Gaza, la guerra non si ferma, oltre 600 vittime ufficiali

Prosegue l’offensiva terrestre dell’esercito israeliano a Gaza per il quarto giorno consecutivo, segnato da una strage in una scuola gestita dall’Onu a Jabalya dove almeno 40 palestinesi sono rimasti uccisi.

La diplomazia prosegue lungo due direttrici con la troika Ue impegnata nella spola mediorientale per mediare un cessate il fuoco: si apre qualche spiraglio ma un negoziato appare ancora difficile. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, gioca la carta siriana e spinge per il moltiplicarsi delle iniziative internazionali.

A palazzo di vetro è intanto riunito il Consiglio di Sicurezza a livello di ministri degli Esteri, vi partecipano tra gli altri Condoleezza Rice e Abu Mazen. Dagli Stati Uniti il presidente eletto Barack Obama rompe il silenzio dicendosi “preoccupatissimo” per le vittime civili. Il Papa ha sottolineato il ruolo dei negoziatori definendoli “coraggiosi costruttori di pace”. Ed è tornato a farsi sentire il numero due di al Qaida, el Zawahri che ha esortato i musulmani a reagire attaccando gli interessi di Israele e dell’Occidente.

OPERAZIONI SUL TERRENO
Le truppe israeliane proseguono nella loro avanzata su Gaza City: oggi i carri armati sono entrati a Khan Younes, la principale città nel sud della Striscia e roccaforte di Hamas. Per la prima volta Hamas ha risposto facendo ricorso a razzi di lunga gittata scagliandone alcuni che hanno raggiunto Ghedera, città a circa 40 km da Tel Aviv. Ed è il bilancio di vittime civili che scuote ancora: nel pomeriggio è stata bombardata una scuola gestita dall’Unrwa Jabaliya, che ospitava decine di sfollati, almeno 40 i morti. Israele fa sapere di aver risposto al fuoco, l’Onu da parte sua precisa di aver fornito le coordinate satellitari GPS della scuola alle autorità israeliane. Intanto l’esercito israeliano ha subito tra le più gravi perdite dall’inizio dell’offensiva di terra con la morte di quattro soldati in un due separati episodi di ‘fuocoamico’.

DIPLOMAZIA VEDE PRIMI SPIRAGLI
I negoziatori europei impegnati nella spola mediorientale per mediare un cessate il fuoco a Gaza hanno affermato oggi ad Amman che “ci sono dei segnali positivi”, ma il negoziato è ancora “difficile”. Il ministro degli esteri della Repubblica Ceca, Karel Schwarzenerg, che guida la troika europea, riconosce che potrebbero volerci giorni per arrivare a un risultato. Parallelamente Sarkozy continua il suo giro di consultazioni e apre alla Siria: dopo l’Egitto si è recato a Damasco dove ha incontrato il presidente Bashar al Assad che, dice Sarkozy, “ha dimostrato di essere al lavoro per la pace”. Sarkozy è poi tornato in Egitto per tenere un nuovo colloquio il suo collega egiziano, Hosni Mubarak, a cui hanno partecipato questa sera anche l’Alto Rappresentante per la politica estera europea, Javier Solana, e l’inviato della Ue per il Medio Oriente, Mark Otte. Intanto a New York è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a livello di ministri degli Esteri che tenterà di raggiungere un accordo su un cessate il fuoco: vi prendono parte tra gli altri Condoleezza Rice e anche il presidente dell’Anp Abu Mazen. La riunione è presieduta dal ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner.

OBAMA ROMPE IL SILENZIO
Per la prima volta il presidente eletto Barack Obama commenta sulla crisi in corso in Medio Oriente dicendo che “la perdita di vite civili a Gaza e in Israele è per me fonte di grandissima preoccupazione”. Obama non ha aggiunto altro, spiegando che tornerà a parlare di politica estera dal 20 gennaio, data del suo insediamento alla Casa Bianca, come del resto aveva ripetuto dall’inizio dell’offensiva. Intanto la Casa Bianca ha confermato la sua posizione:”Vogliamo giungere ad un cessate il fuoco che sia duraturo, e se fosse immediato, ne saremmo felici”. Il Papa oggi in piazza San Pietro nell’Angelus dell’Epifania é tornato ad esprimere la sua preoccupazione per i “violenti scontri” a Gaza e, sottolineando il ruolo dei negoziatori, ha esclamato: “Iddio sostenga l’impegno di questi “coraggiosi costruttori di pace”!.

LA CRISI UMANITARIA
Una crisi umanitaria “totale”, così ha definito quella della popolazione civile nella Striscia, il responsabile della Croce Rossa a Gaza, Pierre Kraehenbuehl. Il personale della Croce Rossa sul posto descrive la notte passata come “la più spaventosa fino ad adesso”.

“Un barlume di speranza”: il presidente francese, Nicolas Sarkozy ha definito così a tarda sera a Sharm El Sheikh, dopo un lungo colloquio, la proposta presentata dal suo omologo egiziano, Hosni Mubarak di un invito ad una riunione in Egitto di Israele e palestinesi per discutere di sicurezza delle frontiere, di un cessate il fuoco, della creazione di corridoi di sicurezza per far transitare aiuti alla popolazione di Gaza. La visita a Sharm è stata la conclusione del giro in Medio Oriente che Sarkozy aveva cominciato domenica scorsa, sempre in Egitto, per spostarsi poi a Ramallah, a Gerusalemme, a Damasco e a Beirut, il tutto nell’ambito della prima tappa di una iniziativa di pace franco-egiziana. Dopo il “no ad un compromesso” per far cessare il fuoco a Gaza che ha dovuto incassare in Israele, oggi Sarkozy è tornato a sperare in una via di uscita diplomatica giocando la carta siriana con un volo a Damasco, dove vive in esilio il leader politico di Hamas, Khaled Meshal, per poi chiudere il cerchio in serata con una nuova visita in Egitto.

A Damasco Sarkozy ha parlato con il presidente Bashar al Assad, col quale ha stabilito un rapporto privilegiato, dopo averlo accolto a Parigi a luglio per il vertice euro-mediterraneo ed essersi recato di persona in Siria a settembre, come primo capo di Stato occidentale in quattro anni. E Assad, che forse si sente in debito con l’ospite francese che proprio con la sua visita di settembre ha di fatto rotto l’isolamento in cui si trovava la Siria, ha mostrato buona volontà: Damasco, ha detto, è “al lavoro per una soluzione immediata a questa tragedia umana” ed è pronta a cooperare con qualsiasi iniziativa regionale o internazionale per trovare una soluzione al conflitto di Gaza. Ma il rais siriano non ha però d’altro canto rinunciato ad utilizzare la sua consueta retorica per denunciare “la barbara aggressione israeliana”, che “é un crimine di guerra”, e ha affermato che è necessario subito un cessate il fuoco e il ritiro israeliano dalla Striscia, ridotta ad un “campo di concentramento” a cui deve anche essere tolto il blocco, che rappresenta una “morte lenta”. A sua volta, Sarkozy ha affermato di ritenere che “Damasco ha dimostrato di essere al lavoro per la pace e il presidente Assad può svolgere un importante ruolo per esercitare pressioni su Hamas, affinché cessi di utilizzare le armi”. E pertanto, ha aggiunto, “non rimpiango di aver aperto alla Siria”. Da Damasco, il presidente francese è poi giunto a Beirut, per una visita che era in programma da prima dell’inizio della crisi a Gaza e che è stata sensibilmente ridotta.

Dopo aver incontrato le massime autorità libanesi, ha compiuto una visita ad al Tiri, al contingente francese inquadrato nella forza Onu schierata nel Sud Libano (Unifil), che monitora l’applicazione della risoluzione 1701 dell’Onu che ha posto fine nel 2006 alla devastante guerra tra Israele e Hezbollah, il movimento sciita che da giorni di dice minacciosamente “in allerta”. Qui, il presidente francese si è infine lasciato andare ad un cauto ottimismo: “Sono convinto che ci sono delle soluzioni. Non ne siamo lontani” e ha affermato che “c’é una piccola speranza”. A Sharm el Sheikh un lungo colloquio con Mubarak, al quale hanno partecipato anche l’Alto Rappresentante per la politica estera europea, Javier Solana, e l’inviato della Ue per il Medio Oriente, Mark Otte, si è concluso con la conferenza stampa nella quale i due presidenti hanno annunciato la proposta di riunione, probabilmente ‘extrema ratio’, in una situazione che sembra caratterizzata da una contrapposizione frontale. Riunendo Israele e palestinesi al Cairo – “potrebbe essere nelle prossime ore” secondo Sarkozy, ma non è chiaro se in una riunione congiunta – il Rais del Cairo spera di ottenere che le armi tacciano e che si pongano le basi per una stabilità duratura alle frontiere nord-orientali, da dove secondo gli israeliani passano gran parte delle armi che Hamas usa contro di loro. Una fonte palestinese ha detto stasera all’agenzia Reuters che Hamas sarebbe già in contatto con l’Egitto per discutere di una eventuale tregua a Gaza ed avrebbe fornito “delucidazioni e osservazioni” dopo l’annuncio di Mubarak.

(ANSA)

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