Desideriamo portare a conoscenza dei lettori di questo blog di un articolo che lo scrittore Domenico Cacopardo ha pubblicato nei giorni scorsi sul quotidiano a tiratura nazionale “Italia OGGI”.
L’ennesima dimostrazione di come – ha dichiarato Errante – quando si guarda ad un territorio senza preconcetti e con lo spirito del viaggiatore che trascorre del tempo e si sforza di andare al di la del proprio naso, emergono dei ritratti che sono molto più vicini alla realtà.
Troppo spesso, noi castelvetranesi per primi, siamo pronti a demonizzare o a vedere solo le criticità di una città , dimenticandoci di come i nostri tesori lasciano gli altri bocca aperta e increduli sul fatto che magari noi non facciamo di tutto per valorizzarli.
Scrive Cacopardo: “Ciò che rimane è la certezza che Castelvetrano non è solo la mafia ma ben altro. Testimonianze del passato e l’idea che anche il presente offra possibilità di sviluppo economico e di crescita culturale.”
Anche se è la patria di Matteo Messina Denaro – Viaggio di Cacopardo nella Sicilia che cambia
Castelvetrano non è solo mafia
A due passi da uno dei più bei siti archeologici del mondo
di Domenico Cacopardo www.cacopardo.it
AUTORE. RedazioneMi avevano detto che Castelvetrano era come Abbottabad, il desolato villaggio nel quale fu catturato ed eliminato il capo di Al-Qaeda, sceicco Bin Laden. Per lo squallore delle sue abitazioni e per un ambiente nel quale la manifestazione immediata dell’illegalità dilagante è rappresentata da motociclisti e scooteristi privi di casco.
Già, Castelvetrano è la «patria» di Matteo Messina Denaro, il pericolo pubblico n.1, in testa all’elenco dei ricercati dalle polizie di tutto il mondo. Così potente che si ritiene che sia addirittura arrivato a comandare la criminalità di Palermo. Per queste ragioni, essendo in zona, sono voluto andare a vedere. Certo, la sensazione che si riceve arrivando dalla Strada statale 115, Sudoccidentale sicula ai sobborghi della città non è lontana da Abbottabad. Case basse, realizzate senza un definibile disegno urbanistico, anche se, incontrando l’ospedale Vittorio Emanuele ci si rende conto che la Repubblica, la regione Sicilia e le amministrazioni comunali hanno saputo pensare non solo alla salute della cittadinanza ma alla realizzazione di un complesso di tutto rispetto architettonico.
Certo, non parliamo di un paese, ma di una città di oltre 31mila abitanti, di riconosciuta vocazione agricola (il ministero dell’agricoltura ha pubblicato – ed è consultabile online – un approfondito studio), situata nello sprone Sud-occidentale dell’isola, in una posizione strategicamente importante per gli sviluppi turistici.
Ai margini della Valle del Belice, squassata dal terremoto del 1968.
E anche per la vicinanza di uno dei più bei siti archeologici del mondo: Selinunte. Un luogo che spinge allo sbalordimento per due precisi motivi: quando si è dentro la città greca (100mila abitanti nel periodo di maggior fulgore) non c’è alcuna possibilità di percepire la civiltà contemporanea. Si è completamente immersi nella Sicilia greca. L’altro è rappresentato dalle dimensioni ciclopiche dei massi che costituiscono i resti delle antiche edificazioni. Ci sarebbe da approfondire quali tecniche costruttive fossero in uso nel 650 a.C.
I dati socio-econometrici sono interessanti: Castelvetrano non risulta particolarmente depressa. Reddito medio euro 7.171, età media 43,2, indice di natalità (2014) 7,4 (dato rilevante cui danno un contributo prevalente le nascite di extracomunitari). Comunque, gli ultrasessantacinquenni sono largamente prevalenti sugli inferiori di 15 anni. Naturalmente, mi sono subito diretto nel centro cittadino.
La prima cosa che colpisce è la fontana della Ninfa, formata da quattro vasche sovrapposte su cui domina, appunto, la statua della ninfa. Il tutto nella magnifica (e plastica) pietra locale: la calcarenite. E poi, non la solita piazza, ma due (Aragona e Umberto I) contigue che danno immediatamente una sensazione di inattesa imponenza. Anche perché sul lato orientale sorge il palazzo dei principi Tagliavia-Aragona-Pignatelli che fu la loro residenza sino alla prima metà del ‘600. Solo negli anni ’80 la famiglia nobiliare alienò lo storico edificio.
Dal lato opposto sorge, voluto dalla dominante famiglia principesca, il duomo, dedicato all’Assunta. Risalendo al ‘500, ha caratteri barocchi anche se la facciata – rinascimentale – richiama più il Romanico asciutto dei secoli precedenti. Merita attenzione questa chiesa – dall’anomala zona absidale – nella quale occorre soffermarsi anche per osservare le sculture di Antonino Ferraro e di Gaspare Serpotta, il più grande interprete dell’ethos secentesco in Sicilia. Di fianco, sorge il teatro Selinus (nome latino di Selinunte) – 1873 – dalla facciata neoclassica (del genere di quelle del Massimo e del Politeama di Palermo) da un interno equilibrato e sobrio, nulla a che vedere con i barocchismi imperanti altrove. Nel portico, fa mostra di sé una eccellente scultura («Putti») del famoso Mario Rutelli (nonno dell’ex sindaco di Roma).
Nelle vicinanze, sorge il Museo civico che merita certo una visita, ma la cui attrazione maggiore è l’Efebo, un Kourus (ragazzo) collocabile intorno al 470 a.C. È significativa questa scultura di 85 cm perché testimonia – come la Venere Landolina di Siracusa è il canone della bellezza classica – la bellezza mascolina greca. Non mi soffermo sulle altre chiese storiche che meritano una visita. Chi è interessato, con l’aiuto di una guida del Touring o di un cicerone locale, le può facilmente visitare.
Rimane un altro luogo da non perdere: si tratta della chiesa normanna di Delia, all’interno del feudo che la famiglia Saporito possiede sin dal Medio evo. Una piccola chiesa, poco più di una cappella, visto che era destinata all’uso familiare. È, in sostanza, una Cuba bizantina, simile alle tante costruite in Sicilia (e in Calabria) dai monaci basiliani che governarono militarmente diversi territori strategici. Di fronte a essa si erge un commovente monumento funebre nel quale il bambino Stefano (Saporito) invoca la sua mamma prematuramente scomparsa. La chiesa non è visitabile se non in un contesto organizzato. Tuttavia, se si ha la fortuna di incontrare un componente della famiglia che ne è proprietaria, si può ottenere il privilegio di una visita privata. Qui non può mancare un’occhiata al lago artificiale della Trinità, costruito negli anni ’50, che ha ben resistito al devastante sisma del 1968.
Ciò che rimane da una visita, è la certezza che Castelvetrano non è solo la mafia, ma ben altro. Testimonianze del passato e l’idea che anche il presente offra diverse possibilità di sviluppo economico e di crescita culturale. Ciò che, all’evidenza, risultano insufficienti e manchevoli sono le strutture turistiche e alberghiere, visto che il territorio di Castelvetrano è bagnato da uno dei mari più belli d’Italia, il mare di Triscina e Selinunte. Un altro territorio in movimento, comunque in marcia nel nuovo millennio.
Castelvetrano non è solo mafia. Chi vive a Castelvetrano sa bene che il problema locale non è la mafia ma l’insensibilità assoluta della pubblica amministrazione nei confronti di chi fa impresa (o cerca). Questo è lo sfogo manifestato da più imprenditori del turismo che hanno avuto la sfortunata idea di investire a Castelvetrano. Castelvetrano non è solo mafia, vero è. Castelvetrano è anche degrado, con centinaia di immobili del centro storico lasciati a deperire sotto gli occhi di tutti, imbarazzanti cumuli di spazzatura a terra per le strade, strade piene di buche e buie……in effetti Castelvetrano non è soltanto mafia.
L’articolo che viene presentato con tanto entusiasmo dal Sindaco è menzognero, perché probabilmente è stato scritto 10-12 anni fa e non rispecchia la realtà attuale. Il signor Cacopardo, a metà settembre 2016, non è stato a Castelvetrano come vuol lasciare intendere. Infatti parlando di monumenti non fa cenno della chiesa di San Domenico che ormai è accessibile a tutti; dice di aver visionato, nel Museo civico, l’Efebo che invece si trova a Selinunte; dice che mancano nel territorio di Castelvetrano le strutture turistico-alberghiere ed invece ormai abbondano; infine per l’articolo ha usato foto eseguite prima della risistemazione delle piazze. Quindi ha fatto una descrizione di Castelvetrano di 10-12 anni fa. Chissà se ad agosto o settembre avesse visto davvero la città cosa avrebbe scritto. Chissà perché il Sindaco, pur vedendo le contradizioni descritte, ha manifestato entusiasmo ed ha pubblicato l’articolo.
Per completare l’argomento faccio notare anche errori storici del signor Cacopardo:il più grande interprete dell’ethos secentesco (per gli stucchi) non è stato Gaspare Serpotta, bensì il figlio Giacomo; il feudo della Trinità di Delia non è proprietà dei Saporito sin dal medioevo, erano gabelloti nel 1700-800, il feudo è passato a loro dopo l’Unità d’Italia; nel 650 a.C. Selinunte forse non era nata, i templi con quei blocchi di dimensioni ciclopiche sono di parecchi decenni posteriori.
caro signor NAPOLI,MALGRADO L’INESATTEZZE TEMPORALI E DI CONTENUTO,LA COSA IMPORTANTE E’ CHE ANCHE SE RARAMENTE, QUALCUNO PARLI BENE DELLA NOSTRA CITTA’
Ottimo articolo. Succinto, veritiero senza sbavature ed esagerazioni. Certo, un riferimento alla chiesa di San Domenico o al Chiostro dei Minimi non sarebbe stato male. Grazie comunque all’autore e alla sua onestà intellettuale. Purtroppo quando si parla di Castelvetrano è facile scivolare in giudizi preconcetti che tanto male hanno fatto in passato e tanto, purtroppo, ne faranno ancora.