[di Francesco Saverio Calcara] Allegria! Da ieri, ufficialmente, non siamo più Belìce. Forse sposteranno la foce del fiume che dà il nome alla Valle, forse cambieranno il nome all’ultima parte del suo corso perché non si dica che attraversa l’agro di Castelvetrano, o forse, come del resto hanno fatto nell’Ottocento con Bigini, Donzelle e Ciafaglione, proporranno di aggregare quel territorio a Partanna, e già che ci sono si prenderanno pure Selinunte (Triscina no; quella, come tutte le rogne, certamente ce la lasceranno!).
Ieri, Castelvetrano – contro ogni evidenza geografica, storica e socio-culturale – è stata cancellata da tutto: fuori dalla cerimonia rievocativa a Partanna, fuori dalla lapide commemorativa a Gibellina, fuori da ogni citazione.

Tendopoli alla periferia di Castelvetrano (ph. Giaramidaro)
Perfino il sindaco di Sciacca – a 40 Km ! – ha avuto un sussulto di dignità protestando per non essere stato invitato, rivendicando alla sua città il diritto ad esserci, mentre noi brillavamo di un assordante silenzio!
Ho anni sufficienti per ricordare quei giorni del gennaio 1968, quando Castelvetrano offrì il primo aiuto agli sfollati belicini (come dimenticare le tendopoli del Belvedere, dei Cappuccini, del campo di aviazione (foto), i carri merci alla stazione e gli autobus trasformati in alloggi di fortuna, il pane e la minestra distribuiti davanti alle chiese?); costituì il primo presidio sanitario per i tanti feriti (ho ancora nelle orecchie l’ululato delle sirene davanti il vecchio nosocomio e poi davanti la Scuola Media Pappalardo trasformata anch’essa in struttura ospedaliera) e, purtroppo, il luogo dove trasferire i tanti morti (mai scorderò la scena dei cadaveri bianchi di polvere e di calce allineati dentro la stazione degli autobus in piazza Generale Cascino, dove oggi sorge l’Informagiovani); qui fu il centro operativo dei soccorsi nella grande spianata dove sarebbe stato costruito il nuovo ospedale, disseminata di tende e attrezzature dei Vigili del Fuoco che facevano la spola con le zone disastrate.
Anche noi abbiamo avuto le nostre case colpite e le nostre chiese crollate (più per insipienza degli uomini, in verità, che per la furia della natura, ma questa è storia comune, purtroppo…). Vorrei chiedere a tanti amici belicini dove hanno mandato per anni i loro figli a scuola, dove hanno curato i loro ammalati, dove hanno sbrigato tante pratiche burocratiche, dove hanno fatto tanti acquisti, dove, in molti casi, si sono trasferiti, e via dicendo.
E anche ieri, tanto supporto logistico da dove veniva? Certo, negli ultimi tempi, questa mia martoriata città ha conosciuto un impressionante declino, attanagliata da una crisi che, prima di tutto, è identitaria e culturale, ma non tanto da non dover meritare, almeno, la cortesia istituzionale di un invito. “Un mezzo sigaro toscano e una croce da cavaliere non si negano a nessuno” pare abbia detto un giorno Vittorio Emanuele II; eppure, anche la soddisfazione di un cartoncino gallonato ci è stata negata.
Francesco Saverio Calcara
AUTORE. Altre Fonti
Concordo in pieno con il Prof. Calcara! Purtroppo però, credo che questa sia l’amara risposta alla mancanza di orgoglio e senso di appartenenza che in questi ultimi anni ha contraddistinto i castelvetranesi! Questo ci sta portando ad annullarci come paese e come comunità, che non risulta unita, forte ed operosa! Concludo con una domanda: Se i primi a non credere in Castelvetrano siamo noi castelvetranesi, come possiamo pensare che gli altri possano credere in noi e soprattutto ricordarsi di noi?
Prof. Calcara, lei sa quanto bene voglio a Castelvetrano. Quanto mi spendo e con la voglia di fare sempre di più. Però, al.di la delle battute, se Selinunte l’avessimo noi…….ne faremmo di cose.
CONCORDO IN PIENO CON IL PROFESSORE CALCARA…la mia indignazione oggi e’ incalcolabile…..volevo iniziare ringraziando l’organizzatore della manifestazione delle celebrazioni del terremoto del Belìce il sindaco Catania così sempre vicino a Castelvetrano ,quando ha da prendere ovazioni e premiazioni…
grazie…grazie…grazie….e poi ci mette nel dimenticatoio…a tutta quella popolazione che ha applaudito il presidente mattarella e tutti gli altri politici presenti…tutti i giorni ci lamentiamo,li critichiamo perche’ tutto va male e poi li abbiamo davanti e applaudiamo come fossero star….e dimentichiamo che sono la nostra ROVINA….mortificando ancora una volta quelle povere famiglie che potranno perdere le proprie case di Triscina e oggi presentandosi dal presidente …sono stati ignorati….vergognamoci….
VERGOGNA…VERGOGNA…VERGOGNA
E POI DOVE SONO LE LAMENTELE DI CHI VOLEVA GOVERNARE LA NOSTRA CITTA’….FINITA LA CAMPAGNA ELETTORALI SONO SCOMPARSI
Un ulteriore schiaffo alla comunità di Castelvetrano, dopo il commissariamento giuridicamente dubbio degli organi elettivi della Città.
Chi ha deciso questa offesa, parrebbe il Prefetto, ignora che gli effetti nefasti causati dal terremoto, seppure in misura minore di altre comunità, sono stati subiti anche da Castelvetrano.
Inoltre, questo rappresentante del governo, se l’esclusione è stata dallo stesso decisa, ignora certamente che storicamente Castelvetrano è stata la piccola capitale della Valle del Belìce, per disponibilità di servizi a favore dei paesini, per numero di popolazione, per ricchezza commerciale,per importanza degli edifici, è stata la capitale del principato dei Pignatelli-Tagliavia, ed il mancato invito dei rappresentanti non elettivi dei cittadini castelvetranesi, a partecipare al saluto del Presidente Mattarella, merita una grande sonora protesta ufficiale.
Per comprensibili motivi tale protesta pubblica, come avvenuto con il Sindaco di Sciacca, non ci potrà essere……
Chissà perchè in questa vita si ricordano sempre delle persone come dei comuni i fatti negativi. Spero tanto che un giorno le cose cambino.