibile) della magistratura per aver inferto un duro colpo a quelli che erano ormai diventati i supermarket della mafia.
Oggi quei supermercati sono dello Stato, ma in che condizioni versano? Quanta ricchezza producono? Quanto lavoro legale garantiscono a un territorio fortemente vessato dalla presenza mafiosa come quello trapanese?
A porre questi interrogativi è stato direttamente Roberto M., operaio del 6GDO che ha partecipato, insieme a una folta delegazione rappresentativa della campagna “Io Riattivo il Lavoro”, alla consegna presso la Camera dei Deputati delle 120.000 firme raccolte per ampliare (e correggere) l’attuale normativa sulle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità. Roberto ha le idee chiare. Alla conferenza stampa ricorda ai giornalisti che il 94% delle aziende confiscate alle mafie sono destinate al fallimento; che dall’inizio della crisi (2008) le confische sono aumentate del 70%; che in alcuni contesti con la mafia si lavora e con lo Stato no, un paradosso inaccettabile per un paese civile e democratico come il nostro. In tempi di crisi le organizzazioni criminali hanno un vantaggio competitivo rispetto a chi prova a fare impresa in modo legale, hanno grandi liquidità da investire: soldi sporchi, ma facili da pulire. Non è un caso, quindi, che i provvedimenti di confisca delle imprese siano trasversali a tutti i settori della nostra economia. È necessaria, però, porsi un’altra domanda: se il lavoro encomiabile della magistratura ha portato a confiscare 1700 aziende, per sequestrarne (secondo alcune proiezioni della commissione antimafia della XV legislatura) almeno dieci volte tanto, quante saranno quelle che agiscono liberamente sfuggendo al controllo di legalità delle forze dell’ordine e della magistratura?
Il progressivo processo di deregolamentazione della nostra economia, nonché l’illusione della globalizzazione neoliberista, sono fattori che hanno abbassato fortemente il controllo sociale di legalità, facendo diventare il nostro sistema economico permeabile come il burro. Anche per questo la campagna Io Riattivo il Lavoro (promossa da Cgil, Libera, Arci, Acli, Avviso Pubblico, Centro Studi Pio La Torre, Sos Impresa e Legacoop), ha promosso una legge d’iniziativa popolare che si inserisce nel solco della migliore legislazione antimafia; come la legge Rognoni/La Torre e la legge 109/96 per il riuso sociale dei beni confiscati che oggi permette alle cooperative sociali di creare lavoro pulito e legale contro le mafie. L’obiettivo, però, è anche correggere la regressione legislativa prodotta dall’entrata in vigore del Codice Antimafia (d.lgs 159/11), che ha contrapposto la procedura fallimentare al riutilizzo sociale, portando indietro le lancette dell’orologio della lotta antimafia a più di trent’anni fa.
Adesso la palla passa al parlamento. Carlo Leoni, consigliere politico della presidente Boldrini che ha incontrato la folta delegazione, ha assicurato pieno sostegno all’iniziativa popolare, annunciando una corsia preferenziale nella calendarizzazione e annunciando delle imminenti modifiche nei regolamenti parlamentari per valorizzare lo strumento delle leggi d’iniziativa popolare, troppo spesso finite nei cassetti impolverati di Montecitorio. Alla conferenza stampa presenti anche rappresentanti di partiti al governo (Pd) e all’opposizione (Sel). Cinque Stelle non pervenuti. A chiedere a gran voce una tempestiva calendarizzazione e imminente approvazione è Franco La Torre, figlio di Pio e presidente di Flare, che durante la conferenza stampa ha richiamato la politica (tutta) a fare la propria parte, per dimostrare con i fatti la volontà di approvare un provvedimento necessario per non lasciare sole le tante realtà della società civile che si impegnano tutti i giorni per combattere le mafie sul piano economico e sociale. Proprio dal riuso sociale e dalle potenzialità produttive delle aziende confiscate si potrebbero creare migliaia di posti di lavoro, il principale terreno di consenso per le mafie, a maggior ragione in una fase di crisi, esasperazione e disperazione.
Si può fare. Abbiamo bisogno però di superare i tanti gravami dell’attuale legislazione. La proposta di legge promossa dalla campagna Io Riattivo il Lavoro prevede l’accesso universale agli ammortizzatori sociali per i lavoratori (cancellati dalla legge Fornero per le aziende sequestrate), l’istituzione di una banca dati con l’obiettivo di favorirne la collocazione di mercato, il pieno coinvolgimento degli attori economici e istituzionali presenti sui territori, la creazione di un fondo di rotazione (finanziato da una parte delle liquidità confiscate alle mafie) necessario per garantire il credito bancario (interrotto dalle banche nonostante i beni siano nella disponibilità dello Stato), per favorire un percorso di ristrutturazione industriale ed emersione del lavoro nero.
Si può fare anche perché la proposta di legge d’iniziativa popolare è sostanzialmente a costo zero, nonostante non sia quantificabile il valore aggiunto che potrebbe produrre sui territori coinvolti. Insomma una buona legge per una giusta causa, che potrebbe dare una risposta concreta ai 120.000 cittadini che l’hanno sottoscritta in un periodo di forte sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni. Una legge che, al pari delle necessarie modifiche alla norma sul voto di scambio (416ter c.p.) e alla legge anticorruzione, potrebbe dare una svolta alle politiche antimafia diventate negli ultimi anni oggetto di mera propaganda, piuttosto che terreno concreto di scontro con la criminalità organizzata. Paolo Borsellino ci ricordava che: “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”. Approvare la proposta di legge per il riuso sociale delle aziende confiscate non lascerebbe nessun dubbio a proposito. Si può fare. Il testo è stato condiviso da un ampio schieramento di forze, la legge sottoscritta da migliaia di cittadini. Il parlamento deve solo votare.
di Roberto Iovino per “Il Corsaro”
fonte. liberainformazione.org
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Aggiungerei a questa bella proposta anche la possibilità di punire con il carcere tutti quei colletti bianchi che si credono scendere dalla luna (per chissà quale missione), nel caso in cui le aziende ormai sequestrate dallo stato (lo scritto piccolo perché in queste situazioni è veramente e totalmente assente!!!) vanno cmq in fallimento trascinando con se nel buco nero del precariato coloro che invece nella gestione giudicata illegale avevano il posto con delle garanzie.I commissari di queste aziende prendono stipendi da paura, si avvalgono di tutti i collaboratori (amici) che vogliono anch'essi pagati bene, tutto ciò per anni, tutto ciò per migliaia di aziende, e se l'azienda chiude lui e gli amici se ne tornano a casa tutti i soldi accumulati in quest'ultima gestione, sperando magari che lo commissionino per un'altra confisca. Adesso basta chi sbaglia in tutti i settori va punito e severamente, a maggior ragione quando rappresenti lo stato.
PS sapete per esempio che questi si prendono il premio produzione aziendale anche quando l'azienda nell'ultimo esercizio ha perso...si tratta di bei premi!!!
Sarebbe interessante chiedere e sapere:
1) con quali criteri i giudici scelgono gli amministratori giudiziari ;
2) perchè sono sempre riconducibili ad una piccola cerchia di persone;
3)perchè prima pagano i loro stipendi e poi tutti gli altri;
4) perchè anche dopo il fallimento o la distruzione dell'azienda ricevono ulteriori incarichi;
5) perchè non si nominano anche imprenditori quali amministratori o collaboratori invece di avere solo topi da biblioteca quali ragionieri e commercialisti dalle dubbie capacità imprenditoriali.
mi sembra quindi di capire che, paradossalmente, riconsegnare queste attività in mano alla mafia risolverebbe il problema, giusto? Se ne deduce quasi che la mafia (specie se si coalizzasse con lo Stato - parafrasando astutamente una frase del compianto Borsellino) sia l'unica salvezza per questo Paese. Ho letto e compreso bene il messaggio insito in questo articolo?
Caro pincopallino, fare i "benpensanti" e i "falsi moralisti", commentando come fai tu, sposta completamente l'attenzione su quello che è il vero problema sollevato nell'articolo. Bastano poche righe INVECE per far capire qual'è veramente la situazione: 1) nel giro di pochi anni tanta gente ha perso il posto di lavoro e quindi la propria dignita di uomo/donna. 2) se al posto di autopagarsi 6-7000 euro al mese i nuovi amministratori si fossero contentati di ciò che meritavano (ovvero non più di 1400 € al mese) i suddetti lavoratori avrebbero comunque visto il loro fallimento, ma almeno per via dell'incompetenza dei suddetti, dilazionato in un tempo un poco poco più lungo. 3)fare i discorsi che faccio adesso non sono pro-mafia ma servono solo a rendere maggiormente noto che ognuno pensa al proprio benessere, benessere che PRIMA C'ERA e ORA NON C'E'!. 4)...e chiudo, rispondimi pure: Se è mafioso qualcuno accusato di essere un prestanome chi sono quei farabutti che seduti in camera e senato le uniche leggi che approvano sono quelle relative all'aumento delle proprie indennità e ai finanziamenti vari che per via della politica arrivano poi dritti dritti alle loro tasche?...Mi contento che rispondi solo all'ultima domanda, anche perchè pur volendo non potrai mai smentire ciò che ho scritto nei primi 3 punti...occhio, perchè provandolo a fare potresti solo arrampicarti sugli specchi...
quello che ci si deve chiedere è :
come mai le amministrazioni locali territoriali che ospitano queste aziende nei propri territori , nei momenti in cui si deve raccogliere gli applausi e fare dichiarazioni di plauso verso gli inquirenti per l'ottimo lavoro svolto sono sempre belli sorridenti davanti alle telecamere .
ma quando c'è da andare a bussare ai commissari che hanno le medesime aziende in amministrazione controllata
per chiedere conto e soddisfazione sulla sorte dei lavoratori che ne fanno parte ... SI RENDONO COMPLETAMENTE ASSENTI ?
anche nel caso della Gruppo 6 GDO intendo
Egregio Pincopallino, ho paura che lei non legga con attenzione, o per meglio dire tra le righe.
Si commentava solo il fatto che lo stato non riesce a garantire l'obbiettivo dell'impegno preso. Mi spiego meglio, lo stato quando sequestra un'azienda per qualsiasi motivo, dico qualsiasi motivo( a volte capita che venga commissariata per una grossa evasione fiscale) non gliene frega più nulla della fine che potrebbero fare numerosi lavoratori dopo che l'azienda venga gestita da un finto imprenditore, nato contabile, che porta la commissariata alla chiusura.Io so di alcuni casi dove è capitato in questi contesti che il commissario e collaboratori si aggiudicano un premio di fine anno,ripeto, nonostante la commissariata non navighi in belle acque, e invece ai dipendenti neanche una bottiglia di spumante sotto l'albero almeno per ringraziarli del lavoro svolto ed alzare un pò il morale.
Egregio Pincopallino, ecco cosa c'era scritto tra le righe.
Con l'occasione, porgo i più cordiali saluti.
purtoppo dalle nostre parti l'attegiamento "mafioso" e "clientelare" abita nell'anima della gente,amministratori
giudiziari compresi..anzi!
Solidarietà ai lavoratori tutti!
Premesso che la mafia va sempre combattuta. Ma esiste solo quella di mafia, quella che tutti noi conosciamo e che ci viene sempre descritta e circoscritta in alcuni ambiti?
Oggi basta far parte dell'antimafia e sei leggittimato a tutto. Però nell'antimafia ci sono i credenti (dell'antimafia) e i falsi credenti o falsi semplicemente (detto fra noi, perché pubblicamente sembrano più antimafiosi dei credenti).
Ora il problema è che in questi "falsi" io ci vedo anche una evoluzione del nuovo fenomeno mafioso. Ma non si può dire mafioso perché questi falsi fanno parte dell'antimafia. Quindi se al di fuori della "mafia" proliferano associazioni o lobby che costituiscono o gestiscono potere con l'obbiettivo di fare affari o soldi o che con spirito corporativistico si favoriscono e si agevolano sempre fra loro (amici e amici degli amici), se hanno l'etichetta dell'antimafia sono legittimati. Quindi di cosa stiamo parlando? Nel caso in questione gli unici a rimetterci sono i lavoratori delle aziende confiscate. I commissari anche se sbagliano chi li tocca? Sono stati scelti (amici? amici degli amici?) dai magistrati. Ma di sicuro se il 94% delle aziende commissariate fallisce un problema c'è. O sono incapaci o sbagliano o abusano o sono semplicemente ed estremamente formali che non porta a nessun costrutto, tipo impiegati d'ordine (fare l'imprenditore e tutt'altra cosa e non è da tutti). Quindi bisogna imparare a intercertare e discernere i falsi dai veri.
@pincopallino - @fabio
La mafia non è meglio dello Stato, ma non è lo Stato a fare fallire le aziende sequestrate. E ce ne sono aziende sequestrate che sono fallite. Si deve prendere atto del fatto che magistrati possono sbagliare nell'assegnare incarichi a commissari inadatti, che tuttavia continuano a ricevere incarichi... sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Si ribadisce il concetto che un errore si può commettere, ma se lo stesso colletto bianco combina fesserie ovunque lo metti, non lo chiami più ad incarichi di ruolo... a meno che non sei obbligato... e quando sei obbligato non sei più imparziale, obiettivo e non puoi garantire nessuno, figuriamoci un azienda e i suoi lavoratori e, dunque, un qualsiasi pellegrino che ti deve avere come giudice per una sentenza che lo riguardi...
Credo che la politica dell'attuale governo, che DICE di volere affrontare il problema della disoccupazione, non può permettersi il lusso di non intervenire, e di lasciare che il 94% delle aziende confiscate alla mafia falliscano, lasciando tanti padri di famiglia alla disperazione.