Mostri ed eroi sulla Costa Concordia “dare ogni colpa a Schettino fa comodo a tutti”

Siamo fatti così: bene e male, mostri ed eroi, gogne e troni. È questo il modo con cui il carattere italico ama celebrare se stesso, le sue sventure e le sue fortune.

E dunque, la comparsa sulla scena pubblica di due personaggi, il comandante Francesco Schettino e l’ufficiale Gregorio De Falco, ha generato un intero nuovo capitolo di questa pigra e roboante epica nazionale.

Schettino, il furbo esibizionista, che ama sfidare e infrangere le regole per poi sfuggire alle sue responsabilità, è un carattere immancabile della commedia all’italiana; così come De Falco, schivo ma con la schiena dritta, l’uomo della regola e della legalità ne costituisce il necessario complemento.


Nessuno, in questa vicenda della Costa Concordia, ha riflettuto che, nonostante i raffinati sistemi di controllo radar della navigazione che, dal 2009, sono in dotazione ad ogni Capitaneria di Porto, quella di Livorno è venuta a sapere dell’incagliamento della nave solo dalla telefonata di un carabiniere di Prato, in seguito alla chiamata della figlia di una passeggera, che aveva visto crollare il soffitto mentre cenava.

Senza la telefonata dei carabinieri, chissà quando la capitaneria di Livorno si sarebbe accorta che la Concordia era uscita di rotta e aveva urtato uno scoglio.. Si deve quindi dedurre che i giornaloni e il circolo mediatico italiano non abbiano alcuna idea di come funziona il traffico aereo e navale e abbiano mandato al Giglio cronisti incompetenti, come la solita Sarzanini, a cui interessa solo sapere se il comandante aveva l’amante a bordo.

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Dare ogni colpa a Schettino fa comodo a tutti: alla capitaneria di Livorno, alla Carnival Corporate, il cui titolo è subito crollato in borsa, e alla compagnia Costa. Intorno a una nave da crociera ruotano enormi interessi e scaricare tutta la responsabilità sul comandante è la regola. Piero Calamai, il comandante dell’Andrea Doria, affondata nel 1956, si comportò eroicamente, rimase a bordo dopo aver messo in salvo i passeggeri, solo l’intervento dei suoi ufficiali riuscì a convincerlo a lasciare la nave, ma, ciò nonostante, ebbe la carriera distrutta.

Schettino ha certamente delle serie responsabilità, ma il linciaggio serve a rassicurare il turismo delle crociere, perché c’è sempre un capitan De Falco a mettere a posto le cose. Ecco allora servita la classica commedia di bassa lega, senza sfumature e dunque senza verità. Il codardo Schettino rientra nella galleria dell’italiano vigliacco, opportunista e cialtrone, resa celebre in tutto il pianeta dal nostro cinema; l’eroe De Falco resterà famoso per la sua perentoria, e deliberatamente registrata, telefonata a un uomo in evidente stato di choc, a cui si intima, come a un soldatino di leva, questo è un ordine.


Non c’è bisogno di scomodare Lord Jim e Joseph Conrad, bastano i sommi (e nostrani) Totò e Fabrizi dei Tartassati o di Guardie e Ladri per capire che bene e male, mostri ed eroi, guardie e ladri fanno parte dello stesso impasto umano e dentro ogni italiano c’è un po’ di Schettino e un po’ di De Falco. Nessuno infatti ci può dire se i due personaggi a parti invertite – il primo in poltrona e l’altro sugli scogli del Giglio – si sarebbero comportati diversamente.

Invece, il grande teatro mediatico ha subito scel siamo tutti De Falco, siano tutti eroi, tutti integerrimi, tutti pronti a lasciare il posto in scialuppa, tutti bramosi d’affondare con onore piuttosto che salvarci con ignominia. E che gusto sopraffino e a buon mercato correre a crocefiggere l’orrido Schettino, “il Capitan Codardo” come lo chiama Libero in prima pagina, già personaggio da opera dei pupi, su cui tutti vogliono aggiungere la loro bastonata!La narrazione televisiva ha fatto scempio di ogni prudenza nell’uso dell’oltraggio e dell’encomio: Mentana sulla 7 ha superato se stesso nel mettere in scena la trasfigurazione dei due uomini in caratteri da commedia e a trascinarci nell’allegra brigata del fischio e dell’applauso.

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Il tutto condito con le telefonate tra la nave e la capitaneria, uscite da chissà dove e grazie a chi, ma sempre pronte alla bisogna. L’effetto si è subito sentito, ferocemente amplificato, nelle piazze mediatiche dei social network, dove il sangue virtuale scorre con grande facilità e soddisfazione per tutti.Vadabbordocazzo, l’urlo telefonico di De Falco, è diventato il grido di guerra degli eroi feisbucchiani che gragniuolvano (vi piace il neologismo?) giulivi sulle loro tastiere con furia e con sdegno un tanto a riga.La ciliegina, ovviamente, ce l’ha messa Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, che in materia non si fa mancare nulla, quando ha tratteggiato un arzigogolato parallelo tra Schettino e Berlusconi, sulla base che entrambi hanno cominciato la loro carriera sulle navi da crociera ed entrambi hanno fatto naufragio, l’uno con la Costa, l’altro con l’intero Paese.

Ecco scodellato ai lettori del Fatto un surrogato per la corsa all’odio da troppo tempo in surplace. Badate bene, non sto facendo un discorso sulle persone: è possibile che Schettino sia il peggiore dei criminali e De Falco un santo senz’aureola; quello che colpisce è la capacità del nostro carattere nazionale nel raccontarsi fole auto consolatorie e purificatrici e di trasfigurare la realtà perché si accomodi al nostro gusto estetizzante (non estetico) e moralistico (non morale).

Ma entrambi sono vittime della voracità del nostro immaginario collettivo: De Falco inseguito da torme di giornalisti microfonati che gli chiedono a macchinetta: “Cosa si prova a essere un eroe?”; e Schettino sottoposto al waterboarding mediatico di tutti i talk a disposizione e anche di più.Non sorprende quindi che la notizia della scarcerazione del comandante della Costa in favore degli arresti domiciliari abbia scatenato reazioni da malebolgie sui giornali e su internet. Schettino a casa rovina tutta la sacra rappresentazione, rompe il paradigma mostrificante e mette in gioco l’idea balzana che ci sia bisogno di un processo vero e magari anche – dio ci scampi – di una difesa.

Anche giornalisti normalmente accorti su questi temi, come il direttore del Tempo, Mario Sechi o quello di Europa, Menichini sono rimasti delusi. Il primo si augurava che il comandante rimanesse in carcere a meditare “senza distrazioni” sulle sue colpe, dimenticando che le colpe vanno prima accertate, anche quando sono sotto gli occhi di tutti (soprattutto quando sono sotto gli occhi di tutti, perchè nessuno vede tutte le altre).

Il secondo sostiene che in questo caso il garantismo non deve essere scomoda la condanna l’hanno già emessa giornali, tivvù, internet e tutti cittadini esemplari del Bel Paese. Benissimo, ci possiamo pure stare; ma allora, in tempi di crisi, ecco dove tagliare: sciogliamo la magistratura e smettiamola di disturbare il garantismo che costa caro.

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  • Egr. Prof. CALCARA, ho molto da ridire su quello che ha scritto, le do ragione solo sul comportamento tenuto dal Comandante della nave e dal comportamento tenuto da molti giornalisti che fanno commenti che nn c'entrano nulla con la cronaca ma entrano nel gossip (nn per niente siamo in Italia), ma la prego su molte cose dovrebbe informarsi anche Lei. Il sistema radar (VTS) che usa la Guardia Costiera italiana doveva essere utilizzata da quasi tutte le capitanerie/circomari d'Italia, ma poi x mancanza di fondi sono stati forniti del sistema radar solo i comandi più grandi che, di conseguenza, hanno un territorio maggiore da controllare ed, altra conseguenza, maggiore è l'aria da controllare più imbarcazioni vengono battute dal radar e minor sensibilità hanno questi radar, insomma sono tutte delle conseguenze. In tutti i casi, comunque, una nave ha molti sistemi per segnalare una emergenza, ma se nn l'attiva nessuno a bordo nn è assolutamente facile da una sala operativa accorgersi di quello che sta accadendo. Poi per quel che riguarda la telefonata nn è stata assolutamente registrata per l'occasione ma nelle sale operative vi è un sistema automatico che memorizza qualsiasi telefonata o chiamata radio che viene effettuata. Poi il Com.te DE FALCO, che conosco personalmente, nn ha fatto altro che applicare quanto previsto dal Codice della Navigazione, magari mettendoci anima in quello che ha detto, dando dei comandi ben precisi al Com.te della Nave, per maggior informazione l'art. 303 del Codice della Navigazione precisa che il Com.te deve essere l'ultimo ad abbandonare la nave ed il personale della Capitaneria ha il dovere, anzi l'obbligo, in quanto Polizia Marittima, di far sì che il codice venga rispettato. Sig. CALCARA se ha qualche dubbio non esiti a farmelo sapere sarò felice, per quanto possibile, di darLe altre spiegazioni.

  • ah scusi volevo precisare che guardo con disgusto quelle persone che vanno all'isola del giglio solo per fare delle foto ricordo con sullo sfondo la nave. Ma dico io nn pensano che ci sono ancora persone la dentro.

  • Grazie signor Leone, comunque la sostanza del mio ragionamento, che non vuole mettere in dubbio le qualità del comandante Di Falco, resta immutata. Cordialità

  • Egr. Prof. Calcara lo so che non metteva in dubbio le qualità del Com.te DE FALCO, ma si lamentava del sistema in generale. La mia voleva essere solo una precisazione perché sicuramente molti aspetti tecnici non li conosce. Cordiali saluti.

  • Purtroppo il guaio è che in Italia chi fa il proprio dovere viene considerato un eroe, invece dovrebbe essere la normalità.
    Comunque vedrete che Schettino se la caverà a buon mercato, aldilà del bailame mediatico. Anche questa è l'Italia.

  • mi permetto anch'io di fornire qualche precisazione. Sulla vicenda, oltre che il Codice della Navigazione, occorre prendere in considerazione anche il D. lvo n° 196 del 2005, che recepisce una direttiva europea. La norma è variegata, in quanto disciplina le zone VTS, l'AIS, il VDR ( voice data recorder: la cosiddetta 'scatola nera' secondo il gergo aeronautico ). Consiglio agli interessati di consultarlo perchè spiega molte cose: si scarica in un attimo; il prof. Calcara non è l'unico, purtroppo, a non avere una conoscenza approfondita della questione: ho letto un articolo allucinante di M.Giovanna Maglie su Libero. Lasciamo perdere. Ma, soprattutto, il decreto rende esplicito un obbligo che prima, per quanto strano possa sembrare, tanto esplicito non era: quello di rapportare immediatamente ogni incidente all'Autorità Marittima ( art. 17 )Se a Livorno hanno saputo del sinistro dai Carabinieri di Prato la responsabilità non è della Capitaneria, ma del Com/te Schettino. Una fra le tante, a mio modo di vedere..

  • La capitaneria con gli strumenti che non può prevedere quello che sostieni, quindi evita di fare il capoccia,se vuoi fare retorica questo non è il posto giusto.
    Forse non fa comodo a te dare la colpa a Schettino, magari sei come lui, noi italiani non siamo stati mai uniti, neanche sul buon senso comune, non devo stupirmi se nel nostro paese vengono condannati gli innocenti, oramai se mi trovassi in balia di una rapina come potenziale vittima la colpa sarebbe solo mia e non del rapinatore, perché non dovevo trovarmi li in quel momento.
    Complimenti della dubbia moralità.

  • Simone, lo decide lei quale posto è buono per scrivere quello che ciascuno liberamente ritiene di dovere esprimere, o chi? Intanto emergono le prime responsabilità della Costa crociere, sicché davvero ritengo che l'analisi, come sempre puntuale e argomentata, del prof. Calcara, trovi conferma nei fatti.In ogni caso, le offese personali dovrebbero sempre essere bandite da questi commenti. Faccio dunque appello ai moderatori affinché ne controllino meglio il contenuto, per evitare che questo spazio di libertà e di civile dibattito diventi un cortile.

  • da Livorno, se più attenti, avrebbero dovuto sapere in tempo quello che stava succedendo,e non per via della telefonata del carabiniere di Prato.
    In ogni caso Schettino ha le sue colpe (ma non al 100%) solo perchè come un animaletto codardo, infimo, meschino e imbecille non ha avuto le palle di scendere per ultimo da quella dannata nave e perchè, da puro malato di esibizionismo, voleva farsi bello con l'ex collega presente al Giglio e con quella zoccola che avrebbe poi soggiornato nella sua cabina durante il viaggio. Punto e basta!!

  • Al di la delle verità processuali che di certo non mi confortano, penso e ritengo che l'unico responsabile del disastro sia il comandante Schettino, se volete cercare altri colpevoli magari per una certa avversione contro chi si trova vittima di uno sprovveduto fate pure, il vostro pensiero e solo di parte.
    Art. 303
    (Abbandono della nave in pericolo)
    Il comandante non puÚ ordinare l'abbandono della nave in pericolo se non dopo esperimento senza risultato dei mezzi suggeriti dall'arte nautica per salvarla, sentito il parere degli ufficiali di coperta o, in mancanza, di due almeno fra i pi˜ provetti componenti l'equipaggio.
    Il comandante deve abbandonare la nave per ultimo, provvedendo in quanto possibile a salvare le carte e i libri di bordo e gli oggetti di valore affidati alla sua custodia.

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