Vecchi giornali, riviste pubblicate giorni dopo il sisma, copertine dedicate alla “grande tragedia”, volti pieno di sofferenza e di speranze perdute. È un tuffo nella memoria quello che si fa entrando nell’archivio privato dell’architetto Giuseppe Verde a Salaparuta: il racconto del terremoto del Belìce, a 54 anni dal 1968, passa attraverso testi storici e riviste che negli anni ha raccolto in tutto il mondo. Un archivio prezioso che CastelvetranoSelinunte.it vi mostra proprio in questi giorni in cui si commemorano le vittime del terremoto. L’operazione che negli anni ha compiuto l’architetto Verde è quello di tenere viva la memoria ma, soprattutto, di tramandarla ai più giovani che spesso non conoscono la storia del proprio paese. Salaparuta è oggi un piccolo centro che fa ancora i conti con un’emigrazione lacerante.
Chi è andato via dopo il terremoto pensava un giorno di tornare ma, invece, è rimasto emigrato a vita in altri posti: Toscana, Belgio, Australia. Lontano da qui dove al terremoto non si pensa più. Eppure quella ferita, 54 anni fa, è stata profonda buttando giù tutto il paese, cancellando sogni e speranze. L’architetto Verde sin dagli anni di studente di Architettura ha iniziato a costruire il suo archivio, che oggi è uno dei pochi privati che resiste. «Nella Valle del Belìce non c’è, purtroppo, un archivio pubblico che racconta la storia – dice il professionista – e per rispolverare ricordi e pezzi di memoria devi chiedere ad appassionati e storici come me».
Bisogna finirci dentro per capire il valore che hanno ancora riviste, giornali, libri, fotografie che fanno rivivere i momenti della tragedia e quelli successivi quando i riflettori dei giornali del mondo si accesero sulla Valle del Belìce, sino ad allora sconosciuta. «Molte riviste le ho comprate su siti web di collezionisti, altre ancora cercandole su siti esteri» spiega Verde. L’operazione dell’architetto ricalca un po’ quella che fece don Baldassare Graffagnino che raccolse, anche lui, foto dei salitani mettendole in un libro. Ma Giuseppe Verde è andato oltre, grazie soprattutto ai social. Così nel 2016 ha aperto il gruppo Facebook “Salaparuta” per chiamare a raccolta i salitani sparsi nel mondo e con loro costruire una banca fotografica. Oggi sono più di 4.000 le foto già acquisite e catalogate: di ognuna si conosce chi è ritratto, «perché l’obiettivo è quello di disegnare la pianta della vecchia città con le case originali e abbinare il nome delle famiglie che vi abitavano».
Così l’architetto Verde vuole raccontare il paese vecchio. I 5 quartieri e poi uomini e donne, cognomi e soprannomi in una pianta multimediale che i giovani potranno consultare: «Qui si fa fatica a far conoscere la storia del proprio paese, i giovani hanno perso le radici e magari non sanno che Salaparuta, prima del terremoto, era un paese florido e ricco d’acqua». Come la storia anche il terremoto molti lo conoscono solo per l’epoca della ricostruzione, lunga e ancora incompleta. «Ma cosa successe i giovani devono saperlo»dice ancora Verde. Ecco perché in questi anni lui, con riviste e foto antiche, è andato nelle scuole per raccontarlo. Quel suo archivio prezioso è fonte di memoria. È strumento di conoscenza. Per non dimenticarsi di un terremoto di 54 anni fa che ha segnato per sempre la Valle del Belìce.