Ricordo che negli anni ‘70, alla televisione, il noto scienziato italiano Enrico Medi, morto a Roma nel 1974, dimostrava l’esistenza di Dio attraverso le meraviglie della nostra mano dalle dita snodate che si adattano a mille usi.
Nella vecchia civiltà contadina, scomparsa intorno agli anni ’50, i calli nelle mani davano, in caso di richiesta di matrimonio, una certa garanzia sull’onestà e laboriosità del futuro sposo.
Ancora ai giorni nostri la mano serve per insegnare ai bambini i primi elementi di matematica.
A proposito delle dita della mano, ricordo un gioco che mia nonna faceva per tenermi buono:
– “Chista è la funtanedda” (il palmo della mano) – “chistu è l’acidduzzu” (e chiudeva il mignolo) – “chistu l’acchiappa” (anulare) – “chistu l’ammazza” (medio) – “chistu lu coci” (indice) – “e chistu si lu mancia” (pollice).
Evidentemente questo giochino non era limitato alla nostra tradizione, poiché l’ho rinvenuto anche in Sardegna sotto forma di cantilena e con il titolo di Pimpirineddu:
– Custu è cussu chi si nara proccu (Questo è quello che si chiama porco – e si toccava il pollice)
– E custu è cussu chi l’ha mottu (e questo è quello che l’ha ucciso – si toccava l’indice)
– E custu è cussu chi l’ada usciadu(e questo è quello che l’ha cucinato – si toccava il medio)
– E custu è cussu chi si l’à mandigadu (e questo è quello che se l’ha mangiato – si toccava l’anulare)
– E a Pimpirineddu chi è pitichereddu non de l’ana lassadu! (e a Pimpirineddu, che è piccolino non gliene ha lasciato – si toccava il mignolo).
La storiella dell’”acidduzzu” e del “proccu”, che lasciano nei bambini un amaro in bocca, serviva anche per prepararli alle delusioni da provare nella vita quotidiana, dove c’è sempre qualcuno che approfitta di determinate situazioni, mentre qualcun altro ne rimane escluso.
Quando i miei figli andavano alla scuola elementare hanno imparato questa poesia, che aveva lo scopo didattico di insegnare loro i nomi delle dita della mano.
– Questo è il signor pollice grassoccio e posa piano
– Questo è il signor indice che segna da lontano
– Il medio si presenta di massima statura
– L’anulare porta l’anello su misura
– Il mignolo, guardatelo, è magro, piccino, è lungo quanto il naso del suo padroncin.
Quando ero bambino ho incominciato a conoscere i veri nomi delle dita della mano a scuola; infatti, nella lingua parlata dai nostri nonni, le dita della mano non avevano un nome proprio; per distinguerli fra di loro portavano una elementare terminologia:
– “Lu iritu grossu” = pollice.
– “Lu primu iritu di la manu” = indice.
– “Lu iritu di mmezzu” = medio.
– “Lu iritu di l’aneddu” = anulare.
– “Lu iritu nicu” o “lu iriteddu di la manu” = mignolo.
Baciamu li manu a tutti!
Vito Marino
AUTORE. Vito Marino