Il Comune di Castelvetrano in cerca di sponsor privati per garantire i 30 mila euro della polizza assicurativa dell’Efebo di Selinunte che scadrà a gennaio. Il mancato rinnovo comporterebbe il ritorno della statuetta di epoca greca a Castelvetrano dal parco archeologico di Selinunte, dove è fino ad ora visitabile.
Una collocazione temporanea perchè «l’Efebo di Selinunte ha una casa da oltre 20 anni ed è il museo civico di Castelvetrano», tiene a precisare il sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, rispondendo alle polemiche di queste giorni sulla presunta mancata sede per la preziosa statuetta.
L’Efebo arrivò al museo civico di Castelvetrano dopo tanti anni di varie peripezie e fu trasferito per volontà dell’allora sindaco di Castelvetrano, Giuseppe Bongiorno, dal museo nazionale di Palermo.
Alcuni sindaci dell’epoca lo avevano usato pure come «porta cappello», non valutando il grande valore storico. Poi, i mercenari del traffico internazionale d’opere d’arte, si misero sulle tracce del cimelio greco e ne ordinarono il furto, dal comune di Castelvetrano, nel 1961. Fu ritrovato dopo 7 anni e consegnata all’Istituto nazionale di Restauro.
di Filippo Siragusa
per GdS
Tanto per fare chiarezza sulla storia dell’Efebo:
1. E’ una leggenda metropolitana, assolutamente non provata, che l’Efebo facesse da porta cappello nel gabinetto del sindaco, dove rimase esposto dal 1946 al 1962.
2. L’Efebo non è un cimelio greco, è una fusione bronzea, prodotto dell’arte siceliota, cioè appartiene all’artigianato locale selinuntino, quindi è di provenienza greco-sicula.
3. L’Efebo fu rubato dal gabinetto del sindaco la notte del 30 ottobre 1962.
4. L’Efebo fu recuperato a Foligno per opera di due solerti funzionari, purtroppo dimenticati: il questore Ugo Macera e il plenipotenziario ministeriale Rodolfo Siviero. I ladri, tutti siciliani, furono arrestati e processati.
5. Dopo decenni di traversìe, l’Efebo è ritornato al Museo Civico di Castelvetrano il 20 marzo 1997, sindaco Giuseppe Bongiorno.
Per altri ragguagli, cfr. Francesco Saverio Calcara, L’Efebo di Selinunte. Odissea di un reperto singolare, La Medusa ed., Marala 2002.
Che una Comune di 30mila abitanti NON abbia la disponibilità di pagare una assicurazione è paradossale e non certo un vanto per i suoi amministratori. Piuttosto hanno contezza di cosa significherebbe, in termini di aumento dei visitatori della nostra Selinunte, riportare nella loro casa le metope selinuntine e gli altri reperti che si trovano a Palermo ? Perchè il Sindaco non assume una forte iniziativa politico-giuridica per pretendere la restituzione delle metope che è sicuramente un complicato ma GRANDE OBIETTIVO per la crescita del turismo nella nostra Selinunte ?
Perchè deve continuare la permanenza dell’efebo a selinunte al parco archeologico, privando il museo selununtino di Castelvetrano di questo importante reperto? non doveva essere una ” vacanza ” temporanea? Io penso che l’efebo debba tornare a Castelvetrano; penso anche, e lo sostengo da tempo, che debba trovarsi un immobile da adibire a museo Seluntino, e cominciare seriamente a pensare a far tornare tutti i reperti che si trovano a Palermo, metope comprese per realizzare un completo e importante museo selinuntino a Castelvetrano
In merito a quanto giustamente fa osservare Enzo Filardo, giova ricordare quanto segue, oggetto, tra l’altro, di una interrogazione in consiglio comunale che in parte riprendo.
– L’iniziativa di portare l’Efebo a Selinunte, come a suo tempo fu solennemente annunciato (cfr.https://www.castelvetranoselinunte.it/lefebo-esposto-a-selinunte-per-tutta-la-durata-dellexpo/68609/#testoarticolo), avrebbe avuto un senso se effettivamente fosse stata connessa alle manifestazioni dell’Expo, con un programma di contorno che, ad esempio, richiamasse il tema del cibo, con riferimento alle risorse del territorio, laddove, invece, tale trasferimento è stato effettuato (utilizzando fondi comunali e sponsor) proprio in coincidenza della chiusura della manifestazione milanese, e senza alcun collegamento tematico con essa;
– Risulta oscuro il nesso, richiamato nelle delibere comunali, che intercorre tra il reperto selinuntino con la “regia trazzera” e con la cosiddetta “via dei mulini”; realtà del tutto avulse, sia tematicamente che cronologicamente, con l’Efebo; la cui sede, dalla sua scoperta in località Galera Bagliazzo, è stata storicamente quella della città di Castelvetrano, nella quale – dopo annose vicende, un lungo braccio di ferro con l’Amministrazione regionale e l’impiego di ingenti risorse comunali per adeguare il locale Museo – è stato riportato nel 1997. Ricordo, in ogni caso, che Selinunte non era toccata da alcuna “regia trazzera” né tanto meno da nessuna presunta “via dei Mulini”, giacché si raggiungeva da Castelvetrano dalla via della Torre di Polluce (odierna via Errante), come qualunque antica carta topografica ampiamente dimostra, e come ha recentemente ribadito il rag. Enzo Napoli, profondo conoscitore del territorio;
– L’iniziativa è avulsa da un chiaro programma storico-scientifico (nelle delibere, si parla genericamente di una mostra, senza accennare ai temi e ai contenuti di essa, a parte la presenza del “giovane figlio di Zeus”, definizione già per sé discutibile, se attribuita al nostro Kouros, ricavata di peso da Wikipedia) e, comunque, non è stata supportata da una efficace campagna di promozione pubblicitaria, coincidendo tra l’altro il tempo asserito della esposizione del bronzo al parco archeologico di Selinunte con quello di fisiologico minore afflusso di visitatori. Non una brochure, non un manifesto, non una trasmissione, non un convegno. Niente di niente, a parte la visita del senatore Schifani, giunto addirittura dopo un “sapiente lavoro diplomatico” (testuale, dal comunicato ufficiale del Comune!)
– Il trasferimento è stato disposto proprio mentre le presenze al Museo Civico di Castelvetrano, come si evince dalla stessa comunicazione istituzionale del Comune, risultavano raddoppiate, laddove tale Museo appare, alla luce delle ultime decisioni dell’Amministrazione, notevolmente depauperato; considerato che, oltre al trasferimento dell’Efebo, si è disposto quello della stadera bizantina e quello dei rostri romani, senza che, come la prassi consigliata dallo stesso Assessorato Regionale ai BB CC. suggerisce, siano state richieste alle istituzioni beneficiarie di tali prestiti corrispettivi di altre opere d’arte in loro possesso da esporre in sostituzione di quelle provvisoriamente (si spera) cedute. Ad esempio, in cambio dell’Efebo, si sarebbe dovuto chiedere all’Amministrazione Regionale il deposito temporaneo a Castelvetrano di una delle metope esposte al Museo Salinas di Palermo, o di altro materiale archeologico che essa custodisce negli stessi depositi di Selinunte. Né risulta che la presenza dell’Efebo a Selinunte abbia incrementato l’afflusso di visitatori al Museo Civico, atteso che sono pochissimi coloro che hanno approfittato dell’opportunità offerta dal supplemento di 4 € che si paga al parco archeologico, in aggiunta ai 6 di ingresso) per visitare il solitario ospite della casa del viaggiatore. Tantomeno appare documentato – nonostante i comunicati ufficiali – l’afflusso di turisti paganti a Selinunte che, dopo i primi giorni, si mantiene nella media annuale di sempre, come il sullodato rag. Napoli, con la sua riconosciuta acribìa, ha scrupolosamente dimostrato.
– La presenza dell’Efebo a Castelvetrano, nel quadro di un serio programma di valorizzazione dell’itinerario storico artistico della città, alla luce anche della recente riapertura della chiesa di San Domenico, dovrebbe servire a indirizzare parte del flusso turistico del parco archeologico verso il centro storico cittadino, come ben ha compreso, invece, l’Amministrazione comunale della vicina Partanna, città che, pur non essendo storicamente e amministrativamente legata a Selinunte, è riuscita ad ottenere dal competente Assessorato Regionale che l’ingresso al Parco Archeologico costituisse titolo valido per la visita del Castello Grifeo, inducendo in tal modo i visitatori della zona archeologica selinuntina a recarsi a Partanna piuttosto che venire a Castelvetrano;
– Osservo, infine, che le risorse, ancorché non comunali, impiegate per il detto trasferimento – che mi auguro rimanga provvisorio e non sia piuttosto il primo passo per una definitiva cessione di fatto se non de iure del prezioso reperto all’Amministrazione Regionale – avrebbero potuto essere più efficacemente impiegate, per un articolato programma di promozione del territorio. Mi permetto di osservare in proposito che, a causa dell’asserito mancato reperimento di risorse onde stipulare una polizza di assicurazione trasporto, giace ancora a Trapani, presso la Soprintendenza, la bellissima statua della Madonna dell’Itria, già restaurata da anni e per la quale, a suo tempo, era stato completato l’iter burocratico per il suo ritorno a Castelvetrano; come del resto si era fatto per il Trittico di San Gandolfo e per il quadro di San Francesco da Paola, restituiti alla chiesa dell’Annunziata, o per il palliotto cinquecentesco di fra’ Pietro da Mazara riportato ai Cappuccini. Faccio ancora presente che, nonostante un carteggio tra Comune e Ministero dell’Interno, proprietario della fabbrica, rimane chiusa la bellissima chiesa del Carmine, oggetto di un sapiente restauro, i cui effetti si stanno purtroppo perdendo; e ciò in quanto l’Amministrazione civica non è in condizione di pagare il tenue canone annuale che il Ministero richiede. Malgrado ciò, si cercano altri 30.000 euro per lasciare l’Efebo alla casa del viaggiatore, ancorché potrebbe stare benissimo e gratis a casa sua.
Ineccepibile la nota del prof. Calcara. Quella dell’Efebo è stata una plateale dimostrazione di dilettantismo da parte della amministrazione.
Come castelvetranese orgoglioso del nostro dico nostro patrimonio archeologico mi addolora costatare che tutto venga mercificato e ridotto ad una mera questione di soldi.