Totò Cuffaro condannato a 5 anni, non si dimette perchè cade l’accusa di associazione mafiosa

I giudici del Tribunale di Palermo hanno condannato a cinque anni di reclusione per favoreggiamento il presidente della regione Sicilia Salvatore Cuffaro nel processo sulla presunta infiltrazione di alcune “talpe” nella Direzione distrettuale antimafia (Dda) del capoluogo siciliano.

Cuffaro, presente in aula, è stato condannato per i reati di favoreggiamento semplice, senza dunque l’aggravante della mafia e per violazione del segreto istruttorio, secondo il dispositivo della sentenza letto in aula dal presidente della III sezione penale del Tribunale Vittorio Alcamo.

Lo scorso 15 ottobre, la procura palermitana aveva chiesto otto anni di reclusione per Cuffaro, che ha sempre respinto ogni addebito. La sentenza è arrivata dopo 56 ore di camera di consiglio.
Cuffaro è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici ma, annunciando il ricorso in appello contro la sentenza, ha annunciato ai giornalisti che domattina tornerà al suo lavoro.

“Sono molto confortato da questa sentenza — ha detto Cuffaro — perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto”.

“Sapete tutti, l’ho detto da un anno che mi sarei dimesso soltanto se ci fosse stata l’aggravante … Da domani mattina ricomincerò a lavorare per la Sicilia perché il governo (siciliano) non può ancora restare in questo stato di impasse”, ha aggiunto il governatore siciliano.

Il processo, iniziato nel 2005 e durato poco meno di tre anni, ha visto svolgersi 150 udienze e l’impiego di oltre 200 testimoni di accusa e difesa, per un totale di circa 200.000 pagine di verbali. Nel processo, oltre a Cuffaro, sono imputate 13 persone.

A Cuffaro la procura contesta il reato di violazione del segreto istruttorio accusandolo di aver fatto sapere attraverso un suo amico, Domenico Miceli, al boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro che nella sua abitazione erano state installate delle microspie da parte dei carabinieri.

La procura sostiene anche che Cuffaro si sarebbe incontrato nel retrobottega di un negozio di Bagheria con Michele Aiello, imputato nello stesso processo con l’accusa di associazione mafiosa e ritenuto un prestanome del boss Bernardo Provenzano.

La versione di Cuffaro è che l’incontro con Aiello riguardava il tariffario regionale, in quanto Aiello all’epoca era proprietario della clinica “Villa Santa Teresa” di Bagheria, una delle strutture all’avanguardia per la cura dei tumori.

In questi giorni Cuffaro è anche al centro della vicenda delle nomine dei vertici del Banco di Sicilia, controllata al 100% da Unicredit.
Ai primi di gennaio il cda di Banco di Sicilia, riunitosi sotto la presidenza di Salvatore Mancuso e alla presenza dei soli rappresentati siciliani più l’amministratore delegato Beniamino Anselmi, aveva nominato Giuseppe Lopes direttore generale, nomina che si sovrapponeva a quella indicata da UniCredit di Roberto Bertola.

Martedì scorso UniCredit ha raggiunto un accordo con la Regione Sicilia e la Fondazione BdS sul futuro della banca siciliana: l’accordo prevede tra l’altro che venga riscritta la convenzione tra UniCredit e la Regione Sicilia che manterrà la facoltà di indicare propri rappresentanti nel cda del Banco di Sicilia.

Salvatore Cuffaro a Castlevetrano in occasione delle scorse amministrative

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