La parola “fine” alle battaglie di Pio La Torre e di Libera

Dunque il dono di Natale resterà sotto l’albero. La commissione bilancio della Camera ha respinto tutti gli emendamenti volti a neutralizzare lo sconcio del Senato: la scelta di mettere all’asta (e in certi casi di vendere perfino a trattativa privata) i beni confiscati alla mafia. La quale ringrazia e si agghinda per giungere alle aste con gli abiti della festa: “piccioli”, tanti piccioli in una mano, e minacce agli improvvidi concorrenti nell’altra.

Signori si scende. Si chiude un’epoca, da Pio La Torre al milione di firme raccolte da Libera per un uso sociale dei beni confiscati. Il quadro non si presta a equivoci. É la prima legge in materia di mafia che il governo sforna dopo gli avvertimenti che vengono dalle file di Cosa Nostra.

É la dimostrazione che non bisogna farsi intrappolare per tutti i mesi venturi dalle dichiarazioni di Spatuzza e far dipendere da quelle il giudizio sul governo. Il giudizio politico si dà prima di tutto sugli atti politici visibili. Che non sono gli arresti dei latitanti, da anni meritoriamente realizzati da magistratura e forze dell’ordine, indipendentemente dai governi. Ma sono le leggi. I comportamenti delle burocrazie e le circolari. Le dichiarazioni dei ministri e del presidente del consiglio. E quindi non bisogna mai smettere di ricordare le tre irrinunciabili questioni su cui, sin dalle stragi, Cosa Nostra ha chiesto impegni precisi ai suoi interlocutori (e di cui abbiamo saputo ben prima che Gaspare Spatuzza spuntasse all’or izzonte): confische dei beni, uso dei “pentiti” e carcere duro. Sulle confische dei beni, il più è fatto.

Basteranno tre mesi senza destinazione e via con l’asta. Fare scorrere quei tre mesi e poi piazzare sul mercato terre, immobili e imprese per la gioia del primo prestanome, sarà un gioco da ragazzi. Quanto ai pentiti, sta già dichiarando e chiedendo di cambiare la legge Umberto Bossi (è il vecchio consiglio di Vito Ciancimino: certe cose è meglio farle dire da altri). Sul carcere duro è in corso invece un’ambigua finzione: stabilizzato dalla legge ma svuotato dall’interno con ogni astuzia, stupidità o perfidia amministrativa. Su tutte e tre le “sue” questioni, insomma, Cosa Nostra va all’incasso. Pretende di “far cassa” con le aste anche lo Stato, a beneficio – si dice – di giustizia e sicurezza.

Ma è davvero questo lo scopo? Se lo fosse, tornerebbe sfrontatamente l’ar gomento dei “costi” economici della lotta alla mafia. Quanto costano le indagini, quanto le intercettazioni; quanto costa proteggere i collaboratori, quanto tenersi i beni. Un paese che ragiona così è un paese che si merita la mafia e forse in cuor suo la desidera. Ma il fatto è che lo stesso argomento del far cassa appare debole, debolissimo. I beni confiscati servono già ora a farci caserme (quanto costano allo Stato i terreni e gli immobili per le nuove?) a farci scuole o pensionati studenteschi (idem), a promuovere iniziative economiche dove non c’è lavoro legale (quanto costa il “t ra t – tamento” della devianza sociale? E quanto la disoccupazione?).

Alla fine si scoprirà che l’operazione è in perdita, che il far “cassa” per la giustizia è un gioco di prestigio utile a occultare l’altro, più pericoloso gioco che si sta conducendo con un occhio a Torino e l’altro a Palermo. Quanto alle forze dell’ordine e ai magistrati, prendano pure i latitanti. Tanto non ci vorrà molto a tagliar loro le unghie investigative – dalle intercettazioni ai pentiti, dalla tracciabilità dei movimenti di capitali fino alla benzina – e, naturalmente, a render loro impossibile fare i processi. No, non diventeremo Spatuzza- dipendenti. Non dipenderemo dalle parole di un pluriomicida che ci giungono dai doppifondi della storia. Dipenderemo anzitutto, come è giusto, dagli atti dei galantuomini che governano il paese. Quelli ufficiali. Se poi Spatuzza ha messo l’autobomba per far saltare Borsellino e loro diciassette anni dopo fanno saltare le leggi che Borsellino, Falcone e altri hanno chiesto fino a morirne, questa non è colpa nostra. Noi arbitrariamente, e semplicemente, la chiamiamo trattativa.

Nando Dalla Chiesa

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  • Un segnale e poi uno contrario. Gli arresti (ad orologeria?) di Fidanzati e Nicchi e poi la vendita, per legge, dopo tre mesi dei beni confiscati alla mafia.
    Un colpo al cerchio ed uno alla botte.
    Io poi trovo questo video di Genchi: http://www.youtube.com/watch?v=cfZ13mvOXjw ...ogniuno tiri le proprie conclusioni.

    Dedicato con amicizia a Giovanni Caime, con collegamento incluso per non perdere il filo.
    https://www.castelvetranoselinunte.it/anche-a-castelvetrano-prende-vita-il-gruppo-pdl-sicilia/3613/

  • “Il governo antimafioso dello Scudo Fiscale che permette il rientro dei capitali mafiosi. Se ci pensate ha un senso. Il capitale mafioso rientra in Italia per comprare i beni mafiosi confiscati. Tutto torna. ( Don Ciotti )

    E’ il caso di dirlo: proprio nel momento in cui le Mafie sembrano più in difficoltà, si sceglie un inammissibile "calo di guardia" nei confronti del fenomeno criminale mafioso.
    Questa è l’ennesima truffa di uno stato che mostra i muscoli verso i giovani’,le cooperative,le associazioni,la società responsabile,l’antimafia..Nonostante gli emendamenti, nonostante gli appelli bipartisan, da domani la finanziaria sarà alla Camera dei deputati per essere approvata con il voto di fiducia, così come è stata già approvata in Commissione Bilancio. Resta quindi l’emendamento che prevede la vendita dei beni confiscati. Noi ci abbiamo messo la faccia e l’impegno.

    Per Libera Presidio di Libera “ Salvatore e Giuseppe Asta “

    Garofalo Francesco

  • A correzione : Presidio di Libera Castelvetrano " Salvatore e Giuseppe Asta "

    Garofalo Francesco

  • Le politiche di questo governo dimostrano una pericolosa ambiguità di fondo:da un lato si dice che lo stato,mai come in questo utimi anni,ha dato uno scossone,decapitando le cosche,dall'altro riconsegna alle stesse i beni confiscati.I boss continuano dal carcere a impartire comandi e se c'è uno strumento per colpirli nel profondo questo è la legge 109.Togliere loro la "terra" dunque negare loro postazioni patrimoniali,li rende meno potenti poichè sfilaccia i legami con il territorio. Mettere in crisi o peggio mortificare questo importante strumento legislativo,che ha dato buoni frutti,vuol dire negare volutamente il lavoro di magistrati e di onesti operatori della giustizia e contemporaneamente vanificare lo sforzo di Pio La Torre,segretario regionale comunista ucciso su mandato di Totò Riina proprio in virtù della sua legge attinente alla confisca dei beni ai mafiosi.

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