Signor Vitale, Lei più volte nelle sue inchieste si è occupato di Matteo Messina Denaro. È di qualche giorno fa la notizia di un profilo Facebook che inneggia il superlatitante. Secondo lei, di che rete di protezione gode ancora questo superlatitante?

Questa notizia di Facebook è abbastanza misteriosa, anche se con le moderne tecnologie sarà possibile individuare immediatamente chi ha creato questo profilo. Ma l’idea l’ho trovata molto spiritosa, acuta: è l’ennesima sfida lanciata allo Stato.

Da quelle poche righe che ho avuto modo di leggere prima che il profilo venisse bloccato, mi è sembrato anche – mi riferisco quando si fanno gli auguri allo Stato – che quella frase nascondesse un cambiamento di strategia di Matteo Messina Denaro. Come dire sono qui e facciamo sul serio. Ma questa è solo una mia riflessione. Chi inneggia il superlatitante, comunque, non è certo una novità.

Ricordo che successe pure per Pietro Maso, quel ragazzo che nel ’91 massacrò i genitori per rubargli i soldi. In carcere riceveva pacchi di lettere che lo esaltavano come un vero personaggio, eppure era un criminale. Io faccio il cronista, punto. Le investigazioni devono farle coloro che sono deputate a questo. Il cronista è come un fotografo, che scatta foto di un determinato fatto. Il giornalista lo racconta in maniera incisiva, in tutte le sue sfaccettature. Quando mi sono occupato di Matteo Messina Denaro mi sono occupato di lui a 360 gradi, senza pregiudizi. E questo, magari, farà scandalizzare: il mio sogno rimane intervistarlo.

Felice Errante e Francesco Vitale

Felice Errante e Francesco Vitale

Le sue inchieste giornalistiche hanno messo in luce di quanto si sia fatto nell’antimafia in questi anni. Ma di mafia si continua a parlare. Secondo lei, cosa è necessario per debellarla radicalmente?

Di mafia si continua a parlare perché la mafia continua a esistere. La mafia siciliana da 15 anni è in grossissima difficoltà. E lo dice chi è più esperto di me. I dati dimostrano che è scomparsa dal grande traffico di stupefacenti, dai grandi riciclaggi internazionali. Oggi la mafia si concentra in tre province siciliane: Trapani, Agrigento e Caltanissetta. Palermo, invece, soffre di una grossa difficoltà.

Dalle ultime inchieste è emerso come cinque minuti dopo che alcuni uomini avevano organizzato un omicidio, vennero subito arrestati. Ecco, la mafia siciliana, per il fenomeno del pentitismo e per gli errori commesse dai capi, è in declino. Le stragi sono state l’autodistruzione di Cosa Nostra, quella che abbiamo conosciuto sino al ’92 con Salvatore Riina e i complici esterni a Cosa Nostra.

Questi ultimi sarebbe l’ora di individuarli. Invece, le inchieste che abbiamo seguito non hanno parte ad alimentare carriere. Forse per debellarla la mafia dovremmo pure debellare un pezzo di antimafia cialtrona, affarista e farabutta. L’emergenza vera nel Paese è la corruzione, quella che investe la politica

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Intervista a cura di Max Firreri per Condividere

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