È difficile, come tutti già ben sappiamo, trovare qualcuno al giorno d’oggi che non abbia un minimo contatto con la tecnologia. Ancora più raro è trovarlo nella mia generazione, ormai definita con un termine, che al solo utilizzarlo, fa avvertire il cambiamento, ovvero “Nativi digitali”.
La trasformazione del modo di lavorare, di imparare e anche di socializzare ha ormai cambiato in sostanza anche il modo di vivere. In una società che mira ad un maggiore tasso di progresso con il minore sforzo possibile, è fondamentale predisporre anche l’aspetto ricreativo secondo metodi più immediati e meno dispendiosi.
Ho potuto notare che vi è nei prodotti di questa trasformazione reperibili da noi giovani, un’ opportunità caratterizzata da un esito sia positivo ma anche drasticamente alquanto negativo. È senz’altro rivoluzionario come i social network e i grandi canali di condivisione abbiano enormemente ridotto in cenere distanze di cui fino ad un secolo fa neanche si teneva conto. La quantità di informazioni, di cultura reperibile, di interessi a nostra comoda disposizione ha fatto sì che non ci fossero più orizzonti a cui guardare perché raggiungibili. Si è discusso molto e di continuo di come questo “sovraccarico” di informazioni sia dannoso alla crescita di un bambino o di un adolescente che non ha ancora la facoltà di distinguere e di distinguersi.
Per non ripetere ciò che si sente già ogni giorno, vorrei analizzare il problema sotto un punto di vista molto più “quotidiano”. E se guardassimo l’avvento dell’era digitale nella veste in cui “attecchisce” nel Siciliano e in particolare, in quella “Sicilianità” di cui personalità come Tomasi di Lampedusa o Leonardo Sciascia si sono fatte voce ed espressione?
Troppo spesso avverto nei miei coetanei un fatale e invisibile senso di perenne insoddisfazione, di straniamento da se stessi e da ciò che si ha intorno, nell’ affannata ricerca di qualcosa che si sente irraggiungibile e di conseguenza un naturale istinto a non guardare e a non apprezzare le piccole e grandi cose che si hanno intorno come per ultimo il proprio paese o addirittura la propria vera natura. La natura del Siciliano semplice, non aperto, abituato ad essere dominato ma a nutrire sempre nel profondo quell’orgoglio che nel contenuto è scarno in quanto non gli permetterà mai di cambiare e rinnovare la sua posizione di “dominato”, crea una fatale alchimia con l’ingente (e quasi soverchiante) apporto di realtà e quotidianità così diverse e viste in maniera tanto “aurea” da mistificare e far quasi dimenticare ciò che c’è da apprezzare nella nostra reale quotidianità.
Eccolo lì, “dominato” anche da quest’altra rivoluzione, il Siciliano. Se pur abbagliato dalla ricchezza che il mondo offre, ammaliato da quel “diverso” dal solito e monotono grigiore quotidiano, il Siciliano rimarrà sempre comunque lontano e convinto che nulla di tutto questo sia raggiungibile in quanto le sue capacità e ciò che gli viene offerto non lo permettono. Dovremmo imparare a trarre il meglio da ciò che i nuovi media sociali ci offrono, provare a non trasformarli in luoghi di rifugio dove possiamo essere chi vogliamo o avere ciò che vogliamo ma tenerli sempre sotto il rigido controllo di poco più che preziosi strumenti per la propria crescita, per la propria cultura e per le proprie passioni, non un completo sostituto di tutto ciò.
Questo scopo, a mio parere, può essere raggiunto in primis, solo grazie ad una buona educazione all’uso di uno strumento così potente come internet, specialmente per i più piccoli ancora privi di una vera e propria personalità. Accorgiamoci che la possibilità di un cambiamento è solo nelle nostre mani, del resto come nella letteratura, non si può vivere nei libri ma i libri, come la tecnologia, possono aiutarci a vivere meglio.
AUTORE. Germano La Monaca