Intorno agli anni ’40, le mutande per uomo e per donna erano fatti di tela di cotone ed avevano la forma di pantaloncini. Per questo motivo erano chiamati “causi di tila”. Molte massaie erano in grado di cucirli, per questo si recavano dal “panneri” a comprare del “matapollu” e se li confezionavano.
Per le mutande femminili, c’è da aggiungere un particolare: si reggevano e non cadevano perché legate al cinto con quattro “curdedda” (lacci); due partivano da dietro e si legavano “a scocca” davanti e due in senso inverso. Forse questa eccessiva sicurezza rappresentava un simbolo di garanzia per mantenere integra l’onorabilità femminile.
“Lu muccaturi” (dal francese mouchoir), era chiamato così il fazzoletto dei vecchi tempi: molto largo, dai colori chiassosi spesso a riquadri. Oggi questo nome è scomparso assieme all’uso che se ne faceva e, purtroppo, alle persone che l’hanno usato.
Il suo uso non era limitato solo per asciugare il naso. Le nostre nonne, quando dovevano fare una piccola spesa, o un regalino ai nipotini, uscivano dalla tasca il muccaturi, avvolto e assicurato da un nodo, e prelevavano dal gruzzoletto, qui conservato, qualche soldino. Se un nostro nonno, aveva “lu coccio di la litura” (era andato a scuola) e aveva bisogno degli occhiali per leggere oppure aveva bisogno di portare in tasca ad esempio delle mandorle, allora il fazzoletto diventava porta occhiali o contenitore porta oggetti. Oggi questo nome è scomparso assieme all’uso che se ne faceva e, purtroppo, alle persone che l’hanno usato.
“La pacchiana” era la camicia da notte, detta così, perché di fattura molto larga. Pacchiana, infatti, era considerata la donna grassa.
VITO MARINO
AUTORE. Vito Marino