San Ambrogio – foto di Gianni Polizzi

Il cappellone, rialzato rispetto al piano della navata, è di forma quadrata; esso è preceduto da uno scenografico arco trionfale a tutto sesto contrastante col moderato stile gotico caratteristico delle altre strutture dell’edificio.
La copertura del presbiterio è in parte sostenuta da quattro colonne incassate agli angoli del muro.
Dietro l’altare maggiore si apre la vasta cappella del coro, anch’essa quadrangolare e coperta da una cupola semisferica che poggia su nicchie bizantineggianti.

L’edificio nel suo primo assetto doveva presentarsi spoglio ed austero con pietre a vista, così come appare la cappella di S. Maria Maddalena de’ Pazzi nella coeva chiesa conventuale dei Carmelitani.
Nell’arco di un secolo, la chiesa dei Domenicani cambiò radicalmente diventando, come detto, uno dei più interessanti esempi del manierismo siciliano: e ciò ad opera delle decorazioni di Antonino Ferraro da Giuliana, capostipite di una illustre famiglia di stuccatori e pittori insediatasi ed operante per generazioni a Castelvetrano, cui si deve, in particolare, la fastosa decorazione dell’arco trionfale e del presbiterio Questo abile pittore e stuccatore venne chiamato a Castelvetrano da don Carlo d’Aragona che, probabilmente, ne aveva ammirato i lavori ultimati nella cattedrale di Palermo nel 1574. Attraverso stucchi, pitture, riquadri, cartigli e fregi, l’artista tende a riempire tutto lo spazio, con l’evidente fine di stupire.
L’idea a cui si attenne il Ferraro nel realizzare la decorazione della chiesa di S. Domenico è la celebrazione messianica: nel presbiterio vengono, infatti, raffigurati i temi relativi alle promesse, alle profezie e alle prefigurazioni di Cristo.
Nelle colonne interne, troviamo plasticamente raffigurati, a destra, la Sibilla Libica, Mosè in preghiera, il profeta Sofonia, il serpente inastato; la Sibilla Eri­trea, Mosè che percuote la rupe, il profeta Abacuc, il vitello d’oro, a sinistra.
I pilastri che fiancheggiano il grande arco gotico che si apre davanti al Coro recano dei riquadri raffiguranti il sogno di Giacobbe, a destra; e la visione di lsaia, a sinistra.

Undici medaglioni ovali, nell’intradosso dell’arco, rappresentano episodi della Passione e della Risurrezione di Cristo, e l’incoronazione della Vergine.
Ma il tema messianico è ripreso nei grandi mensoloni superiori ai lati dell’arco: su di essi siedono lsaia, Giacobbe, Michea e Zaccaria, quasi a volere incorniciare la grandiosa scena centrale, plasticamente espressa attraverso l’albero genealogico di Jesse, raffigurato disteso sul mensolone centrale, da cui si dipartono i rami dei suoi dodici successori, fino alla Vergine, posta al vertice, contornata da angeli.
Nella cappella del Coro, troviamo affrescate su quattro grandi ovali la Ri­surrezione, l’Assunzione, la Pentecoste, la Dormizione della Vergine, e alternate ad esse le storie di Giona, Davide, Salomone e Davide.
Sotto la volta, entro apposite nicchie, vediamo i busti dei quattro evange­listi, e sei statue di Santi domenicani: S. Pietro Martire, S. Caterina, S. Dome­nico, S. Tommaso d’Aquino, S. Antonino Pierozzi, S. Vincenzo Ferreri.
Notiamo che il Ferraro iniziò i lavori a Castelvetrano, subito dopo avere compiuto quelli di Palermo, cioè nel 1574. Il coro fu ultimato tre anni dopo, come evinciamo da due lapidi poste nella parete orientale, dove leggiamo: Absolutum hoc fuit opus 26 aprilis V ind.s anno D.ni 1577 – Maii absolutum hoc quinte sextoque kalendas ipse fuisse scias inditionis opus anno Domini 1577.

AUTORE.   Francesco Saverio Calcara