avvocato franco messinaUn tempo, sono rimasto impressionato del modo, che appariva strategico, di mettere contro Giovanni Falcone tutti quelli che si trovassero nel palazzo dei veleni di Palermo.

Benchè fossi consapevole della triste capacità dei mafiosi di “fare tragedie” per ottenere il risultato di mettere i propri nemici contro loro stessi, frammentando il fronte comune contro la mafia, ho sempre pensato che gli uomini delle istituzioni e dei palazzi istituzionali, fossero in grado di farsi male da soli per incompetenza, incapacità, invidia e per la loro pochezza di uomini intenti ad occuparsi del loro ego e non dell’interesse generale, facendo un favore, più o meno inconsapevole, alla mafia.

Certo non posso escludere che fosse anche il frutto di una sapiente strategia di menti raffinatissime.
Oggi però, resto ancora più convinto della circostanza che la frammentazione del fronte comune, sia dovuta più al limite dell’uomo che a qualsiasi strategia di voluta delegittimazione oramai non più giustificata dai tempi.

E’ bene, a questo punto, spersonalizzare ancora di più la trattazione dell’argomento ma non prima di segnalare brevemente alcune circostanze prettamente personali e ciò a livello essenzialmente precauzionale, per “parare” gli eventuali attacchi dei soliti “professoroni” dell’antimafia.

Ho all’attivo oltre venticinque anni di progetti di legalità nelle scuole castelvetranesi, ho avuto un ruolo – quale presidente dell’Age – nella fondazione della sezione castelvetranese dell’associazione “Libera”, ho partecipato all’organizzazione delle prime carovane antimafia e ai primi due cortei dei giovani studenti del 2010 e 2011.
Forse ciò non basterà per darmi una patente ufficiale di antimafioso ed è facile provare a dire che un avvocato penalista non può fare antimafia perché li difende i mafiosi, ma voglio fidarmi dell’intelligenza di chi leggerà queste righe per non cadere in un qualsiasi tranello di scontata origine delegittimante.

Insomma, spersonalizziamo e affrontiamo con piglio deciso lo spinoso argomento:
ma l’antimafia a Castelvetrano di chi è?

Chi può fregiarsi dell’ufficialità delle iniziative culturali che servano a sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno di patologia sociale più efferato e pericoloso? La mafia.
C’è una laurea o un percorso formativo o esperienza civica che autorizzi un professionismo antimafioso?

L’antimafia deve promanare solo da una parte o deve rappresentare un patrimonio comune che appartenga ad ogni cittadino di buona volontà che voglia riconoscere l’assoluta esigenza della società civile di liberarsi di un cancro così devastante, anche oggi così pericolosamente subdolo e pericoloso?

Un interrogativo legittimato dagli ultimi eventi che hanno acceso polemiche persino fra dirigenti scolastici, proprio quelli che dovrebbero essere i più sensibili alla responsabilità educativa verso i nostri giovani studenti.

E se la questione sofistica della differenza fra “antimafia” e “legalità” diventa un terreno di scontro fra persone che si misurano onestamente sul piano del confronto verso un medesimo obiettivo, la rimozione di qualche cartellone dalle pareti di un Liceo e la ritardata intestazione di un’aula magna da parte di una preside appena arrivata, diventano occasione di scontro e di scandaloso scoop giornalistico.

Penso che in questa poco edificante storia di poco spessore culturale, valga la pena stigmatizzare il comportamento di chi intende incarnare il “verbo” dell’antimafia di maniera e che tiene molto alle vere e proprie manifestazioni interplanetarie dei soliti patentati che, al posto di proporre iniziative alla cittadinanza, brucia un occasione preziosa di un consiglio comunale aperto per deludere tutti con le solite parata di chiacchiere che dimostrano la stanchezza di un modulo che non funziona più.

Una proposta potrebbe essere quella di riunire in un’unica parte tutti gli uomini di buona volontà, in una sorta di assemblea costituente il nuovo corso dell’antimafia e ricominciare lo studio di serie iniziative per l’affermazione della legalità antimafiosa, ripartendo dalla scuola.

Ma con modalità intimistiche, mettendo al centro dell’interesse complessivo i giovani studenti che rappresentano gli utenti finali dell’azione educativa e pertanto ripartendo dalle lezioni mirate all’interno delle singole classi.

Un po’ come, non tanto tempo or sono, un progetto che si chiamava “da qui al 23 maggio”, offriva un percorso d’informazione e formativo che aveva l’obiettivo di “adottare” una vittima di mafia per ogni anno e renderla vicina ai giovani studenti.

Lezioni di legalità antimafiosa che sono servite e che dovranno servire a far conoscere il punto di vista delle vittime della brutalità mafiosa e celebrarne la memoria e l’approfondito ricordo dell’esempio della loro vita.

Ciò rifugendo volutamente da manifestazioni eclatanti o dal tema essenzialmente dettato da esigenze unilaterali e spesso egoistiche e sforzandoci tutti insieme di mostrarci dalla stessa parte, uomini alleati nel raggiungimento dello stesso obiettivo, la crescita culturale della nostra comunità.

L’antimafia del futuro: tutti dalla stessa parte, insieme in una alleanza comune.

Prof. Avv. Franco Messina

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