In un’intervista rilascia alla nota testata TPI, la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi è intervenuta su alcuni importante disegni di legge in esame (quello sui beni confiscati alla mafia e quello sui testimoni di giustizia), ha fornito nuovi dettagli sul tema dei rapporti mafia-massoneria ed è tornata sulla questione dello scioglimento del Comune di Castelvetrano.

In merito alle recenti dichiarazioni del gran maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi, la Bindi ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Noi segnaleremo loro i nomi, ma dovrebbero già averli. Strano che non si siano accorti di avere iscritti già condannati per il 416-bis. È singolare questo dato da parte di chi dichiara nei propri regolamenti che la finalità delle obbedienze è di rispettare la legge e di applicare un’etica pubblica. Dovrebbero essere i primi a verificare. Questi non sono dati segreti, sono condanne definitive, e queste persone hanno continuato ad essere iscritte alle logge.

Dovrebbero interrogarsi, perché per avere all’interno persone già condannate, vuol dire che l’ambiente nel quale vivono non è in grado di espellerle. E quindi è colluso l’ambiente, non solo i singoli.

La redazione di TPI ha chiesto inoltre se, alla luce delle motivazioni, la presidente della commissione antimafia ritenga sia stato giusto sciogliere il Comune di Castelvetrano.

Penso che lo scioglimento di Castelvetrano sia stato corretto e opportuno – ha detto la Bindi – La nostra commissione ha fatto la sua parte in questo. Il grande latitante d’Italia è il simbolo della mafia e della massoneria che collaborano. Matteo Messina Denaro è un mafioso e un massone, questo è un dato di fatto riconosciuto da tutti.

DOMANDA TPI: “In una relazione alla commissione parlamentare antimafia lei citò un’intercettazione dell’inchiesta Golem II in cui veniva nominato l’ex sindaco di Castelvetrano Gianni Pompeo, e che parlerebbe di “presunti legami tra Pompeo e ambienti mafiosi”. Tuttavia sia il Pd locale, sia lo stesso Pompeo, hanno sottolineato che il nome di Pompeo in quelle carte compariva solo come destinatario di una minaccia (“è un morto che cammina”). Inoltre Pompeo non è stato né indagato né tantomeno condannato in quel processo. Si è trattato di un errore o lei ha elementi che non conosciamo?

RISPOSTA BINDI: Vede, noi non siamo una sede giudiziaria. Non abbiamo bisogno di condanne. Il nostro lavoro dovrebbe permettere di bonificare la vita pubblica prima di arrivare a condanne di politici o esponenti della vita pubblica. A noi bastano gli indizi, non abbiamo bisogno di prove.

Anche lo scioglimento dei comuni non ha bisogno di condanne penali, perché è una misura di prevenzione. Anche noi agiamo su quel terreno. Magari in sede giudiziaria certi elementi possono non essere ritenuti prove, ma ciò non significa che non ci troviamo in un contesto quantomeno grigio, se non grigio antracite nel caso di Castelvetrano.

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