SILVIO – Pronto sono Silvio, il presidente.

GIANNI – Cicciu parla cchiù forti chi ‘un si senti.

SILVIO – Ma quale Ciccio, Gianni sono io!

GIANNI – Parla ti ascolto presidente mio.

SILVIO – Parlo col sindaco di Castelvetrano?

Io sto chiamando da villa San Martino.

GIANNI – A San Martinu fannu lu salatu?

Je mancu lu sapia chi eri partutu.

SILVIO – Ma sono Silvio, colpo d’una pialla!

La smetti di scambiarmi per Pappalla?

GIANNI – Silvio, ha scusari ‘un t’avia canusciutu

Pi Cicciu Papalla t’avia scanciatu

Tu mi ricisti “ sugnu lu presidenti”

E je pinsavu a iddu tra li tanti!

SILVIO – no sono Silvio, ti disturbo Gianni?

GIANNI – Ma chi disturbu! Sugnu cu li Nanni

Ma il disturbo respingo a piene mani

Poiché sei il sogno di tutti noi Italini!

Però il fatto che stai telefonando

Non lo venga a saper Pier Ferdinando.


SILVIO – No, no, per carità! Niente Casini,

per me ci pensa già la Boccassini

che, non dico di no, è una bella rossa

però ‘sta volta me l’ha fatta grossa!

GIANNI – immagino che questa tua chiamata

Sia in occasione dell’Italia unita

Proprio stamane il mio cerimoniere

Mi stava preparando in un braciere

Per festeggiare l’unità d’Italia

Favi arrustuti, simenza e calia.

SILVIO – No, per l’Italia unita poi ti scrivo

Chè della mia chiamata altro è il motivo

A me dell’unità non me ne frega

Credimi una beneamata sega!

Però pensavo che il nostro Paese,

visto che adesso siamo sulle spese

la sua vecchia forma può cambiare

ed è il momento di rimodernare.

GIANNI – Silvio mi trovi davvero d’accordo

Poiché da sempre conservo il ricordo

Di disegni di legge e di riforme

Ma ciò che è più importante però dorme,

questo Paese fu unito col sangue

ma la riforma già da troppo langue,

però nel rifomare stai attento

che il Pierferdinando sia contento

che se non vuoi che a te ti manna a caca

non gli toccare la famiglia e il papa.

SILVIO – Ma Gianni che hai capito? Che riforma?

L’epoca che conservi la mia orma

Non vedrà il paese riformare

Ma l’effettiva forma sua cambiare:

poiché la sagoma ch’è sull’atlante

mi pare troppo stivaleggiante,

l’Italia tutta va riformata

e a forma di zoccola disegnata.

GIANNI – Ma pensandoci un po’ sinceramente

Anche se sei un grande presidente

Forse l’idea non è proprio ortodossa

A forma di zoccola mi pare grossa,

Consultati con Italo Bocchino

Scegliamo un elegante mocassino.

SILVIO – no, Italo lui poco se ne intende

Ci vuole un architetto indipendente

Che disegni all’Italia tratti nuovi

Forse se cerchi lì fra i tuoi lo trovi.

GIANNI – Si per la verità c’è un architetto

Chi ogni tanto fa qualche progetto

E con la scusa che segue il progresso

Fa fabbricari qualchi tintu cessu,

talà è meggiu chi lassamu stari

picchì la facci m’ha fattu manciari,

questa questione a poi va rimandata,

dimmi perché questa telefonata?

SILVIO – Uè sindaco fai piano, mi consenta

Che un maresciallo già per ora attenta

Se ti telefono in queste ore

Non è al sindaco ma al dottore

Ti chiamo chè non mi sento tanto bene

E avverto già qua e là indistinte pene.


GIANNI – Veramente t’haju vistu un po’ confuso

Forse di queste pene ne fai abuso,

ma una domanda nasce e mi sovviene:

tu cosa intendi quando dici “pene”?

intendi dir parola che equivale

a sostanza di codice penale

oppure, ecco due son le domande,

all’inquilino delle tue mutande?

SILVIO – Ma dai ti prego non scherzare Gianni

Che sono afflitto da tanti malanni!

Son sofferente e tu vuoi scherzare

Ma io ti ho scelto come mio dottore

I servizi che ho messo in movimento

Dicon che sei dottore di talento

Oltre che sindaco e buon cristiano

E io mi curo a Castelvetrano.

GIANNI – Noi qui abbiamo un grande ospedale

Conosco qualche discreto speziale

Ma picchì tu ora chiami propriu a mia?

Ma quali fussi sta tinta malatìa

Picchì t’ha curare a Castelvetranu

‘un ci nni sunnu duttura a Milanu?

SILVIO – ‘Sta’ zitto Gianni questo è un segreto

Che questo male che mi ha colpito

Non venga conosciuto in parlamento

Poiché quegli sciacalli in un momento

Diranno “ se è infermo Berlusconi

Allora rifacciamo le elezioni.

GIANNI – Silvio non hai ragione di temere

Non darei mai un grande dispiacere

A chi or ora mi ha parlato

Come a medico da ammalato

Sono dottore non parrucchiere

E,quando serve, posso tacere.

SILVIO – grazie, sapevo di poter contare

Sulla tua discrezione in quest’affare

In realtà dicevo questa mia

Non è esattamente malattia

E qui lo dico a te che sei di panza

In realtà mi serve una vacanza.

GIANNI – La latitanza?!? Noooo con grande affetto

Ti dico non abbiamo posti letto

Chi pi ‘sti cosi, caro Berlusconi

Per ora qua è altissima stagioni;

chiedi una casa a Montecarlo a Fini

chi niatri avemu tutti cosi chini!

SILVIO – La latitanza? Ma no, che hai capito?

In realtà un altro era l’invito:

io vengo lì, mi fermo qualche giorno,

mi porto la patata per contorno

poi andiamo a cena insieme con Marchionne

e dopo cena andiamo tutti a donne!

GIANNI – No. Questo non va bene, Silvio mio

Io sono uomo col timor di Dio!

Se vuoi saperlo, caro Berlusconi

Io ci ho le mani piene di geloni

Poiché anche col freddo io ogni sera

Tengo le mani giunte in gran preghiera,

non sono tipo che insegue la gonna,

nella mia vita c’è una sola donna.

SILVIO – Aspetta fammi capire questa cosa,

non le rispetti lì le quote rosa?

Nella tua giunta no ce le hai messe?

Non ce le avete le assessoresse?

Ma nella tua città le signorine

Non hanno voglia di far le veline

Dai me lo chiedo da molti mesi

Dimmi di queste castelvetranesi:

Ma è vero che trabocca di bonazze

Il famoso sistema delle piazze?

GIANNI – Ma sai carissimo Berlusconi

Queste son mere esagerazioni

SILVIO – dai dimmi dimmi non fare il codardo

GIANNI – Ma se ti dico che non le guardo

SILVIO – Si lo capisco dai dal tuo posto

Le guardi bene ma di nascosto

GIANNI – Credimi Silvio mai ne ho guardato

Poiché son certo che sia peccato

SILVIO – Ma su dai sindaco a me confessa

Non guardi neanche un’assessoressa?

Una consigliera, un’impiegata?

Una passante per caso passata?

GIANNI – Ma no no Silvio per carità

Io penso al bene della città

Mi occupo solo la notte e il dì

Della mia anima e dell’UDC

E poi qui la politica disgraziatamente

È fatta dalla donna intelligente

E,quella intelligente, ahi che dolori

È bella dentro e quasi mai di fuori

E per questo ho deciso di spogliare

Soltanto nello spoglio elettorale,

però se tu vuoi divertirti e uscire

non sarò io che lo vorrò impedire.

SILVIO – Beh alla fine Gianni alla città

e a te io dirò la verità:

le mie storie sui giornali

che di donne ne ho a quintali

che son pieno di puttane

che lo fo per settimane

che io faccia bunga bunga

che l’orgasmo spesso giunga

Gianni ti garantisco in fede mia

Non è che una ridicola bugia

e le contavo proprio in queste sere

Le mie settantacinque primavere

Piene di reumatismi e di dolori

Di sciatica emicranie e raffreddori

Capelli finti e scarpe col plantare

Pensieri che mi fanno lacrimare,

mio Gianni il fatto veramente è questo

sono un povero vecchio disonesto

la mia virilità da circo equestre

è una storia ridicola e pedestre

e a tutte queste donne assatanate

da dare io ho solo banconote

chè d’altra parte quella cosa la

smise di funzionar tanti anni fa

GIANNI – Silvio non voglio essere spietato

Ma da dottor me lo ero immaginato

Non sei soltanto vecchio, sei sbruffone,

sei uguale ad un mio amico fanfarone

che con le donne fallisce da molti anni

ma ne racconta più di don Giovanni

SILVIO – Gianni ti prego non mi sbugiardare

Sono sicuro che mi puoi aiutare.

GIANNI – confortati ti aiuto facilmente

Ti mando da Salvino a Selinunte

Che se non ti fa alzare quella storia

Almeno ti cancella la memoria

SILVIO – Gianni sei il solo unguento alla mia piaga

Sinnacu lu Signuri ti lu paga

Sei uomo colto e ragguardevole

Spero che tu divenga onorevole

Che ogni dono ti sia compensato

Che possa diventare deputato

E una preghiera più in alto giunga

Gianni fai un poco di bunga bunga……

AUTORE.   Anna Gelsomino