“Una taglia sullo scarabeo scomparso dal Belice”

Nella riserva viene protetto lo scarabeo.

È una cosa che sanno in molti. Ciò che invece sanno in pochi, è che lo scarabeo non è quello che spesso vediamo girare per le spiagge. Ma una specie completamente diversa, che si è estinta più di vent’anni fa.
Certo, per i naturalisti e gli appassionati non si tratta certo di una notizia, ma per chi vorrebbe tappezzare la zona di stabilimenti balneari, potrebbe accendersi una lampadina nel buio dei vincoli che finora non hanno permesso la posa di un solo mattone.
Lampadina che però è destinata a spegnersi, vista la presenza di tante altre specie animali da proteggere presenti nella riserva.
Ci si chiede però perché lo scarabeo (Thorectes Marginatus) si sia estinto.

L’entomologo Davide Castelli non ha dubbi: “Metto la taglia su questo esemplare. Se qualcuno dovesse portarmene uno dalle foci del Belice, lo immortalerei nella scienza con una pubblicazione, perché sarebbe un ritrovamento di portata internazionale. È successo che dopo l’istituzione della riserva – continua Castelli – è stato impedito per qualche tempo al pastore di portarvi le pecore al pascolo. Il Marginatus, che è uno stercorario, si è estinto nel giro di qualche anno”.

L’entomologo dice la sua anche sulla gestione della riserva: “Fino ad oggi è stata fallimentare, le prove sono sotto gli occhi di tutti. Le riserve dovrebbero essere gestite dai naturalisti. A Castelvetrano ci sono dei giovani, purtroppo disoccupati, il cui grado di preparazione è altissimo, con pubblicazioni scientifiche su riviste mondiali. Sono persone con competenza e passione che, in collaborazione col mondo accademico universitario, potrebbero gestire questo grande patrimonio naturalistico”.

Ma chi sono i visitatori della riserva?

C’è un turismo interessato a questo patrimonio così mal gestito e poco valorizzato?
Gli alberghi sorti nelle immediate vicinanze, servono davvero per ospitare gli appassionati della riserva, come certa stampa e certa politica ha voluto far credere? Difficile crederlo, visto che nel recente passato la politica ha promesso loro un tratto di spiaggia per il turismo balneare dei propri ospiti.

In quest’ottica, le passerelle in legno più che permettere ai turisti un percorso di fruizione della riserva, rappresenterebbero invece un mero attraversamento per raggiungere la spiaggia.

Il visitatore della riserva non esiste – osserva ancora Castelli – si tratta di bagnanti. Gli alberghi non dovrebbero esserci. Purtroppo ci sono, ma sicuramente sarebbe bene che non ne sorgessero degli altri. Diversamente si rischierebbe di perdere milioni di anni di storia evolutiva e patrimoni di incalcolabile valore.

Egidio Morici
www.500firme.it

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  • Concordo pienamente con l'ottima intervista, dal mio punto di vista bisognerebbe partire dal liberare la riserva da ogni tipo di attività turistica, lido e postazioni balneari alberghiere.

  • L'intervista integrale rilasciata dal sig. Castelli non è tanto pacata e riflessiva così come Morici, intelligentemente, la presenta. Castelli nel contesto del suo discorso, oltre a molte inesattezze, già dette nei commenti che hanno preceduto questa pagina, continua a mostrare stizza e risentimento, non giustificabili, nei confronti di chi è arrivato ad accompagnarlo nella riserva del Belice per verificare l'ipotesi dell'estinzione del Thorectes marginatus dal biotopo. Nelle scienze naturali le ipotesi sono ben diverse dalle certezze che in assenza di ricerche, studi mirati, non possono mai essere accolte. Quando Castelli anni addietro mi confidò la sua teoria sull'estinzione del marginatus dalle dune limitrofe alla foce del Belice gli dissi di non dirlo ad altri esperti, visto che anche con l'istituzione della riserva (il regolamento lo vieterebbe e in questo senso anche il Piano di gestione del SIC) le pecore non sono andate mai via dall'area protetta, se non negli usuali periodi in cui, per motivi trofici, il pecoraio le porta altrove. Gli dissi pure che il geotrupide si accontenta delle caccole dei conigli selvatici che, di certo, nella riserva non sono mai mancati, se è vero, come è vero che ci sono spregiudicati che, in assenza di controlli, continuano addirittura a condurre i cani da cerca e da seguito in addestramento, come se la riserva naturale fosse un cinodromo. Sulla scorta di detto consiglio, si è limitato a correggere il tiro, asserendo che INIZIALMENTE le "pecore si sono allontanate per un certo periodo di tempo". Cosa che nel nostro caso non è ammissibile perchè in uno studio serio non si prescinde mai dalla registrazione esatta del tempo in cui è stata condotta la verifica: "dal..... - al.....". La sua trovata, però, avrà fatto il giro del mondo se è vero, come è vero che, qualche anno addietro, portandomi presso gli Uffici peposti della Provincia, per lamentarmi della presenza massiccia di pecore nella riserva che calpestavano pure i nidi di Fratino, il funzionario addetto, il sig. Fausto D'Arienzo (ora in pensione), di Castelvetrano, mi disse che era impossibile allontanare le pecore perchè garantivano la sopravvivenza dello stercorario (cioè del marginatus). A nulla è valsa la mia protesta tendente a fare rilevare che la riserva non era stata istituita per garantire la sopravvivenza di una sola specie animale e che lo sterco delle pecore o di altri ruminanti poteva essere, comunque, immesso. Il Castelli, tra l'altro, non è nuovo a queste trovate. Dopo il rinvenimento (28/V/1978) a Capo Feto, da parte di Attilio Carapezza e Bruno Massa, di una nuova specie di coleottero melolonthide, l'Hoplia attilioi, il nostro ha cominciato a ricamarci sopra, asserendo che la specie può essere rinvenuta solo nei circa 100mq. alle spalle del noto faro, nelle giornate non ventose e nel mese di maggio. Quando, con l'amico Piero Palermo (il noto guardiano di polli chiamato incautamente in causa nei commenti di Castelli) ho trovato il ritaglio di tempo disponibile per potere effettuare questa verifica, ho tovato l'insetto a circa un chilometro di distanza, ad est del faro. L'ho rinvenuto, tra maggio e giugno inoltrato, con vento e con pioggia, sempre sui fiori di Silene coeli-rosa, specie vegetale con la quale sembrerebbe vivere in simbiosi. L'insetto, infatti, fa perdere completamente le sue tracce allo sfiorire della pianta. Giampaolo Rallo, naturalista veneto di fama internazionale, consulente del Ministero dell'Ambiente per le zone Ramsar, lo scorso anno è venuto a Capo Feto per prendere atto, sulla scorta delle mie segnalazioni, della presenza dell'attilioi al limite sud-est di Capo Feto. Non sono un entomologo, ma da naturalista non ho mai preso sul serio l'attività svolta da Castelli, se non quella della collezione di specie di entomofauna, se non quella della lettura di libri di qualsiasi indirizzo scientifico. L'ornitologia al pari dell'entomologia è una branca della zoologia, quindi, della biologia. Come l'entomologia presuppone la ricerca (per l'entomologia basta sollevare sassi dal terreno o smuovere lo sterco o scortecciare alberi o piazzare trappole) e il rilevamento sul campo delle specie faunistiche che attengono alla materia. Solo che il rilevamento (birdwatching termine inglese che non sminuisce il valore dell'attività) degli uccelli è alquanto più difficile, visto che volano, si allontanano speditamente e bisogna saperli identificare anche a volo. C'è chi lo fa istintivamente per esperinza acquisita, c'è chi preferisce avere il manuale di riconoscimento sempre a poratata di mano, c'è chi prova riluttanza e vorrebbe lasciare intendere che l'ornitologia (non solo il Birdwatching) è il fanalino di coda della zoologia. Evidentemente l'ornitologia è tutt'altra cosa, ovvero la conoscenza, oltre che l'identificazione degli uccelli selvatici e solo gli ignoranti o i presuntuosi o gli invidiosi la possono confinare alla non facile attività di rilevamento o birdwtching. Un buon ornitologo non può prescindere dalla conoscenza degli ecosistemi e per questo è da ritenere un naturalista. Chi ha praticato l'attività venatoria con passione e nell'osservanza piena delle regole si porta appresso le qualità di base del naturalista, dell'ecologista. Non a caso i vari Carlo Ettore Arrigoni degli Oddi, Giacinto Martorelli, Augusto Toschi, Alessandro Ghigi (il fondatore dell'Istituto di Zoologia applicata alla caccia, ex INFS, attuale ISPRA, Istituto Superiore per la ricerca ambientale, alle dipendenze del Ministero dell'Ambiente), Edgardo Moltoni, Mario Incisa della Rocchetta (primo presidente italiano del WWF), Bruno Massa, Fabio Perco, Angelo Priolo, il popolare Fulco Pratesi (cacciava anche in Africa), tanto per citarni alcuni, rimangono tra i più noti naturalisti italiani moderni. Gestire le riserve presuppone passione, conoscenza e competenza cose che allo stato attuale non albergano nè nelle Università che di fatto già controllano tutto quanto ruota attorno alla conservazione della "biodiversità", nè nella maggior parte dei giovani laureati (scienze naturali, biologia e veterinaria) che giustamente pensano a sistemarsi. Personalmente non sono riuscito mai a cingermi di due, massimo tre allievi che mi hanno giustamente lasciato quando hanno capito che la competenza acquisita anche sul campo, da noi, non è sufficiente a garantire il ritorno economico. Cosa che Davide Castelli sa benissimo, ma anzichè prendersela in maniera ponderata con i politicanti e con i mamma santissima degli atenei, scarica su di me. Chissà perchè? Ma c'è un perchè.

  • @Enzo. Sciabica : Mi rifiuto di scendere sul tuo solito piano di demagogia giuridico politica, in quanto il mio milieu culturale è prettamente scientifico. Rispetto il tuo hobby, ma non devi spacciarlo per attivitá culturale nè puoi atteggiarti a maestro di inezie. Rispondo alle tue perplessitá semplicemente invitandoti a citare e dimostrare la presenza attuale di un solo esemplRe vivente di marginatus. Da diversi anni a questa parte, non se ne è trovato nemmeno uno, ergo, tutti gli elementi puntano per una diagnosi di estinzione, almeno nel biotopo delle Foci. La tua opinione sulla caccia è solamente una tua fissazione maniacale ed é inutile che riporti nomi più o meno altosonanti. Se qualche personaggio famoso fuma 3 pacchetti di sigarette al giorno o mangia i bambini, non per questo tali misfatti diventano beatifici. La caccia è un delitto contro l'ambiente ed i cacciatori sono dei criminali. Avere un approccio scientifico vuol dire collegare i saperi tramite il problem solving e conoscere il significato dei taxa nel più vasto contesto della storia naturale. Nei tuoi scritti hai dimostrato se pre un approccio monco ed avulso dalle grandi problemati he dell'alta Scienza, collegata più con la Filosofia checon l'andare a taliari l'oceddri. Inoltre, i giovani naturalisti( quelli veri) che tu vorresti scalzare per inesperienza presunta, in collaborazione con il mondo accademico( che a differenza tua, conosce la biochimica, la biologia molecolare, la genomica, ecc), essendo gli unici veri specialisti della gestione ambientale, sono i soli ad avere il diritto a gestire le riserve.circa l'Hoplia attilioi, se a 100 o 300 metri dal faro, ti lascio nella tua ignavia. A proposito, non mi hai ancora risposto alla domanda sul significato biogeografico sistematico sul significato della presenza del pollo sultano( dimostra di non essere solo un dilettante).

  • Ma di quali taxa parli, visto che a cominciare dagli uccelli selvatici (è solo agli uccelli selvatici che la comunità scientifica internazionale ha dedicato speciali aree di conservazione), contrariamente all'approccio che io ho anche con gli invertebrati, le altre entità faunistiche mi sembra che ti facciano ribrezzo? Non ricordo che tu mi abbia mai chiesto notizie sul ritorno del Pollo sultano nelle nostre zone umide e, comunque, basta leggere l'"Atlante della biodiversità della Sicilia, Vertebrati terrestri" (Ed. ARPA Sicilia 2008 - alla stesura del quale, dopo la riunione di Pergusa, coordinata da B. Massa, non ho voluto collaborare per mia scelta) per capire chi è lo studioso del Pollo sultano in Sicilia sud-occidentale. Sul Rallide, dal 2005 (19/9 la data del primo rilevamento di questa specie altamente criptica), ho pubblicato due articoli sostanziosi (in Giornale non scientifico, visto che la RIO - Rivista Italiana di Ornitologia - Edita dal Museo di Storia Naturale di Milano o Migratori Alati, RGF di Milano, hanno sospeso le pubblicazioni intorno a quel periodo) e spero che l'anno venturo potrai leggere la sua storia recente, in Sicilia sud-occidentale, in un libro che probabilmente sarà pubblicato da una Casa editrice che ci crede (visto che mettendo da parte la questione economica non ho mai provato piacere a pubblicare di tasca mia). Davide, tu olte che collezionista di insetti, mi sembri essenzialmente un sofista delle varie materie scintifiche (se non erro sei stato tu a definirti tuttologo), ma non un naturalista. Basta osservarti sul campo per capirlo. Per verificare le ns. qualità, in un precedente commento, ti ho sfidato a compiere un'escursione, accompagnati da osservatori, tra la foce del Modione e Porto Palo di Menfi. Aspetto ancora la risposta. Per quanto attiene l'attività venatoria, per sommi capi ti posso dire che non c'è poi tanta differenza tra la caccia agli uccelli e la caccia ai coleotteri. Non vedo perchè l'una, dal tuo punto di vista o da quello di Fulco Pratesi (la sua carriera di ambientalista e di deputato al Parlamento nazionale l'ha costruita sulla questione caccia, dopo avere cacciato anche in Africa) debba essere attività criminale, mentre l'altra è un diletto (chi me lo dice che non siano state le tue trappole a fare estinguere il marginatus dalle dune del Belice?). La caccia agli uccelli selvatici, per la frammentazione, per la restrizione degli habitat, per la rarefazione degli uccelli appartenti alle varie specie, è un'attività anacronistica (per questo nel 96 ho smesso e mi sono dedicato a tempo pieno alla caccia fotografica con risultati da fare invidia) per cui bisogna adeguarla ai tempi, pensando di riesumare l'istituto delle riserve di caccia (dove si produce anche selvaggina), ma aperte a tutti (ci sarebbe tra l'altro un possibile risvolto economico). Non posso concludere senza prima fare rilevare che la Pimelia grossa, tenebrionide ancora comune tra le dune, nella RNO del Belice è specie protetta quanto il Thorectes marginatus.

  • Ho dimenticato di dire che i veri naturalisti non mettono taglie, nè acquistano trofei. Nel caso di specie la taglia o acquisto che sia, dal modesto punto di vista di un naturalista, potrebbe configurare anche il reato di ricettazione.

  • @ Enzo Sciabica: GNERRA SIGNOR GIUDICE CHI TESTA..... CI DISSI CHI ERAMU A FINARDA, IDDRU MI DISSI NA PAROLA Assai offensitiva, alkura pigghiai lu zappuni e ci lu ruppi n'testa: Allora lo ha uccio,, replicó il giudice...... Avrai certamente capito la mdtafora. Non mi parlare di leggi..... ho sempre odiatogli avvocati e non ho fiducia nel diritto cosí come tu sei ostico nei confronti della scienza. Non hai nemmeno capito la mia domanda sul pollo.... Caspita, io ti invito ad un dialogo sul significato, mica a cavolate sulla presenza fine a se stessa.... per queste cose basta un guardiano di polli. Mi hai visto sul campo? ti ricordo che i naturalisti di una volta( tipo Fabre) avevano i raccoglitori che li portavano sulla portantina. Io sono un razionalizzatore, mica un guardiano di polli. Per studiare il Masoreus aegyptiacus, sto comodamente a casa e me lo faccio recapitare dagli indigeni! Bene, caro Enzo, dissento da alcune tue idee bizzarre ma ti sono amico e la mia stima e valutazione sul tuo hobby non é diminuita di nulla Non me ne volere per la mia forse eccessiva franchezza.

  • troppa carne al fuoco in questi 2 messaggi, tuttavia non mi privo di pubblicare il mio pensiero sulle riflessioni presenti nei messaggi dei Dr Castelli e Sciabica.
    Per quel che concerne l'estinzione del coleottero nella riserva non posso pronunciarmi ma come viene insegnato agli studenti di primo anno, il modello scientifico prevede una osservazione, una ipotesi, una verifica e poi aggiungo io una pubblicazione (che certifichi l'accettazione del mondo scientifico). Sino a prova contraria, che deve a sua volta essere dimostrata secondo i criteri prima descritti. Per cui qui c'è poco da discutere.
    Per quel che riguarda la polemica riguardo le discipline scientifiche di serie A o B, penso che il Dott. Castelli ponga l'accento sul fatto che spesso la massa venga attratta dalle cosiddette specie carismatiche e sottovaluti l'importanza delle specie meno "attraenti". Su questo mi trova d'accordo seppur sarei più prudente nelle esternazioni, in quanto si potrebbe fuorviare chi ascolta. Nel senso che una specie bandiera non merita di essere esaltata ne declassata in quanto tale. Birdwatching è una espressione che si riferisce ad una attività ludica (sebbene possa fornire dei dati importanti) che non andrebbe associata all'ornitologia in senso stretto. Anche qui se è vero che T. marginatus è più importante di tutte le specie ornitologiche della foce va dimostrato. Però mischiare la difficoltà di campionamento con la difficoltà di identificazione (scrivendo: "per l’entomologia basta sollevare sassi dal terreno o smuovere lo sterco o scortecciare alberi o piazzare trappole" oppure "il rilevamento degli uccelli è alquanto più difficile, visto che volano, si allontanano speditamente e bisogna saperli identificare anche a volo") mi sembra completamente fuori luogo, proprio a dimostrazione che il dibattito si basi su una questione personale senza lesinare sulle bugie scientifiche (dato che sostenere che l'identificazione di una specie di uccello sia più difficile di quella di una specie di insetto, è una falsità)!
    Specie o gruppo che sia va trattato e protetto esclusivamente secondo dei criteri di Conservazione (una disciplina che include scienze naturali e sociali) che erroneamente non vengono mai ben definiti!
    I criteri scientifici sono: il ruolo ecologico, il patrimonio genetico rappresentato dalla specie, il livello di valenza ecologica e di vicarianza!!! In parole povere... quale è il ruolo ecologico della specie da conservare? Vi sono specie che in qualche modo si "sovrappongono" in quel ruolo (cioè è l'unico detritivoro, carnivoro etc.. o il suo ruolo può essere assunto almeno in parte da altra specie)? è l'unico rappresentante del suo gruppo tassonomico (c'è una specie molto affine a livello genetico)?.
    A parità di "condizioni scientifiche" si decide in base ai criteri sociali (impatto sulla popolazione locale, la comunità internazionale e impatto economico).
    Questo mi sembra incontestabile e applicabile a ciascun gruppo!
    La storiella dei cacciatori deve finire! Non saranno criminali ma la caccia provoca troppi danni a specie rare e persone (oltre che a tutto il sistema con l'inquinamento acustico etc.)! è impossibile capire a priori quale sia il cacciatore responsabile (e sono pochi) quindi siccome non sono necessari (dato che a eventuali abbattimenti selettivi può pensarci il corpo forestale) si elimina la caccia e si risolve il problema! Infine sulla gestione delle riserve mi sembra di capire che il Dott. Sciabica sia soddisfatto di come vadano le cose nelle riserve naturali... mah mi spiega cosa ci sia di buono nella gestione di riserve come quella della foce del fiume Belice? Spazzatura? lidi ovunque? Dune distrutte? Non saprei... è vero che ciò che è correlato alle riserve ruoti spesso attorno all'Università. Tuttavia altro è la gestione continua e programmata che un gruppo accademico può realizzare, altro è il "contrattino-contentino" che si lascia al consulente, al dottorando etc. (io ho visto sempre e solo questo!).
    Infine sono d'accordo che la maggior parte degli studenti siano poco preparati o poco capaci... e la "minor parte" che invece potrebbe togliere le castagne dal fuoco? Per punizione verso la generazione la teniamo fuori?
    Per chiudere una riserva non va istituita per un ritorno economico immediato (per quello bastano gli alberghi) bensì per la conservazione del valore naturalistico che è quantificabile anche economicamente (basta leggere un testo di economia dell'ambiente).

  • Caro Enzo: le tue "sparate"( da vero cacciatore) sono state talmente grosse da simulare veri e propri giochi piritecnici da maestri valenziani( senza alcuna allusione all'amico valenziano).Ovviamente la tua presunzione accompagnata da foga giuridica, son sicuro di porterá anche a contestare chi di Scienza( quella vera), ne ha fatto la sua professione. Da questa meritata lezione dovresti ricavarne insegnamento per il futuro: arrampicarsi e scarpinare con binocolo e fotocamera,non sono sinonimi di scienza, sono soltanto un sano divertimento quando non accompagnati da insano senno.

  • Troppa carne al fuoco, ma, no sig. Agugliaro. Io, anche per dovere di cronaca, mi sono limitato a rispondere alle provocazioni (legga i commenti inclusi alle precedenti pagine che trattano dello stesso argomento) di chi con estrema disinvoltura parla di ecosistemi e della loro conservazione e tutela, senza NEANCHE conoscere le leggi (ammissione personale)in questo senso, standosene "seduto comodamente a casa" in attesa che qualcuno gli porti reperti di entomofauna (sono riuscito a farglielo dire, altro che naturalista). Si figuri se, in assenza delle provocazioni, mi sarei sognato di soffermarmi a discutere se è più appagante, se non addirittura importante, ritenersi ornitologo o entomologo. Lei, però, senza avere letto le precedenti pagine, mi sembra che nello scambio tra me e Castelli, sia entrato, come si suol dire, a gamba tesa. Cosa che mi induce a difendermi, visto che, intanto, non mi è mai interessato fare una classificazione delle discipline scintifiche e soprattutto non ho mai detto che ricerca (in senso lato), quindi, rilevamento, quindi, cattura di uccelli o di coleotteri od altro, corrisponda a CAMPIONAMENTO o ad IDENTIFICAZIONE. Parlare di "campionamento" o anche di "scala" (come ha fatto Lei) significa trattare di censimenti o meglio di "stime" di specie animali che non possono essere mai ritenute estinte. Il confronto (se confronto si può chiamare) tra me e Castelli è ruotato chiaramente sull'estinzione (spifferata ai quattro venti, senza alcuna prova e con deduzioni pedestri dallo stesso) del marginatus dalle dune limitrofe alla foce del Belice. Per quanto attiene all'attività di RICERCA (questo è stato il mio termine e non campionamento o identificazione), di rilevamento, di rinvenimento (faccia Lei) di specie di entomofauna, mi scusi, oltre a sollevare pietre, a scortecciare alberi in via di decomposizione, a smuovere lo sterco, a piazzare eventualmente telecamere, a calare sonde, ad avvalersi del retino, cos'altro fa? Prof. Agugliaro, anche se ho apprezzato alcuni passaggi del suo discorso, perchè rendere le cose semplici (si fa per dire) difficili? Se Lei vuole dialogare con me non c'è bisogno di trarre spunto dalle contrapposizioni tra me e Castelli. Basta incontrarci sul campo dove assieme, tra l'altro, possiamo valutare le difficoltà a rilevare e, in questo caso si, ad identificare una specie ornitica di taglia ridotta, dalla lunga distanza, a volo, in posizione e in condizione di luce non ottimali. Dove possimo anche discutere dell'esercizio dell'attività venatoria che nei paesi industrializzati non sarà mai preclusa. In merito comprendo perfettamente quello che vuole dire, ma se non usiamo la testa e aggiriamo l'ostacolo, proponendo le aree dove confinare i cacciatori, continuerà a verificarsi che mentre i più parlano e si passano il tempo seduti comodamente a casa, io e qualche altro ostinato (c'è), dobbiamo continuare a scontrarci (pur non essendo guardie venatorie o ecologiche) con i moderni cacciatori che vanno ad insidiare le anatre selvatiche sin dentro le aree precluse alla caccia. Se ha davvero voglia di dedicarsi alla salvaguardia del nostro patrimonio naturale, incontriamoci e parliamone (in un commento ho inserito il mio indirizzo di posta elettronica). E' stato, comunque, un piacere.

Published by
Egidio Morici