Ancora un duro colpo inferto all’organizzazione mafiosa capeggiata dal super latitante Matteo Messina Denaro. Un’altra “cassaforte” sottratta al controllo di Cosa nostra e che lo Stato ha posto sotto la sua gestione.
Un nuovo capitolo di indagini che si apre a proposito di mafia, appalti e imprenditoria. Lo spaccato offerto non è datato nel tempo, è recente. L’inchiesta, diretta dalla divisione anticrimine della Questura di Trapani e dalla Guardia di Finanza, fornisce precisa prova che gli inciuci continuano, le commistioni crescono, le vecchie alleanze restano attuali, e Matteo Messina Denaro dal suo nascondiglio continua a comandare fin dentro le stanze del potere pubblico e imprenditoriale.
Oggi sono stati sequestrati i beni ad un imprenditore trapanese, Vito Tarantolo, 66 anni, per un ammontare di 25 milioni di euro. Tarantolo, nell’estate del 1998, era finito in carcere, era stato poi condannato a poco più di un anno per favoreggiamento, a differenza di altri però non aveva reso dichiarazioni (ammissioni di colpa e basta) a proposito dei suoi rapporti “intimi” con il capo del mandamento di Trapani di allora, Vincenzo Virga. Libero, è tornato a fare impresa sotto l’ala di Matteo Messina Denaro e dei suoi emissari a sentire le risultanze investigative frutto del lavoro di intelligence condotto dal capo della divisione anticrimine della Questura di Trapani, Giuseppe Linares.
L’imprenditore Tarantolo di fatto non risulta proprietario e intestatario di nulla, quella che sarebbe la sua principale impresa, la Cogeta, non è intestata a lui, ma la controlla, e a cascata attorno a lui si muovono una serie di società e quote societarie intestare a familiari: moglie, figlie e fidatissimi professionisti suoi collaboratori. Un sistema che è servito a ottenere certificazioni antimafia e a subire un immediato sequestro all’epoca della condanna.
A svelare gli intrecci tra l’imprenditore e la mafia un pizzino trovato dalla Polizia nel covo dove, nel 2007, furono arrestati i boss palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Un pizzino con un mittente preciso: Matteo Messina Denaro che aveva per oggetto i lavori in corso all’aeroporto di Palermo, Tarantolo ne aveva preso una fetta, nel “pizzino” si fa cenno al pizzo da pagare, ma ancora una volta le indagini hanno messo in evidenza che la mafia spesso non ha bisogno di ricorrere a sistemi pesanti per costringere gli imprenditori a pagare, spesso, come sarebbe avvenuto anche in questo caso, i soldi del pizzo non sono altro che il pagamento di una “quota associativa”, quella per usufruire dei servizi di Cosa nostra che non solo sarebbe servita a conquistarsi l’aggiudicazione di appalti ma anche a garantirsi la protezione; come quando l’imprenditore subì un furto e Matteo Messina Denaro mise in moto la macchina della ricerca dei responsabili.
Vito Tarantolo per i magistrati della Procura antimafia di Palermo è un imprenditore in contatto con i diversi capisaldi dell’organizzazione mafiosa trapanese e palermitana, da Francesco Pace, capo mafia trapanese succeduto a Virga, a Matteo Messina Denaro sino ai Lo Piccolo. Di lui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia, tra questi Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Riina, Tullio Cannella, Vincenzo Sinacori, braccio destro di Messina Denaro, e Francesco Milazzo; pentiti che sono risultati perfettamente a conoscenza del controllo di Tarantolo su diverse società imprenditoriali, imprese che nell’ultimo periodo gli avrebbero permesso di controllare nell’arco di dieci anni, a partire dai primi anni del 2000, oltre 50 milioni di euro di appalti, una tranche dei lavori di sistemazione dell’aeroporto di Palermo, lavori per oltre 2 milioni e mezzo di euro serviti a fare la recinzione aeroportuale, la costruzione di un ponte a Mazara del Vallo e speculazioni edilizie nel trapanese.
All’imprenditore Tarantolo sono stati sequestrati 82 beni immobili, 33 beni mobili (autovetture, furgoni, mezzi meccanici) registrati, tre società/imprese (capitali sociali e pertinenti complessi aziendali), 18 quote societarie, 37 tra conti correnti e rapporti bancari, per circa 25 milioni di euro.
Questo l’elenco diffuso dalla Questura:
CO.GE.TA s.r.l.
SOC. CONSORTILE COGECO SOC. COOP. a.r.l.
DITTA INDIVIDUALE TARANTOLO VITO
Quote sociali:
TARANTOLO Vito & C srl: quote intestate a TARANTOLO Vito
ELIMI COSTRUZIONI s.r.l.: quote di TARANTOLO Manuela, Sortino Ferdinando, Milano Lorenzo
I.P.A.C. DI GENTILE G. & C. s.a.s.: quote intestate a TARANTOLO Vito, Germana e Manuela
MARCONI s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Vito & C. srl, TARANTOLO Germana e Vito
MONTE SAN GIULIANO s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Germana e Manuela
PORTO SAN FRANCESCO s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Vito
SAN FRANCESCO s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Vito
GAV COSTRUZIONI s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Vito
IMEDIL s.r.l.: quote intestate a TARANTOLO Manuela
Sospensione degli organi amministrativi, per il periodo di sei mesi, delle seguenti società, disponendone l’amministrazione giudiziaria:
TARANTOLO Vito & C srl
ELIMI COSTRUZIONI S.r.l.
Articolo di Rino Giacalone per Antimafiaduemila.com
AUTORE. Rino Giacalone