Secondo una ricerca condotta da AsproFlor, per il giorno di San Valentino la tendenza più diffusa è quella di regalare fiori che per la maggior parte provengono da un Paese straniero. Per una volta, invece, sarebbe il caso di essere nazionalisti, e varrebbe la pena di puntare sui fiori italiani. La stessa AsproFlor vuole invitare gli innamorati e tutti coloro che desiderano celebrare il 14 febbraio a optare per le specie che vengono prodotte nel nostro Paese. Non solo: il consiglio è quello di privilegiare le bulbose e le primule, che sono fiori di stagione, senza dimenticare le orchidee e le azalee. Il florovivaismo made in Italy merita di essere tutelato non solo a livello politico e dal punto di vista istituzionale, ma anche da parte degli stessi consumatori, che non dovrebbero farsi allettare dalle importazioni low cost e dai prezzi bassi proposti dai Paesi extra Ue, che finiscono per mettere a repentaglio e per punire in modo eccessivo le produzioni nazionali.

I numeri del settore

In Italia, il settore ornamentale fa registrare numeri di tutto rispetto, anche perché sono più di 100mila gli addetti a cui dà lavoro, per un totale di circa 30mila aziende coinvolte. Il fatturato generale si aggira attorno ai 2 miliardi e mezzo di euro, ma le esportazioni si limitano a 700 milioni: molto poco in confronto ai Paesi Bassi, che esportano fiori per circa 4 miliardi e 700 milioni di euro. Il vero problema del mercato nostrano deve essere individuato nelle difficoltà che si riscontrano nel produrre a prezzi convenienti. Le ragioni sono diverse, ma è facile intuire quali siano le differenze tra le aziende straniere in cui la manodopera è paragonabile allo schiavismo e quelle italiane che giustamente devono essere certificate e sono vincolate da norme severe, che le obbligano a mantenere standard elevati dal punto di vista della sicurezza e della qualità. Sono troppe le imprese extra Ue che non rispettano né le risorse umane e la forza lavoro né, soprattutto, l’ambiente. Ecco, quindi, che spesso le realtà italiane si trovano a fare i conti con una concorrenza sleale, che non si fa problemi nell’adoperare quei residui fitofarmaci che invece sono scomparsi dal mercato europeo, in quanto non sono stati dichiarati a norma di legge.

La situazione delle rose

Un esempio pratico può essere utile per avere un quadro più chiaro dello scenario. Oggi molte delle rose che vengono vendute in Italia provengono dal Kenya, dove sono coltivate a un’altitudine compresa tra i 2.500 e i 3.000 metri sopra il livello del mare. Prodotti di questo tipo hanno buon gioco ad affermarsi sul mercato in virtù di prezzi ridotti: si va da un minimo di 70 centesimi a un massimo di 2 euro al prezzo. La conseguenza più evidente è che in Italia le vendite delle rose prodotte entro i confini nazionali sono in calo, proprio per colpa di quelle che, tramite il mercato olandese, provengono dal Kenya. Altri Paesi extra Ue che esportano le rose rosse sono, in Sud America, l’Ecuador e il Perù, ma anche l’Etiopia in Africa. Nella maggior parte dei casi si tratta di coltivazioni per le quali non sono previsti controlli di natura fitosanitaria paragonabili a quelli che vengono svolti alle nostre latitudini. Sul piano economico, i prezzi delle rose africane o sudamericane sono ai limiti del ridicolo, tali da impedire qualsiasi tipo di concorrenza.

I fiori italiani e quelli stranieri

Una rosa da 40 centimeti in arrivo dall’Ecuador o dal Perù viene proposta a un prezzo di 1 euro e 20 centesimi, mentre si sale a 2 euro e 50 centesimi al prezzo per un esemplare da 70 centimetri. Ma per le rose che arrivano dai Paesi Bassi la situazione non è poi così migliore: si oscilla tra l’euro e 30 per gli esemplari di seconda scelta ai 3 euro e 50 per le rose Super.

Perché regalare un mazzo di fiori il 14 febbraio

Certo è che un mazzo di fiori per San Valentino è il regalo perfetto, il più spontaneo e romantico e se si ha la possibilità di aiutare l’industria nazionale, perché non farlo?

AUTORE.