[di Isabella Di Bartolo] E’ una Selinunte odorosa quella che si svela ai viaggiatori che ammirano i resti della grandiosa città greca. Un viaggio tra fiori e piante si snoda all’interno del più grande parco archeologico d’Europa con vista sul mare screziato di verde di Marinella, dove si estende anche una riserva protetta con le sue rare specie botaniche.

D’altronde, lo stesso nome della grandiosa polis deriva da “selinon” che in greco significa “prezzemolo”: pianta un tempo rigogliosa nei pressi del fiume Modione-Selino e che, a testimonianza del legame tra natura e città del territorio trapanese sin dalle sue origini, spiccava sulle monete battute dall’antica Selinunte oggi in mostra anche al museo archeologico di Palermo. Ai giorni nostri, del “selinon” antichissimo vi sono poche tracce ma tra gli eredi della sua stessa famiglia botanica c’è il finocchietto selvatico che cresce anche in questa zona della Sicilia.

Passeggiando per le vestigia dell’agorà di Selinunte si ammira anche il paesaggio mozzafiato di uliveti e vigne con i loro profumi e colori. Qui si sperimenta il vigneto didattico in sinergia con la Tunisia e il Parco archeologico sulle orme di Magon, il botanico fenicio a cui si ispira l’idea di ricreare tra i templi le coltivazioni di uva su modello dell’antichità. Il dorato del grano tumminia da due anni colora la valle di Selinunte e regala ai turisti l’immagine più calda della Sicilia.

Al di sotto dei templi, tra le dune sabbiose che sfiorano i sei metri di altezza, tra Marinella di Selinunte e Porto Palo nei pressi della foce del fiume Belice, si passeggia tra fitti canneti (Arundo donax) e lungo la zona costiera che degrada dolcemente verso il mare, tra la ricchissima vegetazione palustre ormai sempre più rara.

Proprio qui, alle porte di Marinella, la Riserva della foce del fiume è una ricca area protetta che regala spunti nuovi per ammirare un sito paesaggistico suggestivo sovrastato dai templi greci e che è meta di visitatori appassionati di archeo-trekking.

Non solo gli osservatori della natura, ma anche quanti amano l’archeologia industriale troveranno interessante passeggiare tra verde e storia poiché tutta l’area della riserva è cinta a meridione dal mare e a nord dalla vecchia linea ferroviaria che univa Castelvetrano a Selinunte, ed è di questa opera che sono visibili numerosi manufatti.

Profumi e colori lungo il percorso naturale ma anche una rara specie di insetti e, nella fascia delle dune, una vegetazione in grado di sopravvivere in ambienti ad elevata salinità mentre nelle zone umide prevale la classica vegetazione palustre.

Sono piante comuni in tutta l’area, il papavero cornuto (Glaucium flavum), la santolina (Santolina chamaecyperissus), il ravastrello (Cakile maritima), l’erba medica marina (Medicago marina), la scilla marittima (Urginea maritima) e il tamericio (Tamarix gallica). Mentre tra gli imponenti resti archeologici fanno capolino il cappero (Capparis spinosa), l’asparago spinoso (Asparagus acutifolius), l’olivastro (Olea europaea) e il lentisco (Pistacia lentiscus): quest’ultimo è un arbusto prezioso che raggiunge anche l’altezza di due metri.

Proprio sotto le sue fronde, all’ingresso del parco di Selinunte, si trova una panchina che invita i viaggiatori a una sosta romantica tra natura e archeologia.

Isabella Di Bartolo
per Repubblica.it

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