Petra Reski, Miglior Giornalista del 2008 nella categoria “reporter” in Germania, autrice di varie pubblicazioni anche in Italia, tra cui “Santa Mafia” (Nuovi Mondi, 2009) e “Sulla strada per Corleone” (Edizioni Ambiente, 2011). Si occupa di mafia sin dai tempi del maxi-processo di Palermo, collaborando con varie testate tedesche come Die Zeit, Geo, Focus, Merian. Da anni impegnata nel descrivere come le mafie non siano soltanto un problema italiano ma anche tedesco.

In Germania la mafia viene percepita in modo diverso rispetto all’Italia?
La mafia è sempre considerata un problema degli altri. Per i tedeschi è un problema italiano, per gli italiani è un problema delle regioni del sud; magari qualcuno da Palermo dice che la mafia è a Trapani. È una rimozione a carattere globale, spesso aiutata dai mass media e dalla politica. Purtroppo in Germania non c’è alcun interesse a toccare questo tasto. I cittadini tedeschi, da questo punto di vista, si trovano in un sonno profondo che le istituzioni non hanno nessuna voglia di interrompere. Anche lì la mafia non potrebbe vivere senza il sostegno di certa politica. E anche lì non è affatto un corpo estraneo. Dai rapporti della Polizia Federale e dalle informazioni della magistratura, appaiono subito evidenti i collegamenti con un impressionante numero di cittadini tedeschi: commercialisti, avvocati, prestanome e politici.
Dopo la strage di Duisburg, la presenza della mafia è stata largamente documentata da tanti atti; è un fatto, un dato certo. Eppure, a due anni di distanza, il Ministero dell’Interno ha dato delle risposte negazioniste, come avveniva negli anni ‘70 in Sicilia, dicendo che la presenza della mafia non può essere confermata.

Una mafia derubricata a mero problema di pubblica sicurezza?
Assolutamente si. Viene presentato solo il suo aspetto militare. I cittadini tedeschi hanno ancora una visione folcloristica della mafia, senza una corretta informazione sulle implicazioni politiche e sociali. È un’anestesia voluta dal potere, forse nel rozzo tentativo di rassicurare la gente. Ma si tenta di non parlarne anche per altri motivi: non dimentichiamo che nella ricostruzione della Germania dell’est ci sono tanti investimenti della ‘ndrangheta, ma anche della Camorra e di Cosa nostra. Anche da questo si capisce quanto possa far comodo ridurre la mafia al solo problema di ordine pubblico.

Come giudica la nascita della nuova commissione Parlamentare Antimafia Europea?
Una cosa ottima. Sonia Alfano ha fatto un grandissimo lavoro. Fin quando un cittadino inglese, francese, tedesco, continuerà a pensare che la mafia sia un problema solo italiano, le possibilità di combatterla efficacemente saranno molto ridotte. Una commissione di questo tipo sarebbe dovuta esserci da tempo e, se non ci fosse stata Sonia Alfano, forse non sarebbe mai nata. E’ un buon punto di partenza, impreziosito dalle competenze di validi magistrati italiani come Scarpinato, Gratteri e Ingroia.

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