Il calunniatore è simile all’uomo che getta polvere contro un altro quando il vento è contrario; la polvere non fa che ricadere addosso a colui che l’ha gettata. L’uomo virtuoso non può essere leso e il dolore che l’altro vorrebbe infliggere ricade su lui stesso.
(Buddha)
Non ho mai scritto un editoriale su me stesso, né lo farò questa volta. Pur essendone il direttore, ho grande rispetto per il mio Belìce – che non è, come altri, un foglio al servizio di una fazione – per trascinarlo in una polemica che potrebbe apparire personale e suscitare l’idea che voglia strumentalizzare il mio giornale ad altri fini.
Ma una risposta la devo di fronte alla marea di fango che – come era prevedibile a pochi mesi dalle elezioni – comincia ad essere vomitata dai soliti noti, nella speranza di raggranellare qualche consenso in più, di acciuffare una improbabile rivincita rispetto alle brucianti sconfitte del passato, fidando nel noto aforisma volteriano: “Calunniate, calunniate, qualche cosa resterà”.
Non credo d’aver bisogno, davanti all’opinione pubblica, di giustificazioni di sorta; la mia storia personale e professionale parla da sola, così come sono risapute le iniziative che, nel corso degli anni, ricoprendo anche pubblici incarichi, grazie alla collaborazione di tanti amici che ringrazio, ho potuto realizzare per questa nostra città, e che eviterò di citare sia per buon gusto sia per non tediare chi legge.
Ma c’è sempre qualcuno che si diverte a fare i conti della serva; e, del resto, pure Giuda, il quale teneva la borsa degli apostoli, ebbe a che dire sui soldi “sprecati” dalla Maddalena, accampando la solita scusa dei “poveri” che, con quel denaro, avrebbero potuto essere aiutati. Per non farla lunga, ho avuto il torto di scrivere un libro. Veramente di libri ne ho pubblicati quattordici (e diverse centinaia tra articoli e saggi), ma l’impegno più arduo, costato anni di studio e di ricerche, è stato il volume scritto assieme ad Aurelio Giardina (che, anzi, ne è il primo firmatario), con la consulenza di Enzo Napoli e di Giuseppe Libero Bonanno, dal titolo “La città palmosa. Una storia di Castelvetrano”.
Visto l’enorme successo dell’opera, rapidamente esauritasi nella sua prima tiratura, l’Officina di Studi Medievali di Palermo ha proposto al Comune di curarne una riedizione e, a fronte del contributo ottenuto, ha consegnato all’Amministrazione 800 copie del volume che, oltre ad essere stato distribuito alle biblioteche e alle scuole, viene gratuitamente fornito a chi ne fa motivata richiesta.
Vorrei chiedere a qualche solerte psudo-moralista d’accatto – che anziché compiacersi per una attività di promozione culturale, non trova di meglio che stracciarsi le vesti – dove sarebbe il presunto conflitto d’interessi, attesa la totale estraneità del sottoscritto, come degli altri autori, da qualsivoglia implicazione economica. Né si tollera che io possa essere divenuto, concluso il mio mandato amministrativo, il presidente di una associazione che organizza un evento di altissimo spessore artistico-culturale, che coinvolge centinaia di giovani castelvetranesi, che richiama ogni anno migliaia di visitatori e per il quale il Comune ha continuato ad erogare lo stesso contributo degli anni precedenti, il cui utilizzo è documentato, con maniacale tracciabilità, fino all’ultimo centesimo, come ognuno può, sol che lo voglia, verificare in qualunque momento.
Perché dà tanto fastidio che questa associazione sia così cresciuta da organizzare non solo una grande rievocazione storica, riconosciuta come tale dal CERS (Consorzio Europeo Rievocazioni Storiche), ma anche una mostra permanente dei suoi splendidi costumi, un patrimonio idealmente donato, in tal modo, all’intera comunità; da creare, infine, il gruppo dei “Tamburi Aragonesi”, palestra formativa per decine di giovani, che hanno portato alto il nome della nostra città anche fuori dai confini della Sicilia? Spiace tanto che Rai Uno sia venuta a Castelvetrano, non già per parlare di mafia, ma per girare, coi nostri figuranti, una fiction per la nota trasmissione televisiva “A sua immagine”? Figuranti, sia detto alto e forte, sempre fieri e orgogliosi di appartenere a questa grande famiglia – così amano definirla – e non già “vittime”, come qualche disinformato provocatore, senza alcun riscontro, ha la sfacciataggine di dire.
La verità è che non si perdona, come dice il principe di Salina nel Gattopardo, il “vizio del fare”; che non si concepisce l’eventualità di potersi impegnare a favore della collettività in modo del tutto disinteressato, e da qui la volgarità di giudicare tutto e tutti secondo il proprio metro e dunque il pensare che qualcosa in pentola deve pur bollire: “cosa urdi”, dicevano i nostri nonni. Quando non si ha la possibilità di presentare all’opinione pubblica un bilancio decente della propria azione politica, passata e presente, scatta l’oscenità dell’insinuare sempre e comunque, entrando anche nella sfera personale, tradendo risentimento, invidia e rabbia a lungo repressa, scomodando anche i Santi, non riuscendo ad essere originali neppure nelle battute: davvero indignity!
Non è questo il modo in cui penso debba essere impostata la campagna elettorale che, invece, andrebbe condotta sul piano dialettico del confronto dei programmi, delle idee, degli intendimenti, nel rispetto dell’avversario e nella ricerca del bene comune che, come insegnava Rousseau, non è la somma degli egoismi particolari. Ci troviamo, invece, di fronte al non edificante spettacolo della calunnia eretta a sistema, dove le mezze verità sono le più clamorose bugie, quando si favoleggia, ad esempio, di chissà quali lauti compensi per consulenze effettivamente prestate, e si inventano dal nulla le cifre più inverosimili e si fa a gara a chi spara la balla più grossa.
Non c’è niente di scandaloso a retribuire le prestazioni intellettuali (e per ciò che mi riguarda, metto a disposizione di tutti il mio curriculum e, senza falsa modestia, sfido chiunque a contestare le mie competenze e la mia professionalità); senza dimenticare, tuttavia, l’impegno, la fatica, il tempo, tante volte profusi, in modo assolutamente volontario, per realizzare un progetto, per portare a termine una iniziativa, per assicurare un servizio in più alla città.
Se ho fatto per meno di un anno il consulente a 500€ al mese, l’ho anche fatto, per molto più tempo, a titolo affatto gratuito, senza ostentarlo o suonar la tromba. E visto che siamo in argomento, mi verrebbe da chiedere a qualche improvvisato giornalista – a cui non farebbe male qualche ripetizione di sintassi italiana – se è mai entrato nei locali dell’archivio storico e notarile, in via Garibaldi 18, se si è mai chiesto chi, come, quando, perché, con quali risorse, con quali mezzi, in quanto tempo è riuscito a riordinare una montagna di 10.000 (diconsi diecimila) volumi che giacevano all’acqua e al vento, sparsi nei vari magazzini comunali, dividendoli in fondi, ripartizioni, sezioni, indizioni, secoli, anni, autori, atti, minute e bastardelli, salvando da distruzione certa la memoria storica di questa città. Tale operazione, costata al Comune euro 0 (diconsi zero), ha permesso tra l’altro, dopo 100 anni, che si determinasse finalmente lo status giuridico dell’archivio, e ha riscosso l’apprezzamento della Soprintendenza Archivistica che ha consentito a Castelvetrano il privilegio (unico in Sicilia) di mantenere in loco le carte della sua storia e di non versarle, in deroga alla legge, nei fondi dell’Archivio di Stato.
Mi piacerebbe ancora che qualche indefesso fustigator di costumi si informasse presso gli operai del Comune se, per caso, conservano il ricordo di un certo assessore che ogni mattina li attendeva in magazzino per verificare, secondo le disposizioni del dirigente, l’andamento del loro lavoro, le condizioni del loro equipaggiamento, quello dei mezzi e delle attrezzature, restando molte volte in loro compagnia sino alla fine del turno. Come pure, sarebbe bene che i novelli Savonarola, girando per le strade di Castelvetrano, si interrogassero su chi, come, quando, perché, con quali risorse, con quali mezzi, in quanto tempo è riuscito a riordinare integralmente la toponomastica cittadina, quando una volta si sarebbe devoluto il tutto ad una pletorica e profumatamente pagata commissione ad acta. Sono solo esempi, fra le decine che potrei addurre non per vanagloria personale, ma a vergogna e disdoro di chi intinge la penna nell’acredine e nell’astio più becero e triviale, e fa della calunnia il suo pane quotidiano, incapace com’è di affrontare un dibattito sui contenuti e sulle idee.
Ma tant’è: c’è chi si è impegnato sul serio per questa città e c’è e chi vagheggia i tempi in cui si consentiva di costruire sulla battigia e le opere pubbliche si realizzavano nei plastici, come da Vespa, o si mandavano le ruspe ad abbattere le chiese, o si inauguravano per finta musei e teatri; c’è chi scrive libri e c’è chi sparge sterco col ventilatore. Per fortuna, contro questi ultimi, vale sempre il vecchio adagio popolare: raglio d’asino non sale in cielo!
View Comments
su alcune cose che esulano da questo articolo non la penso come lei, ma per il resto nulla da eccepire. Purtroppo di persone col cervello ad intermittenza ce ne sono tante!
caro francesco il clima preelettorale induce sempre più spesso qualcuno ad accendere micce sperando in qualche grande incendio, ma rimarrà deluso. Ricordati che la pazienza è la virtù dei forti e la compostezza quella dei giusti. Le persone come te, che contribuiscono con il loro sapere ed il loro lavoro a creare spesso qualcosa di positivo in questa città, hanno la mia profonda stima, amicizia e solidarietà.
Le esprimo, gentile professore, la mia totale solidarietà e mi compiaccio per la pacatezza e la puntualità della sua replica. Per formazione e cultura, non condivido molte delle sue idee, ma le riconosco onestà intellettuale e grande preparazione.
Spero solo che il clima preelettorale non si avvilisca in polemiche così miserevoli come quella a cui, in questi giorni, siamo costretti ad assistere, con incursioni anche nella sfera privata delle persone.
Caro professore, lei mi ha riempito le pagelle di quattro, ma ha anche riempito il mio cervello di strumenti di crescita; ed è l'unico dei miei insegnanti che ancora ricordo con ammirazione dopo tanti anni. Le esprimo pertanto tutta la mia solidarietà. Chi la conosce la apprezza e la apprezzerà sempre e non si lascerà impressionare dallo "sparlìo" così tipico, purtroppo, nella nostra città. Mi sembrava giusto tributarle questo pubblico attestato di stima, anche come segno di riconoscenza per tutto quello che lei, con grande dedizione, ha fatto per me e per i miei compagni.
Caro professore in questo paese chi dice la verità butta fango!!! Menomale che stiamo arrivando a Maggio, così le scorie vanno via !!!!!!!
In questo paese si fabbricano "verità" per sentito dire e, guarda caso, sempre a ridosso delle elezioni.
Esprimo tutta la mia solidarietà al prof. Calcara, anche per la puntualità e la compostezza della sua replica. Come sempre, lei ha risposto con inoppugnabili dati di fatto, laddove altri sono costretti a continuare ad azionare il ventilatore.