[di Giacomo Moceri] Metodi quantitativi per l’Economia dell’Arte. È il nome dell’ultimo esame che mi accingo a preparare nell’ambito del mio percorso di studi in Economia e Gestione delle Arti e delle attività culturali. Un nome terrificante per uno che, come me, ha sempre detestato la matematica. E di matematica in questo esame ce n’è veramente tanta, tra matrici, vettori, calcoli assurdi e linguaggi fino a questo momento a me sconosciuti quali “programmazione lineare”, “indice di consistenza”, “regione ammissibile” e via dicendo.

Tuttavia, man mano che procedevo nello studio, mi sono imbattuto in un caso-studio alquanto familiare: un articolo scientifico di approfondimento della materia oggetto dell’esame riguarda, infatti, la nostra chiesa di Sant’Agostino. E che cosa c’entra – direte voi – la chiesa di Sant’Agostino con tutti questi calcoli matematici? La risposta è semplice. Il fulcro della materia è rappresentato infatti dalle metodologie di analisi multicriteriale che si adottano quando ci si trova difronte ad un problema decisionale da risolvere.

Una delle metodologie più note e diffuse, la cosiddetta metodologia AHP (Analytic Hierarchy Process – processo analitico gerarchico) proposta da Thomas Saaty, è infatti in grado di trattare problemi decisionali nei settori più svariati, come ad esempio la pianificazione territoriale, la finanza, la valutazione di immobili. Di recente si sono potute osservare alcune sue applicazioni anche nel settore dei beni culturali e la chiesa di Sant’Agostino ne è un esempio concreto. In generale, la metodologia AHP inizia modellizzando il problema come una gerarchia, suddividendolo, cioè, in diversi livelli, da uno più generale a livelli via via più dettagliati.

Nello sviluppare e formalizzare il problema come una struttura gerarchica si tiene conto che vi sono almeno tre principali livelli di gerarchia: l’obiettivo generale che ci proponiamo di raggiungere, che nello specifico prende il nome di “goal”; i criteri decisionali, ovvero tutti quei fattori in base ai quali valutare la bontà delle diverse alternative; le alternative tra cui scegliere la migliore al fine di raggiungere l’obiettivo e, quindi, prendere la decisione. Proprio perché una simile metodologia permette di scomporre un problema complesso e di analizzarlo sotto diversi punti di vista, tenendo in considerazione pesi e priorità calcolate in maniera esatta e matematica, si decise di applicare la metodologia AHP quando si rese necessario ricorrere ad un intervento di restauro presso la chiesa di Sant’Agostino.

Un intervento di restauro è, infatti, una cosa seria e delicata ed entrano in gioco numerose variabili. Le decisioni che si devono prendere, inoltre, dipendono da numerosi fattori, sia di tipo tecnico – ad esempio le caratteristiche del materiale, lo stato di conservazione, le condizioni climatiche in cui si trova l’oggetto dell’intervento, la manodopera a disposizione, i costi e i tempi di applicazione, ma anche la destinazione d’uso e le condizioni di fruibilità futura dell’opera d’arte – sia di tipo ideologico – si pensi ad esempio alle diverse filosofie del restauro nonché ai numerosi orientamenti culturali. Il processo decisionale, poi, si presenta complicato vista la presenza di numerosi attori che intervengono in un progetto di restauro: prima di tutto il progettista, poi il tecnico operatore e infine il committente – senza dimenticare le Soprintendenze, le organizzazioni culturali, gli storici, i teorici, gli istituti di ricerca e così via. La metodologia AHP, quindi, è stata impiegata ai fini di semplificare il problema decisionale e aiutare i decisori nella scelta delle tecniche di intervento da adottare – nello specifico era necessario pulire la parete absidale est e procedere al consolidamento e reintegrazione delle parti mancanti sulla superficie da restaurare – in modo da rendere il meccanismo di scelta il più possibile trasparente e razionale, oltre che efficiente ed efficace. Così, una volta individuato l’obiettivo da raggiungere, dopo aver compiuto analisi storiche, artistiche e architettoniche, si è passati ad applicare la metodologia al fine di individuare l’alternativa migliore da scegliere.

Confrontando a coppie le diverse alternative possibili – pulitura ad acqua nebulizzata, impacchi acquosi e chimici, micro e mini sabbiatura, pulitura meccanica – si è giunti a stabilire quale tra esse risulta la più importante e in che misura. Gli attori interessati nel processo di restauro – il progettista restauratore, il committente e il tecnico operatore – hanno espresso il loro giudizio sull’importanza relativa di coppie di alternative, generando quindi la matrice dei confronti a coppie, a partire dalla quale viene calcolato il peso da associare a ciascuna alternativa disponibile. Incrociando i pesi associati a ciascuna alternativa con i pesi associati ai decisori si è giunti ad individuare nella pulitura meccanica l’alternativa migliore.

L’efficacia di un simile approccio alla risoluzione di un problema decisionale sta proprio nell’importanza che si attribuisce, tramite i pesi calcolati matematicamente, a ciascuna alternativa e a ciascun attore coinvolto nel processo decisionale. Chiaramente sapere che una simile metodologia sia stata applicata alla valutazione della fattibilità di un progetto di restauro che avrebbe coinvolto una chiesa della mia città non può che farmi felice. I restauri sono sempre interventi delicati e si rende sempre più necessario procedere con cautela e cura di ogni dettaglio: un piccolo errore potrebbe, infatti, compromettere per sempre il bene culturale su cui si intendeva operare. L’applicazione di questa metodologia, coadiuvata chiaramente da analisi preliminari e verifiche di fattibilità, può aiutare a ridurre al minimo il rischio, permettendo di rendere più semplice e intellegibile un problema decisionale che, per sua natura, è complesso. Chi volesse approfondire l’argomento può trovare un valido riscontro nel testo “Metodologie di valutazione della compatibilità degli interventi conservativi – Applicazione su edifici di valore storico-artistico e sull’architettura minore” degli autori Luciano Cessari ed Elena Gigliarelli.

Giacomo Moceri

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