Che differenze ci sono tra il giornalismo italiano e quello tedesco, nel trattare l’argomento mafia?
Ci sono in Italia, tanti giornalisti e collaboratori coraggiosi che alla fine fanno una sorta di servizio sociale, perché non hanno sufficienti tutele, non vengono pagati, ma sono loro che fanno le inchieste e portano alla luce fatti che diversamente rimarrebbero nell’ombra. Molto interessante, per esempio, il lavoro di Alberto Spampinato (fratello di Giovanni, il giornalista ucciso dalla mafia nel 1972, nda) con l’Osservatorio sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza. Mi ha colpito molto la sua denuncia sulla presenza dei tanti giornali che, ancora oggi, fanno da megafono ai boss e solo in pochi hanno il coraggio di distinguersi da una maggioranza silenziosa.
Però posso dire che la tendenza al rimosso è presente in Germania molto più che in Italia. Basta pensare al settimanale Der Spiegel, che si è vantato di avere tra i suoi collaboratori persone come Francesco Sbano, fotografo calabrese residente ad Amburgo, artefice del successo delle canzoni di ‘ndrangheta. Insomma, un’operazione tesa da un lato a trasformare in folclore tipicamente italiano un fenomeno così complesso e dall’altro a fare business con cd musicali in cui è possibile ascoltare brani discutibili come “Cu sgarra paga”, “Appartegnu all’onorata”, o “La me galera”. E stiamo parlando di Der Spiegel, non di un giornalino di quartiere.
Come vede, il lavoro da fare è ancora tanto. E certamente non può essere delegato alla sola magistratura e alle sentenze definitive.
Egidio Morici intervista Petra Reski
Venezia, 21/05/2012
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