“Vi racconto di mio fratello Pino”

Una Fiat 126 malmessa e quel lungo viaggio da Palermo sino a Castelvetrano. Erano i tempi da seminarista quelli di Pino Puglisi quando veniva per le vacanze. Venti giorni, spesso anche un mese, trascorsi nella villetta a mare del fratello Gaetano a Marinella di Selinunte.

Un pezzo della sua famiglia sul finire degli anni ’40 si era trasferito qui. La scelta del fratello Gaetano, meccanico, di aprire bottega a 18 anni proprio a Castelvetrano dopo che qualcuno del posto lo aveva conosciuto come un bravo tecnico dei motori. Due vie distanti quelle percorse dai fratelli Pino e Gaetano Puglisi, uniti dalle umili origini dei genitori, Carmelo, artigiano e Giuseppa, sarta. Eppure quelle scelte diverse della vita non hanno mai interrotto il sentiero degli affetti tra questi due fratelli.

Affiatati nella vita, uniti oggi nella memoria

Aneddoti, ricordi, anche semplici sorrisi che Gaetano, oggi 81 anni, rispolvera guardando emozionato quelle foto in bianco e nero di un Pino Puglisi sempre sorridente. «E pensare che quando io facevo il chierichetto me lo trascinavo dietro perché in chiesa non ci voleva venire – racconta Gaetano – poi un giorno disse a mia madre: voglio entrare in seminario. E fu la sua felicità perché, confesso, lei un figlio prete l’avrebbe voluto».

Una giovinezza vissuta nella semplicità quella di Gaetano e Pino, l’uno il più grande, l’altro il più piccolo dei quattro figli dei coniugi Puglisi. «Mio fratello parlava poco di chiesa con me – dice Gaetano – ma non per questo noi non eravamo felici della sua scelta. Ricordo le tante stagioni estive durante le quali abbiamo accolto le sue colonie coi ragazzi di Godrano, la nostra casa era invasa da giovani e lui era felice».

Un don Pino Puglisi esile dentro quella tonaca nera che a Castelvetrano frequentava la parrocchia di San Francesco: ma cu è stu parrinu picciotto? si chiedevano i fedeli a vederlo servire la messa. «Scherzando, qualche volta, gli dicevo: un giorno ti faranno Papa e lui sorrideva» dice Gaetano. «Una notte andammo coi pescatori durante una battuta di pesca con le lampare, un’altra volta – ricorda Gaetano – venne da Palermo e mi chiese il motore Itom per andare dal Vescovo a Mazara del Vallo. Me lo vidi tornare con la tonaca a brandelli a bordo di un camion. Era finito a terra con don Pietro Pisciotta in sella a quella moto lungo la statale per Mazara…».

Il filo dei ricordi s’intreccia, s’arrotola tra le mille cose da raccontare di un fratello che diventerà Santo. «Eppure lui non c’è più» s’emoziona Gaetano, «non ci sono più i suoi sorrisi, le sue imprese per il rispetto delle regole». E ricorda: «Un giorno mi raccontò che era riuscito a fare entrare in chiesa un mafioso di Godrano e io gli dissi: Pino, stai attento. E lui mi rispose: A me che devono fare? Io faccio soltanto il mio dovere».

Quell’impegno a don Pino Puglisi è costata la vita, «ma a Brancaccio lo hanno lasciato solo – dice Gaetano – nonostante a luglio, prima che venisse assassinato, avesse lanciato un appello affinché il suo impegno non rimanesse un’azione solitaria».

Il piombo gli ha spento il cuore il 15 settembre del ’93.

«Ricordo che quell’agosto lo vedevo preoccupato, diverso dal solito – racconta il fratello – gli chiesi cosa c’era che non andava e lui, col sorriso di sempre, mi disse: nulla, Gaetano. Prima di andar via abbracciò in maniera particolare mia figlia Giuseppina, dicendole: abbi cura di te e dei tuoi figli. Quella fu l’ultima volta che lo abbiamo visto da vivo».

I ricordi di quel settembre ’93 sono bui e s’affossano nella sera più lunga della sua vita che Gaetano Puglisi ricorda: «Stavamo cenando a Selinunte, vennero i carabinieri e mia moglie pensò che fosse successo qualcosa a nostro figlio Nicola. I militari mi diedero un biglietto con un numero di telefono da chiamare. Andai alla cabina telefonica e qualcuno, dall’altra parte, mi disse che mio fratello era stato ucciso».
Fuori il contesto degli affetti più cari, il resto di questa storia è la cronaca che ha riempito intere pagine di giornali. Che ha segnato la storia della Chiesa ed anche della mafia con un parroco ammazzato da un killer spietato. Quel don Pino Puglisi che sarà proclamato beato. «Mio fratello a me manca – dice, tra le lacrime, Gaetano – non posso non essere contento della beatificazione, ma lui col suo sorriso non c’è più, non è più tra di noi…».

Max Firreri
da Condividere, quindicinale della diocesi di Mazara del Vallo

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  • Da ragazzo ho frequentato a lungo la parrocchia di san Francesco di Paola, dove ho avuto la fortuna di conoscere grandi sacerdoti, tra cui padre Pino Puglisi che vi veniva a celebrare la santa messa. Ricordo il modo ascetico con cui si muoveva sull'altare, la grande spiritualità che emanava la sua figura, seppure minuscola, la profondità delle sue riflessioni, anche se semplici. Per onorarne la memoria e per ricordare la sua presenza periodica a Castelvetrano a lui verrà intestato il nascente Liceo Linguistico dell'Istituto d'Istruzione superiore Pantaleo, che si chiamerà, per l'appunto, "Padre Pino Puglisi".

  • da questi ricordi raccontati dal signor puglisi dovremmo prendere tutti atto dell'eccezionalità di alcuni illustri figli della nostra città oggi martoriata dalla prepotenza, dalla indifferenza e dalla mancanza di rispetto per le cose e per le persone, l'indifferenza che io definisco il male del secolo che, sgretolano famiglie che contribuiscono alla perdita di quei valore che dovrebbero caratterizzare un territorio è un'intera popolazione appunto quella della nostra bella castelvetrano!

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