Mercoledì 11 maggio è stato approvato dalla Camera dei deputati il disegno di legge già approvato al senato, sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, tale disegno quindi adesso è legge, e a questa si aggiunge anche una normativa che riguarda le convivenze di fatto.
La COSTITUZIONE DELL’UNIONE CIVILE, così come il matrimonio, viene posta in essere di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni, tale atto registrato, verrà inserito nell’archivio dello stato civile.
Il documento attestante la costituzione dell’unione deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza, oltre ai dati anagrafici e la residenza dei testimoni
Le legge disciplina le convivenze eterosessuali ed omosessuali, cioè quelle tra “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” siano esse dello stesso sesso o di sesso diverso.
Le parti, “per la durata dell’unione civile, possono stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome”.
Non si può costituire una unione civile se esiste già un vincolo matrimoniale o un’unione civile tra persone dello stesso sesso è questo uno degli impedimenti presenti a cui si affianca anche l’interdizione per infermità di mente; la presenza di rapporti di affinità o parentela; se c’è una condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo grado ovvero una misura cautelare la procedura per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.
“Dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione”. Non c’è obbligo di fedeltà, come nel matrimonio. “Entrambe le parti sono tenute ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.
All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano gli articoli del codice civile relativi alle cause di nullità del matrimonio.
Il testo prevede che per ‘assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’ o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Questa norma non si applica alla legge 4 maggio 1983, n. 184 sulle adozioni ma il ddl precisa che ‘resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti’, una disposizione quest’ultima che ‘salva’ la giurisprudenza che dovrebbe consentire ai singoli Tribunali, per via giurisprudenziale, di concedere la stepchild adoption ai singoli casi concreti. ciò significa che la legge non prevede la possibilità di uno dei partner di adottare il figlio dell’altro, essendo stata stralciata la stepchild afoption dal testo . tuttavia l’art. 3 lascia spazio alla magistratura ordinaria di decidere in base al alle circostanze.
L’unione civile si scioglie quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile. In tale caso la domanda di scioglimento dell’unione civile è proposta decorsi tre mesi dalla data di manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione. Il ddl prevede anche che la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determini lo scioglimento dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. Alla rettificazione anagrafica di sesso, se i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l’automatica instaurazione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Il regime ordinario è la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano una diversa convenzione patrimoniale.
Ad oggi, un eventuale figlio di uno dei due partner, sarebbe l’unico beneficiario della pensioni di reversibilità (nei casi previsti dalla legge ossia di figlio minore, inabile al lavoro, a carico del genitore o studente), dell’eredità e del Tfr maturato dal genitore. Con la nuova legge la pensione di reversibilità e il Tfr maturato spettano al partner dell’unione. Per la successione valgono le norme in vigore per il matrimoni: al partner superstite va la “legittima”, cioè il 50%, e il restante va agli eventuali figli.
I requisiti per la convivenza di fatto invece sono: la maggiore età dei conviventi (siano essi di diverso o dello stesso sesso); la sussistenza di legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale; l’assenza di vincoli di parentela, affinità o adozione, o di legami matrimoniali o derivanti da un’unione civile. Oltre ovviamente alla coabitazione che si evince dai certificati anagrafici. tra i conviventi di fatto vige la reciproca assistenza e gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, in caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari, la facoltà di designare (in forma scritta e autografa oppure in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone), ciascun convivente “può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute; e in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, al convivente di fatto superstite il diritto di abitazione per due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni fino ad un massimo di cinque anni. Nel caso di coabitazione di figli minori o di figli disabili del convivente superstite, il diritto di abitazione si protrae per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto di abitazione viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto. Si prevede inoltre la facoltà per il convivente di fatto di succedere nel contratto di locazione della casa di comune residenza nel caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto.
In caso di cessazione della convivenza di fatto c’è obbligo di mantenimento nel caso in cui il coniuge separato non disponga di adeguati redditi propri, il convivente ha diritto di ricevere dall’altro gli alimenti per il suo mantenimento per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza.
Si riconosce al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente, il diritto di partecipazione agli utili commisurata al lavoro prestato. Tale diritto non sussiste qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.
il codice di procedura civile si modifica inserendo fra i soggetti che devono essere indicati nella domanda per interdizione o inabilitazione anche il convivente di fatto. La disposizione inoltre riconosce al convivente di fatto la facoltà di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno del partner dichiarato interdetto o inabilitato o che presenti i requisiti per l’amministrazione di sostegno.
Il contratto di convivenza, è un atto , redatto in forma scritta a pena di nullità e ricevuto da un notaio in forma pubblica, tale atto disciplina i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune delle parti e la comune residenza. Il contratto può prevedere le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo; nonché il regime patrimoniale della comunione dei beni (modificabile in qualunque momento nel corso della convivenza). In presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza; laddove il contratto sia concluso tra soggetti legati tra loro da vincoli di parentela, affinità e adozione; da persona minore di età, salvi i casi di autorizzazione del tribunale; da persona interdetta giudizialmente; ovvero in caso di condanna per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra è prevista la NULLITÀ DEL CONTRATTO DI CONVIVENZA. In caso di morte di una delle parti; in caso di matrimonio o di successiva unione di una delle parti; in caso di accordo delle parti; in caso di recesso unilaterale inoltre vi può essere una risoluzione del contratto di convivenza.
Fonti. BlogSicilia e Askanews
AUTORE. Patrizia Vivona
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