“Tu sei stato il Novecento, a Castelvetrano” Giacomo Bonagiuso ricorda Nicola Di Maio

No, Nicola, no. Il coccodrillo non te lo scrivo. Ti scrivo piuttosto una lettera che potrai sbirciare dal luogo migliore in cui adesso sei. Mi ricordo quando venni a casa tua, la prima volta, ragazzino con delle poesie in mano, e che tu “tra pico e pala”, come dicevi spesso, ne smontasti la boria e l’eccesso di parole. “Togliere”: parola indigesta all’adolescente, parola sacra dell’adulto. Parola che vorrei sapessi tu mi hai insegnato, mostrandomi il tuo lavoro, la tua officina, il tuo modo di concepire la scrittura, mettendo colpi di biro su quei fogli.

Dopo avermi smontato, mi hai regalato “L’ultimo nastro di Krapp” di Beckett e io, per te, lo interpretai in scena, per molte volte, fiero di avere incontrato la tua approvazione. Erano altri tempi, quelli in cui il Novecento con le sue ansie, le sue crisi, le sue scritture, non era proprio arrivato a Castelvetrano. Ma tu sì. Tu sei stato il Novecento, a Castelvetrano, almeno per me che di rassegnarmi ai “Civitoti in pretura” non volevo saperne, l’uomo che spiccava tra tanti eruditi, centinaia di poeti fai da te, e proprio per questo non appartenevi a questa Città se non come medico. I “tuoi amici”, come li chiamavi, erano palermitani, eredi della dissoluzione dell’Antigruppo o, fautori intellettuali di correnti di pensiero che trasmigravano nel secolo inquieto.

Sei stato uno studioso vero, con stilemi accademici e pertinenti, con scavo di fonti e lentezza saggia, di chi non forza mai una tesi per riempire cartelle. Sei stato tutto quello che questa Città non è mai pronta a riconoscere, per questo da parte di tanti pseudo artisti intinti di boria e recensioni, “barocchini”, come dicevi tu, eri considerato superbo, antipatico. Ma tu eri solo ed evidentemente una persona seria, un intellettuale onesto, un medico coscienzioso. Sai che la tua testa dura ha salvato mia madre, mentre “i capimastri”, come li chiamavi tu (che di te dicevi “mezza cazzuola”) annaspavano in diagnosi leggiadre? Sì lo sai. Sai che hai salvato me dalla mostruosità della depressione e che tanti altri ne hai salvati? Mi lasci con un vuoto che riecheggia dei mesi della tua malattia, fino poi all’abbraccio per strada. Mi lasci il libro su Gianni Diecidue, a due mani, con te, che io non ho mai completato per mia grave colpa, e di questo mi hai cazziato a dovere. Prometto di completarlo.
Mi lasci tutto quello che ho inteso sul “non”, sul “togliere”, sull’ “eclisse”, sul”margine”, sul non demagogico, e di questo non posso che renderti un infinito grazie.

Sono certo, devo essere certo, oltre ogni limite, oltre ogni credere, che al momento sei impegnato nella destrutturazione di qualche prolisso esito del progetto divino, così “tra pico e pala”, senza alcuna fretta.
Ah, dimenticavo…. a te devo anche i versi di Nelo Risi e l’avere inteso la tenerezza dell’istrice sotto le corazze.
Nicola, non usavamo far brodo, ma ora, solo ora, voglio dirti che ti voglio bene, e forse, se ne avrò le palle, ti rifarò quel Beckett che amavi tanto, coi suoi silenzi e le sue pause scandite.

Ciao Nicola, ti voglio bene e grazie per tutto quello che hai fatto per me.

Giacomo Bonagiuso

Breve Biografia

Nicola Di Maio è nato a Castelvetrano il 27 gennaio 1949. Nella sua città esercita la professione di medico. Ha pubblicato: “Sopralluoghi” (a cura di Santo Calì) in “Antigruppo 73” (Catania, 1973); “Reperti”, poesie 1974 – 1977, Mazzotta Ed. , Castelvetrano, 1988; “Una calla al completo”, (assieme al poeta Nino Gennaro), Perap, Palermo, 1992.

Un mazzetto di poesie – “Catasto/fette ”- figura nella “Antologia palermina”, Perap, Palermo, 1997, curata da Gaetano Testa. Ha inoltre pubblicato due libri di narrativa: “Le vele ai sassi”, Perap, Palermo, 2000 e “Un sogno alto quindici piani”, Perap, Palermo, 2005. Con testi poetici e interventi critici è presente in riviste e antologie. Ha organizzato il Convegno su Gianni Diecidue al Liceo Classico di Castelvetrano, con Franco Fiordaliso e Giacomo Bonagiuso.

Alcune Poesie di Nicola Di Maio

Da “ SOPRALLUOGHI” (1973)
DOMICILIO COATTO

o giorni tersi nel segno

del papavero kerosene brucia

in rapide asfissie si muore

e noi per sempre canuti in cicli

di sogni e attese di comesichiama

quel tale crocifissi per fame in calvari

d’oscure botteghe decentrate officine

abitiamo una casa ai controlli serali

di ventun pollici e mogli

un piatto di pasta e fagioli ventrigli

d’uccelli tre figli maneschi in età prescolare

ai confini di primevisioni luci — neon

cinturati pirelli

alla noia di cinematografi e vie

un giro di carte e un bicchiere —

il delirio del cuore è un viaggio

oltre il grigio di nubi che opprime

ALBERGHETTI

io e te una penombra

in delirio in alberghetti

a ore fuori mano

lenzuola bianche e pulite

finestre aperte

su vicoli e botteghe

di stenti merciai

io e te stupore rubato

a squallido va e vieni

di commesso viaggiatore

grazia di ciglia finte

ombreggiate le anche

mature in vesti

di crépe odalisca

che imposta se in qualche

luogo ho una vita

di moglie fedele

una fede nuziale

a un lavabo dimenticata

partendo?

INCONTRO

e tu chi sei con questi occhi

da esoftalmo protrudenti

e mi guardi con questi

tu ora come io certo dirai

chi è questo occhiazzurri

che va zigzagando

e abbiamo in tasca carte

d’identità agli inviti

di poliziotti notturni

ognuno il suo nome cognome

indirizzo mestiere per fame

sfamante

ma oltre tiriamo: lui di là

io di qua a un muro rasente

domani forse associati

a una celletta in comune:

per ubriachezza molesta

et altre invettive rabbiose

dette in faccia a chi viene

in carrozza

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  • Voglio ricordare Nicola Di Maio con le parole che Alberto Moravia pronunciò in occasione della commemorazione funebre di Pier Paolo Pasolini: "Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo". Nicola Di Maio fu, dunque, prima di tutto poeta, e, come ogni buon poeta, seppe leggere prima di tutti la realtà che andava pian piano a svelarsi. Lo fece, con toni profetici, a volte incompresi, scagliandosi contro il Palazzo del potere, interrogandosi, assieme ai suoi amici dell’Antigruppo, di cui fu prestigioso esponente, sui destini del mondo, del linguaggio, della poesia, in un’epoca in cui essere poeti voleva dire incidere nella realtà politica, avere una funzione sociale di orientamento nei confronti della gente. Anche per questo oggi piango Nicola Di Maio, e con lui la figura dell’intellettuale capace di dire la sua, oggi che il poeta non ha più diritto di parola, oggi che si avverte un senso di assenza e ci si chiede contro chi il poeta lancerebbe i propri strali. Senza enfatizzazione, voglio ricordare la reale sostanza del suo apporto alla cultura, non solo come poeta, il suo amore civile per la storia locale, per i ”Fasci siciliani”, per Gianni Diecidue, di cui curò una biografia che non abbiamo presentato a causa della sua malattia. Addio Nicola! Sono sicuro che "oltre il grigio di nubi che opprime" sono pronte ad accoglierti "le nove figlie dal grande Zeus generate, Clio e Euterpe e Talia e Melpomene, Tersicore e Erato e Polimnia e Urania, e Calliope, che è la più illustre di tutte". (Esiodo, Teogonia,incipit, 76-79)

  • ARCHIVIO STORICO DEGLI ANARCHICI SICILIANI
    Comunicato-stampa

    Nicola Di Majo, indimenticabile e generoso compagno, è morto a Castelvetrano il 24 novembre scorso. L’A.S.A.S. intende dar vita a diverse iniziative, pubblicazioni e collaborazioni per ricordarlo degnamente. Ci appelliamo ai tanti amici di Nicola che volessero aiutarci in quest’opera.
    Nel frattempo ci giunge notizia che sul giornale telematico “Castelvetrano Selinunte” è apparso un articolo di Giacomo Bonagiuso che, nel ricordare Di Majo, promette di completare un libro inedito, che questi gli avrebbe lasciato, concernente Gianni Diecidue, poeta “eretico” e anarchico.
    Ci corre l’obbligo di precisare che Nicola Di Majo, oltre che letterato e medico, era tra i collaboratori dell’Archivio Storico degli Anarchici Siciliani, per il quale raccoglieva documentazione e conduceva ricerche sui movimenti culturali e politici della Sicilia Occidentale, con una particolare sensibilità per il fenomeno mafioso. Di questi lavori, in gran parte inediti, daremo conto nei prossimi mesi. Tra di essi vi è il libro su Gianni Diecidue, che Nicola aveva completato da tempo e che è in attesa di pubblicazione presso un editore importante.
    Non si comprende perciò a cosa miri Giacomo Bonagiuso. Negli ultimi mesi, inoltre, Nicola si mostrava amareggiato per il fatto che improvvisati storici castelvetranesi tentassero di opporre al suo un loro libro su Giani Diecidue, che prevedeva avulso se non antitetico rispetto a quegli ideali di libertà e solidarietà umana che lo avevano nutrito.
    Castelvetrano è una città singolare. Ha dato i natali a ingegni eccelsi e a farabutti matricolati. Offre quindi un vasto campo d’indagine per chi voglia esercitarsi in ambito storiografico o nella produzione di biografie locali.
    Ci piacerebbe che i nostri compagni non fossero toccati da un tal genere di ambizioni, che lasciano spesso a desiderare sotto il profilo della scientificità e della completezza documentaria; se proprio non lo si può evitare, che fossero perlomeno trattati con rispetto ed esattezza. Per quanto riguarda Nicola, invitiamo a non usarne gli scritti editi o inediti, di cui per ventura si fosse venuti in possesso, senza la preventiva autorizzazione della famiglia.
    Per l’A.S.A.S.
    Natale Musarra

    A.S.A.S.: natalemusarra@tiscali.it; info@sicilialibertaria.it; cell. 327-2045501.

  • Chiarissimo Dott. Bonagiuso,

    E'in me vivo il dolore e lo sgomento per l'improvvisa scomparsa del mio caro padre. La Sua lettera ne tratteggia a fondo il carattere, la splendida umanità ed umiltà dell'uomo collegata alla serietà del professionista e alla lucida capacità analitica e creativa dell'intellettuale. Come non ricordare le sue poesie originali, espressione di un nuovo linguaggio culturale, in antitesi con la sonnacchiosa sottocultura popolare e reazionaria di certi pseudo pensatori? Come si può dimenticare la nobile professione svolta per più di 30 anni, a contatto con persone di ogni tipo, in cui la sua figura emergeva, rispetto allo squallore quotidiano, per la sua disponibilità e per il suo altruismo? Lui era una persona molto precisa, ricordo ancora i suoi cortesi rimbrotti e le sue critiche sincere e dirette e non sa quanto aiuto mi hanno dato nella mia crescita culturale e professionale...Mio padre era un uomo lontano dal potere costituito, e non ha mai abusato del suo ruolo ne ha mai utilizzato la cultura quale strumento di sopraffazione o di mera retorica come certi "pifferai di regime" di cui aveva disprezzo. Il vuoto umano e culturale che ha lasciato non si può circoscrivere alla periferia sicula del piccolo paese di Provincia ma acquisisce un eco tale da raggiungere i massimi autori dell'avanguardia poetica non soltanto palermitana bensì anche nazionale da cui ha ricevuto vari attestati di stima ed affetto. Nella sua bella lettera, caro Dott. Bonagiuso, Lei fa riferimento al libro che mio padre ha scritto in memoria di Gianni Diecidue e che Lei, cosi afferma, completerà e pubblicherà a due mani. Peccato che mio padre non ha mai prestato il suo consenso ne ha autorizzato Lei o terzi ad apportare modifiche o pubblicare il Suo libro. Lei era soltanto un semplice intermediario con l'amministrazione comunale di Castelvetrano che all'epoca dei fatti doveva far pervenire il suo interessamento per un eventuale patrocinio dell'opera e di cui ricordiamo tutti, sino ad oggi, il colpevole silenzio. La informo che il libro di mio padre su Gianni Diecidue è in attesa di pubblicazione presso autorevole casa editrice, su pregevole iniziativa degli amici e collaboratori di mio padre, tra cui ricordo il Dott. Natale Musarra. Colgo l'occasione per dirLe che ho già predisposto le idonee procedure per la tutela del diritto di autore dell'opera. Mi auguro che, fatta salva la buona fede, il Suo sia stato uno svarione testuale, di quelli che il mio caro padre amava, "tra pico e pala". correggere. In caso contrario, sarei costretto, mio malgrado, ad agire nelle sedi legali più opportune per il riconoscimento dei diritti e della memoria di mio papà.

    Cordiali saluti
    Dott. Antonino Di Maio.

  • Sono stato, credo, frainteso. Il libro su Diecididue è fatto dallo studio di Nicola. La mia parte autonoma non fu da me mai completata. Nê io ho parti del testo di Nicola che ho solo avuto la fortuna di aver avuto da lui letto, in stralci, come lui lesse le mie pochissime cartelle... Fu mia la colpa di non aver mai fornito la "mia" parte, né intendo pubblicare alcunché. Ho solo promesso ad un amico che avrei ripreso quella scrittura che Nicola mi rimproverò giustamente di non aver finito e completarla. Per cui, mi si consenta, ma siete purtroppo entrambi fuori dal bersaglio. Il testo di Nicola è suo. Evidentemente. Avete scambiato sentimenti per atti legali. Cosa ancor più triste. Me ne dispiaccio. Ma la mia lettera era e resta, se consentite, per un amico scomparso. Grazie.

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