Nessun progetto di ricostruzione del Tempio G

A Selinunte dal 21 al 23 ottobre (con introduzione dei lavori il 20 a Castelvetrano) si è tenuto il convegno «Selinus 2011. Restauri dell’antico. Ricerche ed esperienze nel Mediterraneo di età greca».

Peccato che, nonostante l’eccezionalità dell’evento, ne siano stati relegati in secondo piano i reali contenuti e finalità. A rimbalzare con più rumore, infatti, è stata la notizia, falsata, secondo cui esisterebbe un progetto di ricostruzione del tempio G di Selinunte, tra i più grandi santuari di tutto il mondo greco, iniziato a costruire intorno al 530 a.C., ma crollato dopo un sisma quando non era stato ancora completato. Come se l’intero convegno (nonostante nel titolo non vi si faccia cenno) si fosse incentrato sul dibattito intorno a quest’ipotesi. Non che i politici isolani non ci avessero fatto un pensiero.

A fine agosto, a rilanciare l’idea (invero periodicamente ricorrente negli studi selinuntini), entusiasticamente abbracciata dal governatore Lombardo (e subito stigmatizzata da Salvatore Settis come «opera di regime fuori tempo»), era stato lo scrittore e archeologo Valerio Massimo Manfredi: hai visto mai che se alla fine non riusciranno a costruire il ponte più lungo del mondo, almeno potranno dire di aver rialzato il tempio più grande?

Ma il convegno è stato ben altro. Un momento di confronto scientifico tra oltre quaranta studiosi, archeologi e architetti di varie nazionalità, sulle diverse esperienze sia di semplice conservazione sia di riconfigurazione, attuate in vari luoghi del Mare Nostrum; approfondimento di metodi, finalità e prospettive del restauro delle architetture di età greca, nonché delle dinamiche di intervento nei confronti del «paesaggio archeologico», «un luogo culturale, lo ha definito durante il suo intervento Caterina Greco, direttrice del Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, che si pone come diaframma aperto nell’integrazione difficile tra il retaggio del passato e il tempo della nostra modernità, sul quale agiscono oggi le esigenze incalzanti e talvolta contraddittorie determinate dalla crescente domanda di fruizione, di valorizzazione, di “consumo” dei beni culturali».

CONTINUA….

Ed è solo nel contesto di un’ampia discussione sui casi di studio più esemplari nel campo del restauro archeologico (come quello dei Propilei dell’acropoli di Atene, con sostituzione e reintegrazione di elementi architettonici in marmo pentelico moderno, o del tempio di Zeus a Cirene, in particolare del restauro del fregio con i frammenti originali liberamente collocati su un architrave di cemento armato; tra gli altri temi, i restauri del tempio di Zeus ad Olimpia, di quello di Apollo a Bassae, nella Valle dei Templi o nella stessa Selinunte, dove nel settore meridionale dell’acropoli sta conducendo scavi Clemente Marconi, dell’Institute of Fine Arts della New York University) che sono stati presentati i risultati dei nuovi studi e rilievi condotti quest’anno sul tempio G da Mario Luni, dell’Università di Urbino (che ha illustrato anche i restauri a Cirene). Senza che sia stato spostato dalla sua originaria posizione di crollo alcun elemento architettonico, è stato possibile realizzare una vera e propria «carta archeologica» della situazione esistente, nuove planimetrie e sezioni dell’edificio, elementi di analisi di dettaglio confluiti nell’ipotesi di ricostruzione proposta con il modellino in scala presentato a conclusione del convegno.

Studi e modellino sponsorizzati da Sorgente Group, il cui finanziamento (100 mila euro) dunque a questo è servito, e non a un presunto progetto di anastilosi di ciò che del tempio resta al suolo. Come totalmente priva di fondamento è anche l’altra asserzione accreditata, secondo la quale il comitato scientifico presieduto da Mario Luni si sarebbe riunito per valutare proprio tale fantomatico progetto, quando invece la finalità del comitato, chiarisce la Greco, è stata quella di «conoscere in anteprima, e discutere, i risultati preliminari degli studi sinora avviati sul tempio G». E non solo nei confronti di quest’ultimo, puntualizza ancora, «la maggioranza degli studiosi italiani si è dimostrata sfavorevole ad ipotesi di anastilosi totali di monumenti, ammettendo solo in via eccezionale la possibilità di recuperi parziali in favore di una conservazione del paesaggio archeologico, ruderale e storicizzato».

Silvia Mazza
per il giornale dell’arte

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  • Siamo lontani dalla risolvere la problematica della protezione dei reperti archeologici dall' azione degli agenti atmosferici. Così come siamo lontani dall' affrontare gli aspetti culturali della "ricostruzione" per la quale rinvio al dibattito specifico sulla ricostruzione dello Stadtschloss di Berlino a seguito del discusso risultato del concorso internazionale che ha visto l' assegnazione del 1° Premio al progetto dell' architetto Franco Stella. Al quale è stata affidata la direzione artistica, non la direzione tecnica affidata al noto Studio di Architettura di Amburgo, gmp* (von gerkan, marg & partners) con una vastissima internazionale, specialmente in Cina e Vietnam.

    *v. sito: http://www.gmp.de

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