Giornata di RiposoDi domenica, fino a non molto tempo fa, i negozi e i centri commerciali rimanevano chiusi.
Questa consuetudine è ancora in uso nella maggioranza dei comuni d’Italia, ad eccezione di quelli che abbiano ottenuto lo status di comune ad economia prevalentemente turistica e “Castelvetrano-Selinunte” è uno di quelli.

Certo, qualcuno obietterà che i turisti in giro per Castelvetrano, soprattutto lontano dalla stagione estiva, non si vedono neanche in cartolina, ma non importa; lo status di città a vocazione turistica è stato ottenuto ed esteso a più di dieci chilometri di distanza dal parco archeologico, per cui è possibile sfruttarlo.

In questo caso infatti è previsto che il comune stesso, in concertazione con le associazioni sindacali dei lavoratori, le associazioni dei consumatori e le organizzazioni delle imprese del commercio più rappresentative, possa andare in deroga alla legge Bersani del 1998, stabilendo autonomamente le aperture domenicali.

A Castelvetrano, un’ordinanza ha portato le “domeniche aperte” a 44. Considerando che in un anno ce ne sono circa 48, il tutto assume le caratteristiche di una vera rivoluzione commerciale.
Dal comparto ci si aspetterebbe quindi un aumento di stipendi e di posti di lavoro, ma le paghe sono sempre le stesse e, al posto di aumentare il personale per far fronte alle turnazioni, stranamente si assiste addirittura ad alcuni licenziamenti.
A parte il centro commerciale Belicittà, nato già con una struttura di personale adatto a turnazioni per orario continuato e aperture festive, gli altri centri sembrano sostenere le aperture domenicali quasi per magia.
Ma il trucco c’è e come sempre non si vede: sono gli impiegati. Su di loro grava infatti la scelta di stare aperti la domenica e spesso, non essendo previste le turnazioni, viene loro tolto l’unico giorno di riposo che hanno, appunto la domenica.


Alessandra Cascio, Consigliere comunale di AN, propone di chiudere il lunedì, sottolineando il vantaggio per l’azienda di non pagare il lavoro domenicale come straordinario e quello dell’impiegato, di avere “un giorno a disposizione da potere dedicare alla famiglia”.
Non occorre però perdere di vista che il giorno di riposo settimanale è un diritto costituzionalmente garantito ed irrinunciabile. Si tratta di uno stacco di 24 ore consecutive alla settimana che, se non fruite, danno diritto al riposo compensativo. Ma il riposo, che spetta di diritto, non può essere certo considerato oggetto di mediazione.
Chiudendo il lunedì, l’azienda non pagherebbe il lavoro domenicale come straordinario, ma sarebbe costretta a pagarlo come festivo, ovvero corrispondendo al dipendente il 30% in più.
Inoltre, si lavorerebbe 6 giorni a settimana (da martedì a domenica) per un totale di 48 ore per dipendente, anche se il Contratto Nazionale del Lavoro (settore commercio) prevede un massimo di 40 ore settimanali, per cui ne avanzerebbero 8, che dovrebbero essere pagate come straordinario o essere “recuperate” con due mezze giornate libere.
Se poi consideriamo che l’impiegato ha diritto a 26 giorni lavorativi di ferie all’anno, più i permessi, la tredicesima e, in taluni casi anche la quattordicesima, diventa chiaro che le aziende che non hanno la necessaria “forza lavoro” dovrebbero assumere del personale in più. Invece non solo non ci sono assunzioni, ma il segretario della locale Cisl Vincenzo Armato conferma anche alcuni licenziamenti.

Spesso la realtà è diversa da come la si rappresenta e a volte è fatta di consuetudini che poco hanno a che fare con i diritti dei lavoratori.
L’anno scorso infatti, stare aperti per tutto il mese di dicembre ha comportato per molti impiegati un “riposo” complessivo di soli tre giorni: le feste di Natale, di S.Stefano e dell’Immacolata.
Certo, i dati non sono confermati ed è naturale che non lo siano, anche perché gli unici in grado di confermarli sarebbero gli stessi dipendenti che, temendo di perdere il proprio posto di lavoro, sono costretti a subire sulla loro pelle, politiche commerciali più grandi di loro. Non meraviglia poi più di tanto se le aperture domenicali non trovano d’accordo gli impiegati. Molto semplicemente, se non vogliono lavorare di domenica, non è perché siano in disaccordo nella scelta del giorno di riposo settimanale, ma perché alla fine si tratterebbe di lavorare un giorno in più, rinunciando ancora una volta ai propri diritti, spesso calpestati nel nome di un’economia della quale purtroppo faticano a far parte.

Egidio Morici per “L’isola”
quindicinale di informazione per la provincia di Trapani

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