Non ci sono più i fuochi ma si sente l’odore acre di bruciato. Tutt’intorno cenere e distruzione per colpa della mano dell’uomo. È una giornata di sole alla Riserva dello Zingaro dove la natura piange in silenzio dopo che le fiamme hanno travolto ciò che incontravano.

«Quando lo scirocco soffia è difficile che riesci a fermarlo» spiega Vito Impiccichè, anziano forestale di Custonaci. Quella notte lui era lì, insieme ai suoi compagni, a cercare di fermare il fuoco: «Abbiamo fatto il possibile ma non ci siamo riusciti» dice con amarezza mentre guarda la montagna nera. Tra i sentieri alti dello Zingaro, dopo le fiamme di sabato scorso, è la prima volta che gli uomini dell’Ispettorato ripartimentale di Trapani mettono piede per iniziare a stimare i danni. Un viaggio nel cuore della prima Riserva istituita in Sicilia per metà oggi ridotta a cenere.

Impiccichè la conosce come le sue tasche. La via dei marmi, ufficialmente chiusa al traffico, conduce nell’inferno. «Uno dei quattro fuochi è stato appiccato proprio all’inizio di questa strada – spiega Nicola Cardile, commissario a capo del distaccamento di Castellammare del Golfo – poi le fiamme, spinte dal vento di scirocco, sono salite verso monte Speziale, entrando dentro la Riserva». A sinistra la montagna è nera, a destra monte Sparacio è devastato.

Foto di Max Firreri

Due incendi in due settimane per colpire la Riserva. «Chi ha agito l’ha fatto con matematica certezza» racconta il commissario Cardile. La scelta della giornata ventosa, i punti scelti. I primi fuochi, quindici giorni fa, appiccati sul versante nord della Riserva, nei pressi di Baglio La Porta. «Le fiamme hanno investito e ridotto a cenere il sughereto, le palme nane, per poi arrivare a ridosso del villaggio Calampiso» dice Vito Impiccichè. Ore di terrore, quando i turisti furono fatti evacuare dal mare. Oggi tutto è tornato alla normalità ma la montagna è rimasta bruciata. «Con quell’incendio capimmo subito che la strategia era del terrore» racconta Nicola Cardile. Dopo una settimana l’altro attacco alla Riserva, sempre in una giornata di scirocco.

Il fuoco appiccato in quattro punti e il fronte che è iniziato a salire. Anche da Cava Pellegrino, a ridosso della frazione di Castelluzzo, per poi finire sul versante nord (quello visibile dal Palermitano) ed est, sino alle porte di Scopello. Marcato Ficara è quasi a 600 metri d’altezza ed è una delle entrate di servizio nella Riserva. Le palme nane sono scheletri neri, l’ampelodesma è cenere che il vento fa fatica a spazzare via. Il bosco Scardina è l’oasi verde che si incontra lungo la trazzera. Le fiamme lo hanno solamente ferito.

di Max Firreri per Giornale di Sicilia

Foto di Max Firreri

foto di Alessandro Trapani

 

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