L’Islam e le scomode verità

Se il nostro fosse un Paese normale, o meglio una Nazione con una sua precisa identità, certi fatti starebbero su tutti i sussidiari delle elementari e imparati a memoria sin dalla tenera età. E, invece, abbiamo dovuto attendere che fossero tre Papi stranieri (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco) a illuminarci sui fatti di Otranto.

Erano ottocento le persone che furono barbaramente uccise dai musulmani, in quella città, avamposto d’Italia, nell’agosto del 1480. Tutta la popolazione – con l’esclusione delle donne e dei bambini, fatti schiavi – fu sottoposta a una crudele alternativa: o l’abiura del cristianesimo, o la morte. Il sacrificio collettivo di questi martiri, di cui, tranne uno, non conosciamo neppure i nomi, smosse l’animo di alcuni aguzzini che, convertitisi, furono immediatamente, anch’essi, mandati al patibolo. I martiri di Otranto sono tornati alla ribalta, nonostante un certo imbarazzo dei media politicamente corretti, poiché essi sono stati recentemente canonizzati da Papa Francesco, che, nell’occasione, ha richiamato la difficile condizione nella quale, ancora oggi, sono costrette a vivere le minoranze cristiane, soprattutto in alcuni paesi a maggioranza islamica. Il fatto è che non si può essere dialoganti ad ogni costo e che, ogni tanto, conviene ricordare cha la principale missione della Chiesa è quella di predicare, cioè di convertire.

Ma oggi il politicamente corretto ci impone di essere “aperti” a casa nostra e di chiudere gli occhi su quel che succede a casa loro, in tema di libertà religiosa e di rispetto dei diritti umani. Il conformismo impera anche sui libri di scuola, come ho avuto modo di appurare, tra l’altro, scorrendo il testo di storia dei miei studenti, allo Scientifico. Parlando dell’Islam, ad esempio, esso sostiene che il velo alle donne non è un obbligo coranico e, dunque (notate la finezza del ragionamento!), non è vero che quella religione predica la discriminazione femminile, come se fosse il velo a fare la differenza e non tutto quello che è scritto nelle sure dettate da Maometto. Valga per tutte la sura IV, detta al-Nisā (delle donne), la quale al versetto 34 così recita: Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato.

Ammonite quelle di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande. E ancora, nel versetto 228 della sura II leggiamo: Le donne divorziate osservino un ritiro della durata di tre cicli, e non è loro permesso nascondere quello che Allah ha creato nei loro ventri, se credono in Allah e nell’Ultimo Giorno. E i loro sposi avranno priorità se, volendosi riconciliare, le riprenderanno durante questo periodo. Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle buone consuetudini, ma gli uomini sono superiori. Allah è potente, è saggio. Benissimo, dunque Dio non ha comandato alle donne di portare il velo, ma in compenso ha comandato loro di obbedire agli uomini e a questi di batterle!

Passando poi all’espansionismo musulmano, l’ineffabile autore dice che in fondo esso fu un bene, che in Sicilia, tutto sommato, i cristiani erano felici di pagare una tassa per professare la loro religione e che (addirittura !) era loro consentito anche di poter lavorare.

Da siffatti manuali apprendiamo poi che, mentre l’Europa gemeva nell’oscura barbarie, la civiltà araba era nello splendore. Dai numeri “arabi” ai logaritmi, tutto quel che comincia per al- (algebra, alchimia, alcool, albicocca…) lo dobbiamo all’Islam. Non solo: dato il millenario contrasto tra Roma e Bisanzio, gli europei poterono conoscere l’antica sapienza greca solo ritraducendola dall’arabo. Qualche anno fa, un libro di Sylvain Gouguenheim, docente di storia medievale all’Ecole Normale Supérieure di Lione (Aristote au mont Saint-Michel: les racines grecques de l’Europe chrétienne, ed. Seuil), ha però ribaltato tutto: fu la presa di Costantinopoli nel 1453 da parte dei turchi a far fuggire in Europa una valanga di intellettuali greci, che fecero conoscere i classici al mondo latino. Il libro ha creato scalpore perché contesta l’idea che si debba moltissimo all’Islam, sostenendo che, invece, non gli si debba proprio niente.

Al di là dello scandalo mediatico (l’autore è stato sottoposto in Francia a una specie di linciaggio politically correct), il filosofo francese Rémi Brague ha cercato di riequilibrare il giudizio (in un saggio tradotto da A. M. Brogi per «Vita e Pensiero», gennaio 2009). In effetti, c’è ancora chi pensa che la prima università al mondo sia stata quella di Fez, la Qarawiyin, fondata nell’859 (dunque, le università non sarebbero un’invenzione della Chiesa). In realtà era una cosiddetta moschea “generale” (jâmi’a: termine che designa, sì, le università nel mondo islamico, ma solo nell’evo contemporaneo) e vi si insegnava l’esegesi coranica, le tradizioni sul Profeta, il diritto islamico (fiqh) e quel tanto di “scienza” che serviva a calcolare i nomi di Allah e la direzione della Mecca. Una leggenda da sfatare riguarda la famosa «casa della sapienza» di Baghdad (IX secolo): i traduttori dei testi greci in arabo erano quasi tutti cristiani nestoriani ed essa era «innanzitutto per uso interno, per la precisione una sorta di fucina di propaganda a favore della dottrina politica e religiosa sostenuta dai califfi dell’epoca, in particolare il mu’tazilismo».

Un altro mito concerne l’iberico Al-andalus, mito nato più che altro per astio antispagnolo. «Si è cominciato con la “leggenda nera” sulla conquista del Nuovo Mondo. Diffusa dagli scrivani al soldo dei concorrenti commerciali di spagnoli e portoghesi, tra cui la Francia, consentiva loro di legittimare la pirateria di Stato (detta “guerra corsara”)». Per quanto riguarda la dominazione musulmana in terra iberica, il mitico Al-andalus, più che una coesistenza armoniosa «era un sistema paragonabile all’apartheid sudafricano», a tutto danno di ebrei e cristiani. La prima traduzione in latino del Corano la fece Pietro il Venerabile, abate di Cluny, nel XII secolo, ma si dovette attendere il XV e il cardinale Nicolò Cusano perché quel testo fosse studiato (e l’avvento della stampa, un secolo dopo, perché fosse conosciuto). Dunque, scarsa o nessuna “osmosi” tra le due culture. Le arti visive (pittura e scultura) del mondo greco transitarono in Europa senza intermediazione araba, perché l’islam vietava le immagini (anzi, l’eresia iconoclasta nel mondo bizantino fu dovuta al “contagio” della fortissima pressione islamica). Dice Brague che «dell’eredità greca è passato attraverso l’arabo solo ciò che riguardava il sapere in matematica, medicina, farmacopea eccetera. In filosofia (…) solo Aristotele e i suoi commentatori». Ma tutto il resto dovette attendere i «manoscritti importati dagli eruditi bizantini che fuggivano dalla conquista turca».

E «tutto il resto è nientemeno che la letteratura greca»: Omero, Esiodo, Pindaro, Eschilo, Sofocle, Euripide, Erodoto, Tucidide, Polibio, Epicuro, Platone, Plotino, Ermete Trismegisto, «arrivati da Costantinopoli alla Firenze dei Medici, dove Marsilio Ficino tradusse in latino tutte le loro opere». I passaggi precedenti non sono che «una goccia d’acqua in confronto all’inondazione rovesciatasi sull’Europa a partire dal XV secolo. Essa ha riguardato tutto ciò che era disponibile in greco. E’ sfociata in una vera ellenomania durata parecchi secoli, dal Rinascimento italiano agli umanesimi e classicismi di tutta Europa». Ancora: «L’ellenismo in terra d’islam ha riguardato solo individui come i “filosofi” (falâsifa), intellettualmente dei geni ma socialmente dei dilettanti privi di collegamenti istituzionali. Solamente in Europa ha assunto la forma di fenomeno». Di più: «Solo in Europa si è imparato il greco in maniera sistematica» e lo si è fatto diventare addirittura «materia obbligatoria nell’insegnamento secondario».

Del resto, non ci si può appropriare del sapere senza prima esserne divenuti capaci, senza essersi resi ricettivi in tal senso, cosa che l’Europa fece (rinascita giuridica, sulla scia della Lotta per le Investiture; rinascita letteraria con San Bernardo, filosofica con Sant’Anselmo, riscoperta del diritto romano grazie alla Chiesa): «lo dimostra la stessa ricezione di Averroè». Infatti, «dopo la caduta degli Almohadi ai quali era stato legato, il suo ambiente d’origine lo dimenticò in fretta» ma «l’Occidente ha raccolto quel gioiello dalle “pattumiere” dell’islam». Brague si chiede infine se, in ogni caso, sia davvero giusto parlare di “debito”. L’Europa ha ricevuto dalla Cina la seta, il tè, la porcellana e la carta (quest’ultima attraverso il mondo arabo, come i numeri e lo zero, nati in India), e dalle Americhe il granturco, il tabacco, il cioccolato. Ma «nessuno si sognerebbe di dire che abbiamo un debito nei confronti degli aztechi, e tanto meno che dobbiamo parlare con infinito rispetto dei sacrifici umani che praticavano, per il solo fatto che mangiamo i pomodori». Insomma, non è vero che la civiltà occidentale non deve nulla a quella islamica.

È anche vero, tuttavia, che non le deve granché. Solo che, con l’aria che tira, non è politicamente corretto dirlo, e i manuali si adeguano! Ecco perché anche il bellissimo film di Renzo Martinelli, 11 Settembre 1683, che narra della battaglia, combattuta da Sobieski davanti alle mura di Vienna, che fermò l’avanzata musulmana in Europa, è stato giudicato “pericoloso”, e sostanzialmente boicottato, poiché la verità è sempre scomoda e ci costringe a fare un riesame della nostra storia. Contrasta con la vulgata che ci ha nutrito fin dall’infanzia, ci mette in discussione e ci interroga, e la cosa più pericolosa è che ci fa pensare con la nostra testa. Magari ci spinge a rinnegare le nostre convinzioni, sapientemente costruite e cuciteci addosso dalla cultura dominante e dai media.

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  • Chissà perché, ma dopo aver letto il pezzo di F.S.Calcara mi é tornata in mente una massima dei padri costituenti americani: 'Una religione, un problema', 2 religioni, grosso problema, tante religioni nessun problema!'

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