Rita AtriaDiciassette anni fa, a una settimana dall’assassinio di Paolo Borsellino, la testimone di giustizia Rita Atria si uccise gettandosi da un appartamento in via Amelia, nel quartiere Tuscolano di Roma, dove viveva in segretezza perché testimone di giustizia.

Un applauso ha accolto oggi l’inaugurazione di una targa in un’aiuola di fronte a quel palazzo in memoria della ragazza siciliana di 18 anni che osò sfidare le cosche rivelando dettagli su padre e fratello, affiliati alla mafia e uccisi nella guerra tra bande. C’erano il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, i parlamentari Angela Napoli e Beppe Lumia, il giornalista dell’emittente Tv Telejato Pino Maniaci e Nadia Furnari, dell’associazione antimafia che porta il nome della ragazza.

Nascosta e ben protetta dalle forze dell’ordine c’era Piera Aiello, cognata di Rita, anche lei testimone di giustizia. Accanto allo striscione ‘Il sangue non copre la verita” don Ciotti ha ricordato come “questa ragazza ha messo in gioco la sua vita e se la sua tomba a Partanna è senza nome, il suo nome qui è scritto ben chiaro. La politica si assuma le sue responsabilità noi facciamo la nostra parte”.

C’era anche la vicina di casa che trovò Rita Atria morente sul selciato e ne tenne la mano fino all’ultimo, e rappresentanti dell’associazione intitolata al capitano Ultimo, che hanno letto un messaggio dell’ufficiale. Furnari ha letto brani del diario di Rita. “Ho paura – vi si legge – che vincerà lo Stato mafioso. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta”.

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