Cronaca

L’architetto, il tecnico radiologo e il giovane: i profili di chi aiutava il boss

Parentela di “peso” quella dei Gentile (l’architetto arrestato è cugino di Salvatore Gentile, condannato all’ergastolo e marito di Laura Bonafede) e il doppio rapporto di Sino Leone col cognato Massimo Gentile (la sorella dell’architetto ha sposato Leone) da un lato e l’amicizia con Andrea Bonafede junior dall’altro. Infine Leo Gulotta, terza pedina della rete segreta che aiutava il latitante Matteo Messina Denaro svelata ieri dai pm: agli occhi di tutti un giovane come tanti che andava in campagna, la vicinanza con i Luppino (papà autista del boss e i figli Vincenzo e Antonino tutti finiti in carcere) e apparentemente una vita normale. È Gulotta che dal 2007 al 2017 ha “prestato” il proprio numero di telefono a Messina Denaro che l’ha indicato nei documenti della concessionaria d’auto e dell’assicurazione. Ecco chi sono i tre che ieri sono finiti in carcere perché avrebbe aiutato il boss latitante a vivere da invisibile, a godersi la bella vita e a curarsi dopo aver scoperto il tumore al colon. Tre insospettabili che, in effetti, si sarebbero messi “a disposizione” del boss.

A partire dall’architetto Massimo Gentile, dal 2016 sospeso dall’Ordine degli architetti e dal 2019 assunto al Comune di Limbiate in area tecnica. Con Campobello Gentile ha mantenuto solide radici, coltivando rapporti e tornando per le vacanze. Prima di emigrare al Nord ha pure gestito un ristorante sul lungomare di Mazara del Vallo e ha lavorato presso la ditta di Laura Chiana, moglie di Andrea Bonafede junior. Le moto enduro la sua passione. La stessa, quella per le due ruote di grossa cilindrata, che aveva il boss latitante. È Gentile, infatti, che nel 2007 compra coi suoi documenti una moto Bmw, ma nel 2008, cioè un anno dopo, ne compra un’altra, sempre Bmw. Per gli investigatori la prima moto sarebbe per Matteo Messina Denaro. Il boss latitante ha la carta d’identità di Gentile falsificata. Vuole un’auto e con quei documenti nel 2014 la compra a Palermo dopo essersi recato in banca per farsi staccare un assegno circolare. Al concessionario indica un numero di telefono per le comunicazioni: è quello di Leo Gulotta, lo stesso, in effetti, che indica già nel 2007 per l’assicurazione della moto.

Nelle triangolazioni dei rapporti ci sono sempre in mezzo i Bonafede: Laura, i cugini Bonafede (junior e senior) e adesso Massimo Gentile e Cosimo Leone «hanno fatto parte di quella “cellula” organizzata fondata sulla inossidabile omertà, il più riservato e fedele circuito associativo ruotante intorno alla carismatica figura del Matteo Messina Denaro», scrive il gip Alfredo Montalto.

Il tecnico radiologo Cosimo Leone è l’altra pedina importante nella rete d’aiuto al boss, perché lavora in ambiente sanitario e Messina Denaro, dopo aver scoperto il tumore, ne ha bisogno. Leone è legato da una consolidata amicizia con Andrea Bonafede junior, le famiglie si frequentano e lui lavora nel reparto di Radiologia dell’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo. Bonafede junior, dipendente del Comune di Campobello di Mazara, accompagna il boss nelle visite mediche a Trapani e a Mazara del Vallo. Il periodo è quello del Covid e negli ospedali è difficile entrare cose e persone. Il boss ha bisogno di una Tac ed è Leone che si muove per far anticipare di due volte la data, facendosi cambiare turno di lavoro per essere presente all’esame. Ma si attiva pure a far arrivare in reparto un telefonino con una nuova sim al latitante che gli ha dato l’amico Bonafede e a recuperare il cd dell’esame diagnostico. Insomma aiuta e non parla, neanche quando il boss finisce in manette. E non parlano neanche gli altri per i quali i pm hanno chiesto e ottenuto il carcere. «Totale omertà – scrivono i pm – che, ancora oggi, a distanza dì pochi mesi dalla morte del capo mafia, avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura».

Published by
Max Firreri