Sindaco e assessori indagati per la strage di Mineo

I sei operai morti lo scorso mercoledì, in un incidente sul lavoro all’interno del depuratore comunale di Mineo in quella vasca maledetta non avrebbero dovuto MAI entrarci.

E’ questa l’unica certezza che emerge dalle prime indagini dei carabinieri coordinate dal procuratore capo della Repubblica di Caltagirone, Onofrio Lo Re. Il magistrato ha già iscritto sette persone nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo, ma fonti qualificate si sono affrettate a dichiarare che si tratta “di un atto dovuto per il legale svolgimento dell’inchiesta”.

Gli indagati sono il sindaco di Mineo Giuseppe Castania, il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Marcello Zampino, quattro assessori (Antonino Catalano, Giuseppe Mirata, Giovanni Amato e Giuseppe Virzì) e il legale rappresentante dell’azienda impegnata nelle operazione di manutenzione dell’impianto, Sebastiano Carfì.

L’inchiesta ruota sopratutto attorno a un interrogativo che non ha trovato ancora una risposta: perché i sei operai – quattro dipendenti comunali e due della ditta privata – sono scesi dentro quella vasca che si è poi trasformata in una “camera della morte”? Una operazione che “non è prevista né dalle nostre procedure aziendali, né dalle disposizioni del committente” puntualizzano i responsabili della dittà Carfì servizi ecologici, la ditta privata di Ragusa che eseguiva per conto del Comune i lavori. Anche il sindaco Giuseppe Castania conferma che ci sarebbe stata una violazione dei protocolli di sicurezza, “visto che nella vasca non ci sono gradini per potervi accedere”.
La scala in alluminio utilizzata per scendere dentro l’impianto, infatti, sarebbe stata portata da due impiegati comunali chiamati dai loro colleghi. Forse perché serviva a risolvere un problema che poi si è rivelato la vera causa della tragedia. L’intervento di manutenzione era quello di espurgo della vasca. I due operai della ditta Carfì avrebbero dovuto pompare i liquami e portarli via con una autocisterna, governata da un addetto ai comandi che non può allontanarsi dal mezzo.


Due impiegati comunali, pare Giuseppe Zaccaria e Salvatore Pulici, erano presenti per ‘controllare’ il regolare svolgimento delle operazioni. Ma qualcosa non ha funzionato. Forse il tubo di aspirazione si è incastrato, oppure i filtri si sono intasati. E’ a questo punto che sono stati chiamati gli altri due dipendenti comunali, Giuseppe Palumbo e Natale Giovanni Sofia, ai quali è stato chiesto di procurarsi una scala in paese per fare quello che non avrebbero dovuto: scendere nella vasca “senza mascherine né respiratori”, come sottolinea il procuratore Lo Re. “Quello che è accaduto – aggiunge il magistrato – lo chiariranno l’autopsia e gli esami tecnici disposti”.

Di certo, conferma un consulente del sindaco, “i fanghi sprigionano gas metano”. E proprio i miasmi venefici della vasca potrebbero essere i responsabili della morte dei sei operai, rimasti intossicati uno dopo l’altro nel tentativo disperato di aiutarsi a vicenda. Oltre ad accertare le cause della tragedia, l’inchiesta della Procura di Caltagirone dovrà fare luce anche sulla posizione contrattuale di Salvatore Tumino e Salvatore Smecca, i due dipendenti della ditta Carfì. In particolare Smecca, secondo quanto riferito, sarebbe stato assunto due giorni prima dell’incidente. I carabinieri hanno già sequestrato tutta la documentazione, presso la sede dell’azienda.

La Sicilia, intanto, è a lutto
: oggi alcune fabbriche si sono fermate a fine turno per mezz’ora; domani in tutti gli uffici regionali alle 12 verrà osservato un minuto di raccoglimento. Lo ha deciso il presidente, Raffaele Lombardo, “per esprimere la partecipazione delle istituzioni e di tutti i siciliani al dolore dei familiari delle vittime”.

(ANSA)

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