“Amava scrivere versi. Scriveva versi di continuo” – omaggio a Nicola Di Maio. «Egli VIVE ancora»

NICOLA DI MAIO – i familiari prestano il consenso alla pubblicazione di questa foto

Lo conobbi durante gli anni del Liceo e diventammo subito amici. Era un ragazzo semplice, un po’ timido, forse non tanto per paura quanto per una naturale ritrosia, un’ istintiva difesa della sua interiorità. Ci incontravamo spesso e parlavamo a lungo, spaziando dalla nostra vita privata ai problemi della città, dalla letteratura alla politica, alla storia.

Nicola usava le parole con molta parsimonia, andava subito all’essenza delle cose, senza perdersi in circonvoluzioni verbali. Il suo è sempre stato un linguaggio netto e chiaro. Mi ha sempre ispirato fiducia, tra noi c’era un’intesa affettuosa e immediata. Mai uno screzio, un litigio.

Si parlava anche delle ragazze ma senza alcuna volgarità. Amava scrivere versi. Scriveva versi di continuo.
Era il suo modo speciale di esternare se stesso. Tentò anche la prosa ma in modo discontinuo. I versi gli erano più congeniali perché gli permettevano un’espressione più asciutta, più sintetica, meno retorica, più aderente al suo mondo affettivo che, si badi bene, manteneva, sempre, una ampia zona grigia, misteriosa, inconoscibile, o inesprimibile.

Per lungo tempo, benchè con un atteggiamento non passivo, si lasciò influenzare dagli sperimentalismi linguistici dei poeti che, a Palermo, ebbero come riferimento il cosiddetto Gruppo ’63. Ne facevano parte Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Elio Pagliarani, Michele Perreira ed altri. Successivamente si avvicinò ( anzi ne fu, se ben ricordo, uno dei protagonisti ) ad una meno nota corrente poetica alternativa al Gruppo ’63, definita “ Antigruppo“.

Nicola, per un lungo periodo, negli anni in cui ci frequentammo, sentì una profonda ammirazione e stima, anzi, una vera e propria fascinazione, per Gianni Diecidue, soprattutto per la sua attività teatrale che, oltre a Gianni, allora, a Castelvetrano, aveva come punto di riferimento, sia come autore ma, anche, come attore e regista, un altro protagonista della cultura “ non istituzionale “ “ eretica “ di Castelvetrano, cioè Ferruccio Centonze. E fu proprio a grazie al suo interessamento per il teatro che, per la prima volta, anch’io, mi avvicinai, da neofita inesperto ai concetti, alle tecniche di recitazione, ai problemi di regia e di allestimento scenico, proprie di quest’arte.


Di Gianni Diecidue, per un certo periodo, com’è frequente per un adolescente dinanzi ad una persona più anziana Nicola assorbì anche i toni e le inflessioni della voce, la postura, il modo di camminare, taluni “ tic “. Fumava in continuazione, proprio come Diecidue, una sigaretta dopo l’altra, soprattutto quando scriveva. Politicamente era schierato a sinistra ma senza fanatismi, era un “ cane sciolto “, perciò simpatizzava con l’anarchia di Gianni Diecidue, a sua volta ereditata dal padre. Ma la sua non era un’anarchia che faceva capo ad un movimento politico, era piuttosto uno strumento, un atteggiamento culturale “ aperto “, “ laico “ che gli consentiva di affermare la sua indipendenza da ogni forma di fanatismo, di spirito gregario e settario, di servilismo. Nicola teneva molto alla sua indipendenza, alla sua libertà di scelta, alla sua “ preziosa” individualità.

Era una persona molto critica verso la società, verso le sue modalità di funzionamento e di organizzazione, verso le sue ingiustizie, verso il modo in cui essa, per esempio, complici in prima fila, le classi dirigenti politiche, deturpavano, con la cementificazione selvaggia, il paesaggio naturale ma anche la “ struttura storica “ dell’urbanistica e dell’architettura delle città o le opere d’arte del passato. Non fu casuale, allora, la nostra lettura attenta e il nostro apprezzamento del libro – denuncia contro la speculazione edilizia “ Mirabilia Urbis “ di Antonio Cederna o del film “ Le mani sulla città “ di Francesco Rosi, come anche delle opere di Leonardo Sciascia, soprattutto, “ Le Parrocchie di Regalpetra “ e “ Il Giorno della Civetta “.

Insomma, naturalmente, seppure inerme ed inoffensiva, eravamo, intellettualmente, una piccola compagnia “ antimafia “. E questa critica “ attiva “, ovviamente “ da sinistra “, era condivisa da Gianni, ma anche da un altro personaggio “ difficile “, “ eccentrico ” di quei tempi, cioè dal nostro amico Sebastiano Elia, uomo colto, socialista, ma burbero, inflessibile e piuttosto misantropo. Eravamo negli anni ’60 – 68 Si pose, allora, il momento, prima per Nicola, poi, per me, della scelta della Facoltà universitaria. Io, più grande di lui di due , tre anni,“ incanalato “ dai miei professori e dalla mia famiglia, scelsi Lettere, Nicola, ancora al Liceo, iniziò a parlarmi del suo desiderio di divenire psico – analista.

A questo punto le nostre discussioni si aprirono al pensiero di Freud, Jung, Adler ed alle loro opere. A distanza di tanti anni, proprio ora che il mio carissimo amico e fratello, Nicola Di Maio, tardivamente ritrovato un paio d’anni fa, e, da pochi giorni, improvvisamente scomparso, dovendo e volendo, per una mia insopprimibile necessità affettiva, scriverne per ricordarne la memoria e, spero, anche, per condividerla con tanti altri, mi sono posto l’intrigante domanda : Perchè egli, per tanto tempo, accarezzò l’dea di studiare psicoanalisi per divenire “ medico dell’anima “ e perché, presto, abbandonò quest’idea ?

Andando a ritroso nel tempo per raccogliere i miei ricordi legati a lui, credo che Nicola, da sempre, abbia avuto la tendenza spontanea all’introspezione, alla conoscenza interiore di sé e degli altri. Una tendenza non maniacale ma molto semplice, naturale. E credo anche che le sue scelte sia delle amicizie sia degli autori letterari, in qualche modo, possano essere state influenzate da questa suo istintivo interesse, dal fascino, molto bonario che egli sentiva nella possibilità di conoscere quelle che il grande Eduardo definiva “ le voci di dentro “. Voglio dire, insomma, che Nicola aveva una dote rara negli esseri umani, cioè una forte carica “ empatica “ istintiva che gli permetteva di rapportarsi agli altri in modo semplice ma decisamente “ affettivo “ e “ solidale “.

Perchè, allora, non divenne psicoanalista? Non lo sappiamo. Forse per ragioni economiche e familiari, forse per altri motivi. Mi pare di ricordare che, proprio in quei primi anni universitari, egli abbia perso il padre. Ma, “ letterariamente “, ma non troppo, diciamo “ empaticamente “, spero, voglio pensare ad un’altra ragione che lo abbia spinto a non avventurarsi nella professione dell’analista. Voglio sperare, insomma, che Nicola, con il suo carattere fondamentalmente semplice, profondamente modesto, poco narcisista, seppure ipercritico e vivace intellettualmente, ma capace di un forte “ adattamento sociale ed umano”, abbia ritenuto di poter praticare, a fin di bene, la conoscenza di sé e degli altri, scegliendo una professione meno intellettualistica ( almeno nell’immaginario collettivo ), meno “ narcisistica “ ed “ egolatrica “, rispetto a quella dello psicoanalista, cioè quella del “ medico di famiglia “ che, se ben praticata, con umiltà e onestà, gli avrebbe permesso ugualmente, ma in modo più immediato, e più semplicemente connaturato al suo carattere non egocentrico, appunto, di stabilire con gli altri, in particolare con i suoi pazienti, una proficua relazione affettiva.
Addio, carissimo amico e fratello Nicola Di Maio.

La tua scomparsa ha lasciato in me un tremendo ed incolmabile vuoto interiore, come una profonda “ diminuzione “ della parte più buona e più bella della mia vita, la medesima diminuzione prodottami, quasi un anno fa, dalla morte di un altro carissimo amico e fratello, Giuseppe Basile, anch’egli di Castelvetrano, dotato, al pari di te, seppur in forme e caratteristiche diverse, sostanzialmente, degli stessi tuoi rari pregi, intelligenza, onestà intellettuale, cultura, modestia, umanità, generosità, “ attiva “ solidarietà umana. Entrambi siete stati, infatti, i miei migliori “ compagni di vita “.

Crema, 30 Novembre 2014.
Giovanni Falcetta

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  • Nicola Di Maio fece parte della nota corrente letteraria "Antigruppo" nata nel 68. L'Antigruppo era contrario alle idee del Grupo del 63. Quindi Antigruppo e Gruppo 63 erano 2 movimenti letterari completamente opposti. Qualche personaggio dell'Antigruppo è ancora in vita come ad esempio Ignazio Apolloni che vive a Palermo. Avrei tanto da raccontare.....saluti Flora Certa

  • Io conobbi Nicola negli anni '70. Ero appena rientrato dall'Australia a Castelvetrano. Tramite lui incominciai a frequenntare il movimento dell'Antigruppo, assieme a Ignazio Butera, Gianni Diecidue,
    Francesco Fiordaliso e Gerando Palillo. Producemmo il ciclostile, Contro la restaurazione Culturale, che si concluse con una rappresentazione
    poetica al Cinemateatro delle Palme. Di Nicola ricordo la capacità di rendere semplici le cose più complicate, e quando andai a trovarlo nel suo studio medico, mi regalò una copia di un suo libro di poesia. Eravamo nell'anno 1987. Lui negli anni '70 aveva curato la regia della rappresentazione teatrale del S Giovanni decollato di Martoglio, e ne rivestì il ruolo di protagonista. Rammento la sua pacatezza e la sua disponibilità culturale e umana.
    Gaspare Barresi

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